Il mio condominio è sempre di ispirazione

Vivo in un condominio dove le storie si sprecano: io cerco di raccoglierle perché la vita che scorre negli appartamenti è già una trama avvincente e perché ci sono dialoghi rubati che valgono più di qualsiasi cosa immaginata. Potrei davvero raccontare tante storie (ma qui non lo faccio che ci tengo alla vita).

Potrei raccontare dell’amore non corrisposto tra la Drag Queen teutonica che abitava accanto e il Sardo suo compare, alto un metro e una banana ma più rabbioso di un randagio affamato.

La loro relazione era così tempestosa che ormai era di casa la volante della polizia. Una volta le ho sentito pure uscire un “Posso offrirvi un caffé?” in direzione dei garanti dell’ordine, talmente surreale dopo le urla e gli scapaccioni che si erano tirati con il fidanzato, che avrei voluto essere una mosca per guardarla in faccia, mentre domandava. Me la sono immaginata, sotto alla parrucca bionda di capelli, increspare le labbra sempre truccate con cura in un mezzo sorriso e cercare di offrire una parvenza di normalità ai suoi – chiamiamoli – ospiti. Che poi non si capiva mai, francamente, chi tra i due della coppia menasse più forte e per la polizia doveva davvero essere un caos riportare pace in quella casa.

Potrei raccontare ancora di questo interno con affaccio su 4 lati  e del mio dirimpettaio il droghello: l’unico uomo che gira in casa in mutande e con le finestre aperte anche con la neve in strada. Il droghello (ribattezzato mattacchione per non turbare la bambina, quando era piccola) ha il vizio di chiacchierare a lungo con la televisione e di infilarsi in qualsiasi dibattito politico, quasi come fosse anche lui seduto sulla poltrona di Bruno Vespa. 

“Ma te sei proprio un idiota! Ma pensi davvero che noi italiani ci facciamo prendere per il culo da uno con quella faccia? Ma vai a LAVORARE, invece di sparare cazzate con i nostri soldi. Hai capito? Vai a LA-VO-RA-RE!!!!” Urla appassionato lui che passa tutto il giorno in casa e tu non capisci mai se si sta amabilmente rivolgendo al padre con cui vive oppure si è accomodato al fianco di Gasparri.

Il mattacchione/droghello ama la notte ed è in quel lasso di tempo in cui i poveri cristiani dormono il sonno del giusto che dà il meglio di sé. Una volta, molti anni fa, era ancora viva la sua “povera mamma”, abbiamo rischiato di entrare davvero in un film di Hitchcock: faceva un caldo boia da estate bolognese carica di afa e qui tutte le finestre erano spalancate. Tino ed io stavamo dormendo della grossa – più o meno, il caldo era fastidioso e non fu facile prendere sonno quella sera – quando ci svegliò la voce della donna. “Aiuto! Aiuto!” si sentiva urlare.

In tre secondi, il non marito e io, recuperato un minimo di lucidità ma forse no, ci siamo catapultati in terrazza da dove la visuale sull’appartamento del mattacchione è perfetta. I due litigavano spesso e quindi non ci ha stupito sentire quelle urla concitate ma volevamo capire quanto la situazione fosse seria.

Ecco che – senza dirci nulla – entrambi rimanemmo di pietra. Un classico: dovresti agire e quel che vedi ti sembra talmente fuori dal normale che rimani inchiodato sul posto, come una Guardia svizzera in Vaticano.

Lei barcollava in camicia da notte per casa, in tutti i suoi 130 chili: piegata in avanti, ci mostrava le terga. Il figlio la seguiva gridando: “Fermati! Se non ti fermi mi incazzo!” brandendo qualcosa nella mano destra.

Ecco. Ci scappa il morto. Ecco, lo sapevamo. Ecco, a furia di litigare e con il caldo, lui è sbroccato!

Risvegliati dall’immobilità, Tino è corso ad afferrare il telefono per chiamare aiuto.

Proprio mentre lui componeva il numero e io ero entrata nel loop del “Merda, merda, merda, adesso la ammazza, merda, merda, merda, adesso la ammazza!”, la donna si è quietata, ha tirato su la camicia da notte tra mugugni e lamentanze e – mostrandoci il culo nudo –  si è concessa al figlio che le ha potuto fare la puntura per il mal di schiena.

Vivo in un condominio bellissimo, dico sempre che quando me ne andrò, scriverò tutti i racconti del mio condominio. Ora mi accontento di organizzare un corso a Bologna e un workshop a Padova che si chiama “Storie autobiografiche in condominio“. Perché lo faccio? Perché sono sicura che di storie interessanti ne hai anche tu!

 

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1 commento
  1. claudia dice:

    ah ah sì, certo! come la matta dell’appartamento di fronte, che è convinta che dentro la caldaia ci sia un omino che la spia….
    e quando la viene a trovare suo nipote, quest’ultimo si mette una maglietta con scritto FBI sulla schiena e poi ci dice (sottovoce) che lui è dei servizi segreti…….
    vabbè ma io non faccio testo, abito in un paese dove il manicomio era un’istituzione!

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