SCRITTURA E EMPOWERMENT FEMMINILELa scrittura autobiografica è prevalentemente donna.

Lo vedo ai miei laboratori Tu sei la tua storia, lo percepisco quando racconto il mio lavoro e l’attenzione arriva soprattutto da altre donne.

Non è un interesse esclusivo, questo no, ma preferenziale di sicuro. 

Perché? 

Qual è il legame profondo che si crea tra lo scrivere di sé, la condivisione emotiva e il sostegno ad altre donne che trasforma alcune storie autobiografiche in vero e proprio empowerment femminile? 

La mia giovinezza fu libera e gagliarda. Risuscitarla nel ricordo, farla riscintillare dinnanzi alla mia coscienza è un vano sforzo. (…) Per tanto tempo, nell’epoca buia della mia vita, ho guardato a quella mia alba come a qualcosa di perfetto, come alla vera felicità. Ora, cogli occhi meno ansiosi, distinguo anche ne’ primissimi anni qualche ombra vaga e sento che già da bimba non dovetti mai credermi interamente felice. 

Sibilla Aleramo, Una donna, 1906 

Eccolo l’incipit di uno dei primi testi autobiografici che sono stati scritti da una donna, in Italia, un libro femminista, un libro che è auto fiction e mischia biografia a immaginazione, trasformandosi in un potentissimo messaggio per tutte le donne dell’epoca e quelle che hanno vissuto successivamente. 

La Aleramo o Goliarda Sapienza con il suo L’arte della gioia , una “autobiografia immaginaria”, hanno dato voce a un IO che esplora le proprie imperfezioni, che scende negli abissi delle relazioni umane e della disperazione e che dona ad altre donne la capacità di trovare le parole per dire le proprie fragilità, per dichiarare con orgoglio di non essere adeguate al Sistema, alla cultura dominante o anche solo alla moda del tempo in cui hanno vissuto. 

Ne avevamo bisogno? Tantissimo e continuiamo ad averne. 

Le storie autobiografiche incoraggiano 

Le storie autobiografiche incoraggiano altre donne a trovare la propria identità senza dovere aderire a modelli. Succede se sono autentiche, succede se non sono autoreferenziali e contengono gli ingredienti che rendono ogni vita unica ma anche ogni vita universale. 

La scrittura autobiografica è trasformativa 

La scrittura autobiografica ci aiuta a trasformare le sfide in qualcosa di emblematico, a coglierne il messaggio più profondo e – se vogliamo – a condividerlo con altre donne.

Scrivere diventa così, davvero, empowerment femminile: un modo per sentirci parte di una comunità ma allo stesso tempo valorizzare il nostro vissuto, con tutte le sue sfumature. 

Lavorare sulle parole e sulla memoria significa anche trasformare i ricordi, disinnescare la rabbia e il rimpianto.

È una vera e propria ginnastica delle parole. Lo racconto anche in questo articolo: Le parole con cui ci raccontiamo, un approccio generativo

La scrittura autobiografica celebra i successi 

Quando abbiamo superato un momento di difficoltà, spesso abbiamo voglia di scrivere.

Le persone che mi hanno chiesto di aiutarle a scrivere la propria storia, lo hanno fatto non solo per tenere traccia di un momento cruciale della vita ma anche per trasformare quel momento in un celebrazione del superamento di una malattia, del raggiungimento di un obiettivo.

Ho fatto la stessa cosa anche io quando ho scritto i miei libri autobiografici, tra cui 102 chili sull’anima

I successi vanno celebrati con consapevolezza: trova sempre un messaggio, un motivo profondo per cui puoi essere utile ad altre persone nel raccontare la tua esperienza. 

La scrittura autobiografica contribuisce alla leadership femminile e sfida gli stereotipi

Raccontarsi e raccontare, condividere successi ma anche fallimenti, non arretrare di fronte alla vergogna che si prova per le proprie fragilità: tutto questo contribuisce a valorizzare le narrazioni delle donne, a portare nell’agenda collettiva punti di vista che non sempre trovano spazio e che diventano così voci  autorevoli.

In questo senso, la capacità di narrarsi online di alcune donne e attiviste è emblematica. Tra tutte mi viene in mente Carlotta Vagnoli

Proprio in questi giorni scopro un prezioso progetto su Instagram che si chiama Unite_azioneletteraria che riunisce scrittrici italiane nel raccontare e nominare la violenza di genere.

Perché anche le parole, quando sono granitiche o sono vocabolario deciso dal potere prevalente, contribuiscono a rinforzare gli stereotipi. Ma anche le parole e i punti di vista narrativi possono mettere in crisi quegli stessi stereotipi. 

Possiamo dare un nome alle cose attraverso le nostre storie, i nostri vissuti, le nostre autobiografie reali e immaginarie. 

Durante i weekend di cammino e scrittura di Destinazione Umana, in cui coniughiamo passi e parole, vedo sempre accadere qualcosa di magico: donne che fino a un minuto prima erano delle estranee, grazie al racconto mediato dai giochi creativi che faccio fare, si trovano, anzi si ritrovano, fili intrecciati di una stessa trama.

I preconcetti dell’estraneità cadono presto e grazie al camminare insieme e allo condividere le proprie storie autobiografiche, si ha maggior disponibilità all’ascolto e alla comprensione anche di chi è molto diverso da noi. 

Lo vedo accadere anche durante i laboratori stanziali di scrittura autobiografica.

È ciò che amo di più del mio lavoro perché genera grande energia vitale. 

Non so se ti ho convinta a iniziare a praticare la scrittura autobiografica, di sicuro so che quando vorrai, ti basterà trovare un quaderno, la tua penna preferita e ritagliarti tempo tutto per te. 

Inizia anche solo scrivendo, ogni giorno, una parola o un verbo che sono emersi dalla giornata e che le conferiscono un significato e un punto di vista. 

Buona scrittura autobiografica!