Ogni volta che entriamo in relazione con gli altri, lo facciamo anche attraverso le parole, la narrazione di noi, della nostra vita e della nostra professione.

Accade in presenza, attraverso la parola detta, accade anche e sempre di più online, dove la scrittura continua ad avere un peso sostanziale nel discorso collettivo.

C’è chi – per lavoro, come me – ha l’abitudine a riflettere sulle parole che sceglie e c’è anche chi questa abitudine non l’ha o fa più fatica a nominarsi e a nominare.

A volte non pensiamo nemmeno sia importante: eppure le parole creano mondi, determinano cornici di pensiero e ci danno un  posto nel mondo, nella comunicazione con gli altri ma anche con noi stesse.

Le parole con cui ci raccontiamo 

Alcune parole con cui ci raccontiamo mutano nel tempo, per età, esperienza e consapevolezza, altre invece sono frutto di un lessico personale che ci portiamo dietro dal passato (molte parole si fissano in adolescenza) e piano piano diventano delle etichette che a tratti possono essere rassicuranti, a tratti possono anche costringerci e procurarci un senso di disagio: spesso le parole con cui ci raccontiamo sono anche il frutto della narrazione che altri ha fatto di noi abbastanza a lungo da non ricordarci nemmeno più che non è detto che ci appartenga ancora. 

Sono disordinata.

Sono troppo precisa. 

Mi perdo e non riesco mai a portare a termine niente. 

Ho preso tre affermazioni casuali ma che potrebbero benissimo essere tra quelle che ti dici tu o che mi dico io. 

E se ogni parola con cui ci raccontiamo a noi stesse contenesse un potenziale che è anche nel suo rovescio e potesse aiutarci a farci risplendere e a trovare una narrazione personale ma anche pubblica più efficace per raggiungere i nostri obiettivi?  

Scrivere e rileggersi: un approccio generativo

La scrittura autobiografica, lo sforzo di mettere nero su bianco le nostre parole è utile – specialmente nei momenti in cui desideriamo evolvere o siamo bloccate da pensieri e confabulazioni che ci mandano in crisi.

Scrivere in libertà significa darsi uno spazio di riflessione personale lento e prendere il tempo per ascoltarsi. 

Anche quelle parole che ci etichettano possono racchiudere un potenziale se diamo loro corpo.

Durante alcuni dei miei workshop dove la scrittura è centrale, propongo a chi partecipa alcuni esercizi che hanno questi obiettivi: 

  1. scrivere di sé in maniera libera e istintiva;
  2. leggersi a voce alta: quali parole stai usando per nominarti? Sentire il suono della nostra voce quando leggiamo quello che abbiamo scritto, ci permette di trasformare le parole con cui ci nominiamo (per la maggior parte interiormente) in parole tridimensionali, con un corpo e una voce. 
  3. riflettere sulle parole che aprono verso la realizzazione di quello vogliamo essere e dei nostri obiettivi e anche sulle parole che hanno un peso specifico ingombrante. 
  4. trasformare le parole perché diventino azione generativa e ci aiutino a trasformare i pensieri in azioni e a concretizzare gli obiettivi “teorici” in qualcosa che si può costruire e progettare, senza la paura di esserne travolte. 

La mia esperienza: come ho iniziato a fare la “ginnastica delle parole”

Il mio approccio alle parole che metto in gioco anche professionalmente e che mi serve anche quando lavoro come copywriter, per trovare chiarezza, semplicità e efficacia e trasformarla in narrazione per i miei clienti, è il frutto di due diversi fattori che si sono incontrati: 

  • scrivere è il mio lavoro e una passione: attraverso la parola scritta racconto storie, scelgo punti di vista e provo a comunicare messaggi; 
  • ho attraversato diverse fasi complicate, in cui mi sentivo impantanata e rinchiusa in una auto narrazione che mi limitava e quando ho compreso che molto di quello che stavo vivendo e che mi bloccava era legato alle parole con cui, continuamente, mi nominavo e a quelle che usava la mia anima nera per parlare con me, ho iniziato a accogliere, accettare e trasformare per incarnare, con azioni, quelli che erano i miei obiettivi. 

La scrittura, i disegnini, le parole in libertà e quelle dette a voce alta insieme a un lavoro analitico che mi ha portato a imparare il mio personale sistema “per fare la muta” e usare la creatività per focalizzarmi sono diventati un modello che tuttora applico alla mia vita. 

Questo approccio mi serve per avere sempre uno sguardo generativo e consapevole sulla narrazione che faccio di me agli altri e su quella privata che faccio con me stessa. 

La ginnastica delle parole è qualcosa in cui credo tantissimo e di cui ho osservato i benefici su tante persone che hanno partecipato a laboratori  o percorsi con me: occorre però un ingrediente che ognuna deve mettere per sé, l’autenticità.

Dobbiamo, con grande serenità, darci il permesso di essere autentiche se vogliamo riuscire a cogliere tutti i vantaggi di questo allenamento e metterlo a frutto.

Ecco perché ho scoperto che il modo migliore per metterci nella condizione di farlo è attraverso il gioco.

L’atto della scrittura a mano, del disegnare spirali o alberi ci aiuta a rimanere focalizzate in modo divertente: il punto non è dimostrare di “sapere scrivere” e ai miei corsi puoi smettere di sentirti fuori posto perché “non sono una scrittrice”.

La scrittura è un mezzo per esprimere e dare forma ai pensieri e alle narrazioni che sono il nostro copione di vita o che vorremmo fossero il nostro futuro: tutti possiamo usarla in modo libero da stereotipi legati ai condizionamenti scolastici.

Può essere molto divertente e concretamente utile per la nostra vita professionale e personale e per REALIZZARE quello che troppe volte non facciamo uscire dal mondo delle idee. 

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