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consulenza su misura

Formazione o consulenza a distanza con Skype: consigli

Nessuno di noi era preparato a questo periodo così particolare, durante il quale dobbiamo fare attenzione a non diffondere l’influenza da coronavirus per tutelare le persone più deboli e garantire la tenuta del Sistema Sanitario e in tanti hanno bisogno di capire come lavorare anche da remoto. 

In molte regioni del nord Italia i corsi di formazione sono stati sospesi e i freelance devono fare i conti con consulenze in forse e decisioni da prendere al momento.

Quando non si può rimandare l’appuntamento di persona, specie se coinvolge gruppi numerosi, la soluzione può essere quella della consulenza e formazione a distanza e ci sono sistemi (anche gratuiti) molto utili per rendere il tutto efficace e semplice. Continua a leggere

Dedicato a tutte quelle che si sentono inadeguate nella vita e sul lavoro

Cara amica,

oggi mi rivolgo a te. Ti sembra di non essere mai abbastanza, come donna, come professionista, sul lavoro e nella tua vita privata?

Hai raggiunto un’età in cui ti raccontano che non cambierai MAI e che se sei fuori forma fisicamente, se ti impappini quando parli, se al lavoro non riesci mai a mettere in chiaro quello che vuoi, le tue idee e i tuoi progetti, devi ACCONTENTARTI?

Ovunque vai, senti sempre una voce, dentro di te che ti dice che tanto non ce la farai, che è quasi inutile provare?

Ti piacerebbe trasformare il tuo SOGNO professionale in OBIETTIVO ma non sai da che parte iniziare per farlo?

Inizia da te, inizia ad ACCOGLIERE IL CAMBIAMENTO e a MUTARE il tuo modo di raccontarti a te stessa e agli altri e trasforma il SOGNO in micro obiettivi da realizzarewriting-1170146_1920

Io ogni giorno mi SFORZO per questo, ogni giorno mi impegno per sconfiggere quel senso di inadeguatezza e per raggiungere gli OBIETTIVI professionali che fino a qualche tempo fa erano solo sogni.

Nel 2014 ho perso 42 chili: ero obesa e con un approccio di MUTAZIONE dei miei pensieri limitanti, ho raggiunto il primo traguardo, ovvero dimagrire e recuperare il corpo che SENTIVO mi apparteneva. Questa esperienza – che tuttora porto avanti nel quotidiano, attraverso una strategia che ho sviluppato e che ha a che fare con la disciplina, ma soprattutto con il modo in cui mi narro a me stessa e agli altri – continua e ho imparato alcune cose che mi sono state necessarie e che voglio condividere con te.

Oggi sono più FOCALIZZATA sul lavoro, sugli OBIETTIVI e affronto il quotidiano con uno sguardo al CAMBIAMENTO che è generativo e infatti ho scritto un libro che sta andando molto bene e sto finalmente ottenendo degli ottimi risultati professionali.

Ho deciso di trasformare la mia strategia in un workshop per condividerla e diffonderla, perché credo che se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche tu e voglio aiutarti a riuscirci.

Il workshop è piaciuto a Work Wide Women e a Google Italia e quest’anno lo terrò a Milano, l’8 marzo 2016.

Iscriviti e vieni a fare un po’ di “allenamento” al cambiamento con me.

Ci sono ancora dei posti e ti aspetto.

Oltre al workshop, ti regaliamo il mio libro 102 chili sull’anima, personalizzato per l’occasione e sto preparando una lista di 102 motivi per cambiare che sarà tua al termine del seminario. 

Ti aspetto a Milano: per quest’occasione il costo è di soli 50 € + IVA per l’intero pacchetto di 4 ore.

[porta carta e penna per lavorare con me!] 

Consapevolezze professionali e sapere dire “no”: ho imparato dopo i 40

Ho ormai raggiunto i 40 anni, anzi – ad essere sincera – sono entrata da qualche tempo nei 41. Ho anche raggiunto i 40 chili persi, anzi – ad essere sincera – ho raggiunto i 43, passando dall’essere una persona obesa (102 chili di peso) a una donna normopeso (59), sportiva e con un sano stile di vita alimentare. Cambiare mi ha insegnato molto, anche dal punto di vista professionale.

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Il valore non percepito nell’economia della conoscenza digitale

Sei blogger diciamo da 9 anni.

Non vuole dire niente: aprirsi un blog è molto più facile ed economico che cambiare pettinatura quindi potenzialmente possiamo essere tutti blogger.

Sei blogger diciamo da 9 anni, lavori nel web diciamo da 12 anni, hai una laurea diciamo in Lettere Moderne e un Master diciamo in Comunicazione e Informatica. Continua a leggere

Lavorare con l’IPad: si può?

Lavorare con l’IPad: quando non si possiede un buon portatile come la sottoscritta, in certi momenti diventa un’esigenza. Io che di mestiere devo scrivere molto, sia per la mia attività di contenuti che di progettazione, ho perfezionato al massimo l’uso del tablet perché possa venire incontro alle mie esigenze. Pesa poco, sta in qualsiasi borsa (anche nel mio microzainetto) e me lo posso portare ovunque.

Ecco come.

Prima di tutto mi sono procurata una tastiera Bluetooth acquistata su Internet. Si chiama Mobile Bluetooth Kayboard for IPad 2 e attualmente su Amazon costa 38 Euro.

La mia è una tastiera americana per cui i caratteri speciali non corrispondono sempre ai caratteri digitati, ma poco male perché sono una scribacchina compulsiva e conosco la posizione a memoria.

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La tastiera funziona anche da Case e può essere una valida aiutante per il trasporto e protezione dell’IPad.

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Si monta con facilità e occupa pochissimo spazio:

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Il mio IPad non ha connessione 3G e così ho preso un router che mi costa 10 Euro al mese ma che trovo molto più utile perché permette la connessione simultanea (tramite wifi) di ben 8 dispositivi. Quando siamo insieme lo usiamo contemporaneamente sia io che il mio compagno.

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Ed ecco quali sono le APP che utilizzo per scrivere, gestire i miei blog e per recuperare e indicizzare fonti che mi sono utili.

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Pages e KeyNote mi servono per scrivere (anche quando non sono collegata alla Rete) e hanno il vantaggio di poter salvare i documenti in formato standard.

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In linea di massima per scrivere e gestire documenti (anche report di riunioni e fogli di calcolo) utilizzo Google Drive (la suite di Google) in modo da avere sempre il materiale allineato su tutti i dispositivi che utilizzo.

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Per censire fonti tematiche (un pezzo importante del mio lavoro di pianificazione editoriale) uso FlipBoard per monitorare la Rete: questa App compone una rivista personalizzata in base alle chiavi di ricerca immesse. I contenuti sono prelevati dal web oppure da Twitter o altri Social Media.

Tutto ciò che non ho il tempo di leggere immediatamente o che voglio tenere perché potrà servirmi per scrivere articoli in futuro o per ricerche approfondite, viene salvato su Instapaper e Evernote: entrambi molto validi e che utilizzo in maniera specifica.

Per poter gestire i canali social, uso le APP di ogni singolo social network. Con quella di Twitter mi trovo davvero molto bene, anche perché permette la gestione multiaccount contemporanea, con notifiche push. Quella di Facebook, lo sanno anche i bambini, è un po’ più faticosa e ogni tanto, per operazioni specifiche, apro il browser e mi connetto direttamente al sito.

Con l’Ipad in certe situazioni tendo a concentrarmi di più, perché paradossalmente, incentiva il monotasking. Non è possibile avere contemporaneamente aperte più finestre e la fatica di chiudere una APP per aprirne un’altra mentre lavoro disincentiva il passaggio, tenendomi più a lungo “sul pezzo”.

L’IPad (o qualsiasi Tablet) non è un sostituto di un buon portatile, ma in mancanza di altro, personalizzandone l’uso e procurandosi una tastiera, permette comunque di lavorare con una certa efficenza.

In questi giorni che sono spesso in giro e non devo lavorare 8 ore al giorno, ecco cosa mi porto dietro: IPad, tastiera, router mini, carica batteria per questi 3 oggetti e molta voglia di leggerezza!

Spero di avere condiviso informazioni utili per quanti fanno un lavoro simile al mio e come me, hanno a disposizione un tablet.

Blogger, digital P.R, strategie Social: spiegare questo lavoro a mia nonna

L’allenamento migliore è stato tentare di raccontarlo a mia figlia. La domanda “che lavoro fai?” mi ha messo in crisi per anni, difficile spiegare alla nonna che lavori con l’internet. La riflessione più seria l’ho fatta chiacchierando con un’amica che fa un lavoro molto simile e che una volta ha detto: “In fondo quello che facciamo noi è pubblicità, la puoi raccontare come vuoi, ma quello è!”.

Ci ho messo mesi per elaborare la tagline di questo blog, spiegare in pochissime parole il cuore della mia professione. Ora però voglio spingermi oltre e cercare di mettere in fila (come se lo spiegassi a mia suocera) cosa significa fare la blogger professionista e occuparsi di Digital P.R e Strategie Social. Continua a leggere

#ufficioincasa ovvero la mia vita di homeworker

Tutto è nato un po’ per caso. Oppure no. E’ da qualche tempo che ci penso, che bisognerebbe parlare un po’ di più di chi lavora da casa, come me. Perché spesso dietro all’#ufficioincasa si celano molte mitologie, sia in positivo che in negativo.

Così stamattina – che è pur sempre venerdì – mentre come al solito mi aggiornavo su twitter, ho notato un hashtag che mi è sempre stato molto simpatico: #vitainufficio e mi sono detta che avevo voglia di raccontare anche io qualche aneddoto legato alla mia vita da homeworker e che mi avrebbe fatto piacere sentire anche il racconto di altri.

Ho lanciato l’hashtag #ufficioincasa mentre sorseggiavo il secondo caffè della giornata.

Incredibile ma vero, in meno di mezz’ora quell’hashtag è finito tra i temi di tendenza di Twitter, ovvero tra i temi più seguiti.

Il mio IPAD ha cominciato a scottare, era tutta una suoneria tra quello e il telefono: non facevo in tempo a leggere una menzione che ne arrivava un’altra.

Le persone hanno cominciato a raccontare aneddoti, punti di vista, chi sogna di lavorare da casa, chi – nel caso si suiciderebbe, chi pensa che il lavoro da casa sia roba per disoccupati, chi non riuscirebbe più a entrare in un ufficio.

E’ evidente che il tema è di stringente attualità, che siamo in tantissimi (e in tanti usiamo twitter per rimanere connessi con il mondo “fuori”) che lavoriamo dalla nostra abitazione, chi per scelta, chi per strategia, chi perché altro non ha.

Ho tentato di riassumere tutto su Storify.

Qualche mito da sfatare

  • Lavorare da casa non significa rimanere tutto il giorno in pigiama;
  • un homeworker non è necessariamente un disoccupato o un precario: io per esempio ho fatto una scelta precisa;
  • se lavori da casa non lavori di meno o di più: dipende da come ti organizzi;
  • gli homeworkers non sono asociali convinti e possono avere un’appagante vita di relazione con gli altri anche se non li incontrano in ufficio;
  • la casa non è una prigione: esistono le riunioni, gli eventi, i meeting (o anche dei banalissimi caffè) dove incontrare altri professionisti, discutere, FARE rete;
  • non tutti possono lavorare da casa: dipende dal tipo di lavoro, dal tipo di inclinazione personale, di carattere e di attitudine.

Le mie regole e strategie di lavoro

  • Disciplina: anche se siamo a casa, c’è un orario di inizio e uno di fine del lavoro. Nel mio caso avere una bambina che va a scuola aiuta a darmi dei tempi entro cui lavorare, occuparmi di lei, gestire un tempo libero di qualità. In ogni caso se lavoro molte ore di seguito (a seconda dei progetti e dei periodi può succedere), poi faccio in modo di avere più ore di riposo per occuparmi di me stessa.
  • Strumenti: rendiamo efficace la nostra giornata senza disperdere energie. Io ho trovato un valido alleato in Google Calendar: segno qualsiasi impegno di lavoro lì. Con “impegno di lavoro” non intendo solo gli appuntamenti ma anche gli step di progetto, gli aggiornamenti fissi settimanali, le cose che devo fare per promuovere la mia professionalità, le idee che devo sviluppare, i post che voglio scrivere sul mio blog. Mi sono creata calendari ad hoc, tra cui quello “lavoro” in cui pianifico e “commesse” con cui contabilizzo le ore giornaliere durante le quali ho lavorato su un determinato progetto. Questo secondo calendario mi permette di capire in maniera abbastanza precisa quanto tempo investo su un progetto, capire se l’ho sottostimato o al contrario scivola via più veloce di quanto non pensassi.
  • Strategia settimanale: se l’homeworker è anche una persona che il lavoro se lo deve procacciare, è fondamentale che nell’arco della settimana si occupi del lavoro presente ma anche di pianificare la direzione in cui vuole andare, i possibili clienti, i potenziali progetti imprenditoriali. Se l’homeworker è anche un wwworkers, le sue giornate sono fatte anche di formazione, relazioni. Occorre tessere reti per rimanere sempre in linea con l’ecosistema di riferimento e il web si evolve velocissimo.
  • Percezione del proprio lavoro: non lasciamoci MAI convincere da quanti (e sono tantissimi, si nascondono anche tra parenti e amici) credono che perché lavoriamo da casa in fondo non lavoriamo davvero. Siamo noi i primi a dover gestire la nostra consapevolezza del valore di quello che facciamo e del tempo che dobbiamo dedicarci. La spesa può aspettare – a meno che non ci faccia comodo andare a farla quando gli altri sono in ufficio – e quando la nonna telefona possiamo dirle che la richiameremo più tardi perché stiamo lavorando. Sta a noi definire i limiti.
  • Diamoci dei traguardi: non lasciamo che tutto scorra sempre uguale a se stesso, evolviamoci nel nostro lavoro, fermiamoci e chiediamoci se è quello che vogliamo e se lavorare da casa è la direzione più giusta. Potremmo anche decidere che siamo cambiati e che ora abbiamo bisogno di altro.

I miei progetti di Homeworker

Da qualche tempo collaboro con la mia vicina di sotto: per un caso fortuito della vita facciamo lavori simili. Mi piace molto questa evoluzione dell’#ufficioincasa verso l’#ufficiocondominiale. Ci siamo abituati a comunicare con persone lontanissime ma troppo spesso ci dimentichiamo di ascoltare chi ci sta più vicino e capire se possiamo rendere il nostro rapporto virtuoso. Lei ed io ci stiamo provando. Non abbiamo spese d’ufficio ma condividiamo qualche idea in maniera fluida e collaboriamo su alcuni progetti. Io sono donna di quartiere (oltre che di mondo ;-)) e mi piace credere che le energie vadano messe in circolo.

Considerazioni di fine giornata

Mica lo avrei mai pensato che questo #ufficioincasa piacesse tanto eh? A fine giornata ci ho guadagnato la partecipazione al Freelance Barcamp (evento che ho scoperto con l’occasione), una menzione su Panorama, sul Fatto Quotidiano  e un invito a una trasmissione di una tv locale (rigorosamente in collegamento su Skype così posso stare in mutande ;-)).

Se fossi stata in ufficio, probabilmente sarei stata licenziata dopo la prima ora di adrenalina da Twitter: a casa me la sto cavando con una serata di recupero del lavoro 😉

 

Torna le nuove professioni delle donne: 14 aprile 2012, Bologna

La rete, il web e il digitale possono diventare delle vere opportunità professionali?

In che modo le donne hanno incontrato e si sono messe in gioco grazie alle professioni legate all’ITC e alla comunicazione web? Ce lo racconteranno le relatrici di le nuove professioni delle donne per una testimonianza diretta a persone fisiche, associazioni e enti interessati a comprendere concretamente come si possa fare business e sviluppare idee imprenditoriali al femminile, grazie a questi mezzi.

Le relatrici invitate sono:

  • Lidia Marongiu: consulente nell’ambito della comunicazione e del marketing strategico
  • Annalisa Uccheddu: dopo la laurea, ha deciso di investire nella sua passione per i libri creando una casa editrice di e-book che si basa su progetti e contatti sviluppati online. Dall’editing, allo scouting, fino alla vendita, ha creato una vera e propria azienda
  • Alice Reina: attrice, storyteller e creativa grazie alla rete sviluppa idee per i prossimi laboratori e spettacoli di teatro sociale. Crea decorazioni personalizzate per torte e ne racconta su Bologna In Torta. I suoi sitiassociazionehecate.net + bolognaintorta.it
  • Lisa Ziri di Nemoris start-up al femminile nata nel 2011, ideatrice insieme a Silvia Parenti di ILexis, un software semantico di archiviazione automatica.

Vi aspettiamo a Bologna, sabato 14 aprile 2012, dalle 10 alle 13.30 in via Pietralata 60, Quartiere Saragozza.

Potete iscrivervi su Eventbrite.

L’evento fa parte del progetto No Digital Divide ed è organizzato in collaborazione tra

GGD Bologna, Articolo37 e Francesca Sanzo

Hashtag su Twitter: #NPDonne

Blogger nel 2005, blogger nel 2012: cos’è cambiato?

Le amiche di GGD Bologna hanno organizzato un bellissimo percorso formativo per il contrasto del Digital Divide proprio nel mio quartiere che è culminato in una giornata di Bar Camp, oggi, in Sala Cenerini (via Pietralata 60) a Bologna.

Mentre scrivo si sta tenendo la seconda parte del Camp dedicata a Networking e Territorio. Siete ancora in tempo per unirvi e ascoltare i relatori o per seguire l’evento su twitter grazie all’hashtag #nodigitaldivide.

Io non sono lì perché oggi pomeriggio starò con la mia bimba e il non marito, visto che ultimamente – causa lavoro di entrambi – facciamo un po’ fatica a passare tempo insieme.

Stamattina però ho partecipato ai lavori, raccontando la mia esperienza di blogger e l’evoluzione del ruolo del blogger dal 2005 (quando ho aperto Panzallaria) ad oggi.
I blogger allora – di solito – non dicevano di esserlo e di sicuro si era ancora all’alba (tranne forse per i blog tecnologici) di una possibile declinazione professionale dell’esperienza on line.

Durante il mio percorso personale ho avuto la fortuna di assistere e vivere in prima persona, a volte anche sperimentando, questo cambiamento e se allora andavo ai colloqui di lavoro senza mai tirare fuori la mia identità on line (rigorosamente anonima), oggi è proprio grazie a quella che lavoro di più.

E se allora molte persone aprivano blog “inconsapevolmente”, per raccontare e fare rete con altri blogger, in una sorta di elite digitale, oggi c’è chi fa riflessioni profonde su come vuole stare in rete e con quali obiettivi (anche professionali) prima di aprirsi un blog.
Molto più di ieri, persone con cultura e età simile alla mia scelgono di aprire un blog per trasformarlo in un progetto imprenditoriale o per farne il proprio curriculum, cosa che nel 2005 accadeva solo per pochi (non certo per la sottoscritta).

Da una parte si è definita una professionalità, dall’altra si è creato un assioma “mitico” e non realistico, ovvero che  qualsiasi blog può diventare un lavoro.

Per quanto mi riguarda, mi sembra sempre fondamentale dire che per fare questo lavoro un blog è indispensabile, ma certo non basta e che la formazione ha un ruolo fondamentale.

Una formazione specialistica ma anche continua. Io non lavoro perché ho aperto Panzallaria ma perché ho alle spalle scelte precise, anni di studio e di gavetta che mi hanno portato a gestire Panzallaria in modo tale che potesse emergere e – di conseguenza – diventare uno spazio per farmi conoscere anche professionalmente e mettere in gioco la mia creatività.
Non è una differenza da poco e invito sempre, chi mi chiede consigli per fare questo lavoro, a non sottovalutarla.
Studiare, avere un progetto personale e professionale, valorizzare le proprie conoscenze e esperienza pregresse sono gli unici modi per poter fare questo lavoro.
Si può essere dei bravissimi blogger per talento personale, ma come in tutte le cose, il talento va affinato sempre.

La base “creativa” di questo lavoro va sempre accompagnata a uno spirito un po’ “ragioniere” e a una vision sulla propria formazione che non bisogna mai abbandonare.

Ecco le slides che ho usato oggi: mi hanno dato l’occasione di riflettere sul mio percorso in modo meno caotico di quanto non abbia mai fatto (che mentre vivi, è più difficile guardare le cose con obiettività).

Su storify il report dell’evento

Donne e lavoro: qualche dato sulla situazione italiana

Si avvicina il 15 ottobre e l’evento Le nuove professioni delle donne e per l’occasione sul Magazine proporremo diversi approfondimenti legati al rapporto donne e lavoro e in particolare alle professioni tecnologiche. Per un caso fortuito, proprio la settimana scorsa la rivista Internazionale ha dedicato l’articolo di punta a Sheryl Sandberg, che si occupa del Business di Facebook e che è molto attenta alla questione di genere.

Le grandi aziende del web e dei Social Media sono a conduzione a maggioranza maschile e le donne – che in Italia, per esempio, rappresentano quelle che più di tutti usano la rete (vedi rapporto Nielsen 2011) – rimangono nelle retrovie.

Motivo? Potremmo parlarne ore. Potremmo dire che i pregiudizi secondo i quali i lavori Hi-tech sono appannaggio maschile faticano a morire. Potremmo parlare di questioni culturali, ma dobbiamo sottolineare anche un dato su cui Sandborg fa ben riflettere, ovvero il diverso approccio delle donne nei confronti della carriera e della rappresentazione del se professionale. Mentre gli uomini sanno proporsi, le donne brave “vanno stanate”, faticano a emergere in autonomia per quel senso di inadeguatezza atavico che ci rigetta nelle retrovie, pur avendo tutti i numeri per essere in testa.

Il web invece offre l’opportunità di essere una piazza virtuale in cui farsi conoscere, gestire il proprio profilo con efficacia e promuovere la propria attività professionale. Non panacea di tutti i mali e nemmeno sicura via di guadagno, sia ben inteso, ma certamente luogo dove si può fare personal branding e costruire la propria identità digitale in maniera trasparente e sociale.

Ma veniamo alla situazione in Italia.

L’ultimo rapporto Istat (primo trimestre 2011) ci dice che le donne occupate in Italia sono il 46,4% a fronte del 67,7% degli uomini. Sono le donne del Mezzogiorno quelle che vincono la maglia nera con un 44% di disoccupazione.

Inquietante sapere che ci sono moltissime persone inoccupate e di queste, la maggioranza è rappresentata dagli “scoraggiati”.

C’è un altro dato per il quale l’Italia risulta molto al di sotto dei parametri fissati a Lisbona, ovvero la differenza salariale tra uomini e donne. Su questo dato Genio Donna ha elaborato un interessante report (pdf) che evidenzia come a parità di posizione, gli uomini guadagnino nettamente più delle donne. Il differenziale colpisce soprattutto le “fasce alte”, ovvero le posizioni manageriali.

E’ chiaro che la situazione italiana (ma in questo non siamo gli unici) è emblematica di come la parità salariale e di opportunità tra donne e uomini non sia affatto raggiunta. C’è molto da fare e deve essere fatto dalle Istituzioni ma anche da noi, per un cambiamento culturale profondo degli uomini e delle donne.

 

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