#ufficioincasa ovvero la mia vita di homeworker

Tutto è nato un po’ per caso. Oppure no. E’ da qualche tempo che ci penso, che bisognerebbe parlare un po’ di più di chi lavora da casa, come me. Perché spesso dietro all’#ufficioincasa si celano molte mitologie, sia in positivo che in negativo.

Così stamattina – che è pur sempre venerdì – mentre come al solito mi aggiornavo su twitter, ho notato un hashtag che mi è sempre stato molto simpatico: #vitainufficio e mi sono detta che avevo voglia di raccontare anche io qualche aneddoto legato alla mia vita da homeworker e che mi avrebbe fatto piacere sentire anche il racconto di altri.

Ho lanciato l’hashtag #ufficioincasa mentre sorseggiavo il secondo caffè della giornata.

Incredibile ma vero, in meno di mezz’ora quell’hashtag è finito tra i temi di tendenza di Twitter, ovvero tra i temi più seguiti.

Il mio IPAD ha cominciato a scottare, era tutta una suoneria tra quello e il telefono: non facevo in tempo a leggere una menzione che ne arrivava un’altra.

Le persone hanno cominciato a raccontare aneddoti, punti di vista, chi sogna di lavorare da casa, chi – nel caso si suiciderebbe, chi pensa che il lavoro da casa sia roba per disoccupati, chi non riuscirebbe più a entrare in un ufficio.

E’ evidente che il tema è di stringente attualità, che siamo in tantissimi (e in tanti usiamo twitter per rimanere connessi con il mondo “fuori”) che lavoriamo dalla nostra abitazione, chi per scelta, chi per strategia, chi perché altro non ha.

Ho tentato di riassumere tutto su Storify.

Qualche mito da sfatare

  • Lavorare da casa non significa rimanere tutto il giorno in pigiama;
  • un homeworker non è necessariamente un disoccupato o un precario: io per esempio ho fatto una scelta precisa;
  • se lavori da casa non lavori di meno o di più: dipende da come ti organizzi;
  • gli homeworkers non sono asociali convinti e possono avere un’appagante vita di relazione con gli altri anche se non li incontrano in ufficio;
  • la casa non è una prigione: esistono le riunioni, gli eventi, i meeting (o anche dei banalissimi caffè) dove incontrare altri professionisti, discutere, FARE rete;
  • non tutti possono lavorare da casa: dipende dal tipo di lavoro, dal tipo di inclinazione personale, di carattere e di attitudine.

Le mie regole e strategie di lavoro

  • Disciplina: anche se siamo a casa, c’è un orario di inizio e uno di fine del lavoro. Nel mio caso avere una bambina che va a scuola aiuta a darmi dei tempi entro cui lavorare, occuparmi di lei, gestire un tempo libero di qualità. In ogni caso se lavoro molte ore di seguito (a seconda dei progetti e dei periodi può succedere), poi faccio in modo di avere più ore di riposo per occuparmi di me stessa.
  • Strumenti: rendiamo efficace la nostra giornata senza disperdere energie. Io ho trovato un valido alleato in Google Calendar: segno qualsiasi impegno di lavoro lì. Con “impegno di lavoro” non intendo solo gli appuntamenti ma anche gli step di progetto, gli aggiornamenti fissi settimanali, le cose che devo fare per promuovere la mia professionalità, le idee che devo sviluppare, i post che voglio scrivere sul mio blog. Mi sono creata calendari ad hoc, tra cui quello “lavoro” in cui pianifico e “commesse” con cui contabilizzo le ore giornaliere durante le quali ho lavorato su un determinato progetto. Questo secondo calendario mi permette di capire in maniera abbastanza precisa quanto tempo investo su un progetto, capire se l’ho sottostimato o al contrario scivola via più veloce di quanto non pensassi.
  • Strategia settimanale: se l’homeworker è anche una persona che il lavoro se lo deve procacciare, è fondamentale che nell’arco della settimana si occupi del lavoro presente ma anche di pianificare la direzione in cui vuole andare, i possibili clienti, i potenziali progetti imprenditoriali. Se l’homeworker è anche un wwworkers, le sue giornate sono fatte anche di formazione, relazioni. Occorre tessere reti per rimanere sempre in linea con l’ecosistema di riferimento e il web si evolve velocissimo.
  • Percezione del proprio lavoro: non lasciamoci MAI convincere da quanti (e sono tantissimi, si nascondono anche tra parenti e amici) credono che perché lavoriamo da casa in fondo non lavoriamo davvero. Siamo noi i primi a dover gestire la nostra consapevolezza del valore di quello che facciamo e del tempo che dobbiamo dedicarci. La spesa può aspettare – a meno che non ci faccia comodo andare a farla quando gli altri sono in ufficio – e quando la nonna telefona possiamo dirle che la richiameremo più tardi perché stiamo lavorando. Sta a noi definire i limiti.
  • Diamoci dei traguardi: non lasciamo che tutto scorra sempre uguale a se stesso, evolviamoci nel nostro lavoro, fermiamoci e chiediamoci se è quello che vogliamo e se lavorare da casa è la direzione più giusta. Potremmo anche decidere che siamo cambiati e che ora abbiamo bisogno di altro.

I miei progetti di Homeworker

Da qualche tempo collaboro con la mia vicina di sotto: per un caso fortuito della vita facciamo lavori simili. Mi piace molto questa evoluzione dell’#ufficioincasa verso l’#ufficiocondominiale. Ci siamo abituati a comunicare con persone lontanissime ma troppo spesso ci dimentichiamo di ascoltare chi ci sta più vicino e capire se possiamo rendere il nostro rapporto virtuoso. Lei ed io ci stiamo provando. Non abbiamo spese d’ufficio ma condividiamo qualche idea in maniera fluida e collaboriamo su alcuni progetti. Io sono donna di quartiere (oltre che di mondo ;-)) e mi piace credere che le energie vadano messe in circolo.

Considerazioni di fine giornata

Mica lo avrei mai pensato che questo #ufficioincasa piacesse tanto eh? A fine giornata ci ho guadagnato la partecipazione al Freelance Barcamp (evento che ho scoperto con l’occasione), una menzione su Panorama, sul Fatto Quotidiano  e un invito a una trasmissione di una tv locale (rigorosamente in collegamento su Skype così posso stare in mutande ;-)).

Se fossi stata in ufficio, probabilmente sarei stata licenziata dopo la prima ora di adrenalina da Twitter: a casa me la sto cavando con una serata di recupero del lavoro 😉

 

COMMENTA CON FACEBOOK
11 commenti
  1. Sara - Mammachetesta dice:

    Ho adorato #ufficioincasa!
    Io vorrei tanto “fare il salto” ma per una serie di considerazioni di opportunità (ho appena iniziato come web writer e devo fare due conti…anche con il lavoro di mio marito non del tutto stabilizzato) aspetterò fine anno per decidere.
    E’ vero comunque: ci sono tantissimi miti da sfatare, primo fra tutti quello per cui se lavori da casa sei una casalinga (un uomo no, lui è comunque un libero professionista…grrrrr!).

  2. Margherita dice:

    Io ho fatto la scelta di lavorare da casa in tempi in cui non andava ancora di moda 🙂 Era il lontano 2004 e l’Italia stava molto meglio. Da allora sono passati diversi anni e sono contenta della mia decisione. Sono d’accordo con tutto quello che hai scritto. Soprattutto su due cose: niente pigiama e tanta disciplina.

  3. cristina dice:

    anch’io, come Margherita, lavoro da casa da quando ancora non andava di moda, dall’inizio del 1996. Per me, per la piccola società di IT che ho con mio marito, è stata una scelta obbliga: per il tipo di lavoro che svolgiamo (assistenza/manutenzione/forniture) non ci serve un ufficio aperto al pubblico e seguire l’amministrazione e i contatti con i clienti da casa piuttosto che da un ufficio non cambia nulla.
    Però il periodo più bello e professionalmente appagante l’ho avuto quando, per una serie di motivi, abbiamo affittato per un paio d’anni un ‘ufficio’ davvero alternativo e ‘ganzo’: un open space industriale sulla mitica via del Pratello, tra l’altro vicinissimo a dove abitavamo allora. Ricordo ancora con nostalgia quei tempi, quando mi vestivo e truccavo prima di uscire per andare in ufficio! Certo, essendo un ufficio di ‘famiglia’ era un po come un’estensione di casa: durente i primi mesi di vita di mia figlia avevo attrezzato un’area a nido, proprio davanti alla scrivania. Poi ci siamo trasferiti e abbiamo ritirato i remi in barca, gestendo tutto da casa.
    Certo le comodità che da #ufficoincasa sono tante, ma personalmente #vitainufficio da qualcosa di più, specialmente a livello di riconoscimento esterno del tuo lavoro (… io poi ho a che fare con il mio socio/marito e sappiamo tutte quanto siano avari i compagni nel riconoscere i meriti!)

  4. Elena dice:

    Proprio ieri sera parlando con amiche e raccontanto un post divertente che ho letto una mamma mi ha detto “certo che ne hai di tempo da perdere per leggere ‘ste cose, si vede che non lavori”. Per lei come per molti altri lavorare da casa non è lavoro.
    Io sono felice perché finalmente sto vedendo il frutto del mio lavoro, mi pagano per fare quello che mi piace e, in più, posso stare con i miei figli.
    Concordo che l’organizzazione e un’agenda schedulata è fondamentale, almeno per me, soprattutto consideramdo che ancora ho un bimbo piccolo a casa, quindi lavoro al mattino prestissimo, la sera dopocena e, a volte, il pomeriggio quando dorme.

  5. rosario carello dice:

    Mi piacerebbe sapere in modo dettagliato come viene svolto il vostro lavoro. In pratica: in che consiste? Grazie! Salutissimi.

    • Francesca Sanzo dice:

      ciao Rosario: per quanto mi riguarda, io in pratica seguo profili social di aziende, associazioni e progetti (quindi pianifico ciò che verrà pubblicato su twitter, fb, ecc elaborando una strategia) e gestisco le interazioni. Inoltre scrivo per blog aziendali o professionali. Oltre a questo faccio formazione sui temi del digital divide. Lavoro prevalentemente da qualsiasi luogo dotato di connessione. Spero di aver capito bene la domanda e risposto in maniera efficace, chiedimi eventualmente se non sono stata chiara e grazie di essere passato.

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  1. Lavoro in casa e lavoro da casa : OVS Kids ha detto:

    […] per imparare a non sottovalutare mai chi ha l’ufficio in casa, andate a scoprire cosa sta costruendo Francesca Sanzo partendo proprio da un hashtag lanciato per scherzo su […]

  2. […] soddisfazione per me e per gli altri, raccontando com’è lavorare in pantofole, quando hai l‘ufficio in casa, giocando con la mia bambina alle maestre piratesse, guardando non alla natura matrigna delle cose […]

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