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Trasforma i social media in risorsa strategica

Hai un’azienda (o sei tu la tua azienda) e frequenti i social media ogni giorno ma non riesci proprio a trasformare il tempo che trascorri online in una risorsa strategica per fare crescere il tuo business e vendere i tuoi servizi e prodotti?

Ti chiedi perché ci sono persone che hanno un sacco di followers su twitter e ricevono molti commenti su facebook e tu invece – malgrado posti tutti i giorni qualcosa sui tuoi profili e sul tuo blog non riesci a fare il salto? Continua a leggere

4 consigli per sopravvivere alle narrazioni sociali degli altri e trasformarle in un valore

La nostra dieta digitale oggi è composta di quello che raccontiamo di noi e di quello che leggiamo intorno a noi: amici, followers e persone che ammiriamo e di cui seguiamo suggestioni e gesta. Ogni tanto – anche ai “migliori”, quelli più centrati – capita però di sentire un lieve disagio nell’accorgersi di quanto siano splendidamente attive le vite narrate altrui.

Il disagio si trasforma a tratti in ansia, l’ansia può diventare fonte di stress e – talvolta – di immobilità.

“Ma come fa Tizio a concretizzare sempre ogni cosa che fa?” “Ma quanto è in gamba Caia?” “Perché io non riesco a dimagrire come ha fatto Pinca?” “Ma quanti libri legge Pallo? Io non so dove riesca a trovare il tempo!” sono solo alcune delle domande, che – non nascondiamolo – ci siamo fatti tutti, almeno una volta nella nostra vita digitale.  Continua a leggere

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Twitter Analytics: focalizza i tuoi obiettivi e analizza i risultati

Dall’estate 2014 Twitter ha reso disponibile un pannello di controllo dedicato ai suoi analytics: collegandoti con il tuo profilo a https://analytics.twitter.com/ potrai scoprire molte cose riguardo il gradimento dei tuoi tweet.

Ti racconto in breve le funzionalità disponibili e ti dico poi perché possono davvero esserti utili per la tua comunicazione aziendale. 

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Tweet di Matteo Renzi sbagliato

Twitter: Matteo Renzi non è Gianni Morandi

Il 6 gennaio, alle 2.14 Matteo Renzi twitta:

Tweet di Matteo Renzi sbagliato

Tweet di Matteo Renzi, Presidente del Consiglio

 

Di cosa sta parlando?

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PMI: primi passi per impostare la propria comunicazione su web e social media

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L’Italia è fatta prevalentemente di Piccole e Medie Imprese che non sempre dispongono di Uffici Comunicazione e Marketing dedicati o dentro ai quali esistano persone che si possano occupare solo della comunicazione online e del posizionamento del Brand sui social media.

Ecco i primi passi necessari a impostare un percorso di comunicazione online per le aziende.

[Credits foto]

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Social Network: dipendenza, disintossicazione, giusto mezzo

Ieri ho letto questa bellissima intervista ad Alex Giordano che riflette criticamente sulla Social Innovation e sul suo rapporto con i Social Network, reduce da una “disintossicazione” di 3 mesi e mi sono messa a pensare al rapporto che ciascuno di noi ha con Facebook, Twitter e tutti i canali di condivisione digitale che oggi fanno parte del nostro quotidiano. Un’affermazione di Alex continua a martellarmi nella testa:

Tra tanta enfasi della socialità in realtà quello che ci piace celebrare sono solo “ipotesi di relazione”. Stiamo preferendo la pornografia alla sensualità, in un’orgia evolutiva al ribasso: abbiamo tecnologiche e strumenti che utilizziamo per scimmiottare quello che già esiste, per far peggio quello che altri strumenti anche primitivi facevano già piuttosto che metterci tutti a studiare come questi strumenti possano migliorare la nostra condizione umana”.

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Contribuisci a scrivere un decalogo per l’uso di web e social media in famiglia

Il 7 e 8 maggio 2014, alle 17, sono previsti gli ultimi due incontri del Laboratorio 1 di Generazioni Internet, finalizzato a co-costruire un patto intergenerazionale per l’uso consapevole e efficace di Web attraverso Tablet e Smartphone. Continua a leggere

Media Specialist su Twitter: anche Panzallaria in classifica

Stamattina la mia migliore amica mi scrive e mi dice “Potevi dirmelo che sei in classifica!” e io faccio “Ma quale classifica?” E scopro che niente, sono in una classifica, una classifica dei Media Specialist su Twitter.

Onoratissima, perché vengo subito dopo alcuni mostri sacri.

La classifica è qui ed è stata redatta da Data Media Hub  Continua a leggere

Blog: opportunità, luoghi morti o voci dal passato?

Da circa un anno e mezzo ho cominciato a occuparmi di formazione, sia per libero professionisti e aziende che nelle scuole e con i genitori degli adolescenti.

Posso dire di avere conosciuto un discreto numero di giovani tra i 12 e i 16 anni e di avere raccolto testimonianze molto interessanti circa il loro uso della Rete.

Ciò che porto nei laboratori in classe, dedicati a “opportunità e rischi di web e social media“, si è evoluto e modificato proprio in base a queste testimonianze.

Nei primi tempi davo per scontato che sapessero che cos’è un blog:  molti di loro invece non ne avevano idea e ho dovuto cambiare registro, spiegare, approfondire il tema.

Ciò che fino a 4 anni fa ERA il web sociale, oggi non è che un décalage un po’ arrugginito della bacheca di Facebook.

Ho cominciato a domandarlo a loro che cosa pensano sia un blog e le risposte che mi hanno dato sono state davvero illuminanti.

Il blog è come facebook solo fuori da facebook.

 

Il blog è il vecchio sito

Hanno 15 anni e vivono la Rete molto diversamente da me che – ogni giorno online – sono abituata a riflettere consapevolmente sul mio uso dei Media.

E’ diverso il loro approccio o è cambiato il web e i mezzi con cui lo fruiamo? 

Sono un po’ vere entrambe le affermazioni e si contaminano tra loro.

Quello che prima era il centro di una rivoluzione silenziosa di punti di vista sul mondo, spesso personali e personalistici, d’inchiesta o semplicemente auto narrazione, ha mutato il proprio ruolo, acquisito diversi significati.

Il blog – inteso come “diario”, come racconto del se’ o narrazione aneddotica con un pubblico affezionato di lettori – non esiste quasi più.

E non perché ora tutti sono su facebook, ma semplicemente perché è diverso il modo in cui percepiamo e veniamo a contatto con i contenuti.

I blog oggi sono luoghi specialistici anche quando nascono come narrazione: il blogger è consapevole di esserlo o volerlo essere ancora prima di aprirlo il blog, lo progetta, lo costruisce con obiettivi specifici e il suo essere blogger diventa, fin da subito, un’etichetta universalmente riconosciuta.

Abbiamo tutti un profilo digitale, una nostra identità sul web fatta di tutti i pezzi che disperdiamo su twitter, pinterest, facebook, flickr, youtube, ecc e quando decidiamo di aprire un blog, se lo facciamo è perché abbiamo un obiettivo.

Il darsi un obiettivo (sia anche solo “far divertire”) e costruire un’immagine coordinata consapevole, sono elementi di profondo cambiamento rispetto a quanto succedeva per la maggior parte fino a pochissimi anni fa.

Oggi non abbiamo più bisogno di una casa virtuale per parlare delle nostre emozioni: rapidamente lo possiamo fare su twitter; se vogliamo una piazza raccolta di “amici” virtuali  abbiamo facebook.

Il tag ad un’immagine diventa nodo di contenuto, un video condiviso su youtube ci identifica più di un lungo post e quando leggiamo, lo facciamo perché un rilancio sul social ci ha incuriosito, perché un autore di cui abbiamo fiducia ha condiviso un post o semplicemente perché seguiamo un argomento attraverso un hashtag.

Il pubblico dei blog è cambiato, la comunità si è spostata di casa e anche il blogger ha evoluto il suo ruolo, ha spostato i luoghi della riflessione o – semplicemente – ha vocato la sua passione a fini professionali.

C’è chi ha nostalgia di una presunta “età dell’oro” dei blog, quando eravamo tutti più giovani, più ingenui, più belli e i link della nostra blogroll, il numero di “lettori fissi” e le relazioni con altri blogger erano il patrimonio più prezioso di cui disponevamo.

C’è chi punta il dito contro facebook o twitter, imputando a loro l’avvento della brevitas e della frammentazione.

Io credo che la direzione presa fosse quasi inevitabile: i blogger della prima ora hanno colonizzato la Rete dimostrando di essere i primi “sperimentatori”, lo hanno fatto con l’innocenza tipica della curiosità, senza sapere in che direzione li avrebbe portati aprire il proprio spazio, hanno cominciato a scrivere con il brivido di sapere che la loro scrittura – spesso privata prima – aveva ora un uditorio e che poterla condividere era tutto sommato molto semplice, si sono inventati nickname di fantasia, location tra il reale e il narrativo e soprannomi per coprotagonisti delle loro avventure, dando per implicito che quello del blogger doveva rimanere, per lo più, un vizio privato in un mondo altro rispetto a tutte le sfere della vita pubblica.

Ad un certo punto il web “fatto dal basso” ha allargato le proprie maglie, è diventato cosa di tutti (tutti quelli che possono disporre di un accesso alla Rete) GRAZIE a strumenti come Facebook e le paure legate alla propria privacy sono state lasciate alle spalle dalla voglia di costruire un proprio profilo digitale: era passato abbastanza tempo dalla prima connessione globale per avere introiettato il concetto di realtà moltiplicata, abbandonando l’idea che esista un “mondo reale” dicotomico rispetto a un “mondo virtuale”.

Il blog è diventato così un plus, qualcosa di cui si può fare a meno senza per questo rinunciare a contribuire con uno status o un tweet alla produzione di contenuti online e piano piano il blogger ha perso la sua specificità come persona/blogger acquisendone contemporaneamente come professionista/blogger.

Il blog non è più il luogo dove tessere relazioni, se mai è quello dove approfondire, coltivare il proprio profilo digitale o una passione, dove fissare la nostra opinione. Era nato come luogo fluido, oggi è il luogo del personal branding, della scrittura come esercizio e dell’opinione “depositata”.

Siamo cambiati noi che ci scrivevamo e sono cambiati coloro che ci leggono.

L’urgenza della scrittura fine a se stessa, quando la nostra esperienza è stata continuativa e fonte di professionalizzazione (come nel mio caso con Panzallaria) si è fatta scrittura che ha obiettivi e si evolve, declinandosi in altri luoghi dove possiamo esercitare (magari pagati) il nostro privilegio di venire considerati “opinionisti” autorevoli per qualcuno, su qualcosa.

Eppure il blog è –  e per il momento resta – la vera palestra in cui rafforzare il proprio profilo digitale, farlo crescere e aiutarlo a prosperare bene: per i più giovani un’occasione per mettere in gioco creatività, per noi il luogo dove sentirci liberi ma allo stesso tempo fare sedimentare quello che impariamo e vogliamo condividere con altri.

Il blog non è morto, è semplicemente cambiato.

Tra i tanti contributi che circolano sull’argomento, invito a leggere Leonardo di cui cito un estratto che mi ha colpito forse perché in qualche modo riguarda un po’ anche me:

Non è neanche una questione di soldi, che sono sempre veramente pochi, così pochi che discuterne, oltre che ineducato, è persino ridicolo. Il 2012 è stato l’anno dell’arrivo in Italia dell’Huffington Post, che peraltro io leggo poco e anche voi; ma non importa: importa la filosofia che l’HuffPo sottende, e che si può sintetizzare in “scrivi gratis e ringrazia”. Io non ce l’ho con chi scrive gratis, ci mancherebbe altro. Non credo che la produzione di opinioni gratis su internet possa abbattere il giornalismo, quello vero, fatto di inchieste sul campo. Sono ancora il primo a meravigliarmi che alcune mie opinioni, in determinati contesti, possano avere un prezzo. Non è una questione di soldi, è un tentativo di sembrare, dopo tanti anni, un po’ professionale in quello che faccio. Mi pare che ancora non ci siamo. Però la strada è questa.

Concludo citando invece un post in cui la nostalgia per i tempi in cui la Rete era prevalentemente dei blogger di AxelWeb non perché lo condivido in toto ma perché lo trovo molto indicativo di un sentimento che si percepisce forte:

Quindi? Quindi l’anno che si è appena concluso è stato indubbiamente l’anno di Twitter, di Pinterest, di Instagram e ovviamente di Facebook, tanto odiato e tanto amato.
La gente è tutta lì e a differenza degli esordi della blog mania (circa 10 anni fa) è gente normale, è un popolo che dialoga e non è una micro élite che parla di cose tecnicose e difficili. Infondo è quello che volevamo tutti, tutti meno l’élite forse (anche se a parole ci prodigavamo in frasi tipo “manca la massa critica” oppure “dobbiamo rendere il blog un fenomeno di massa”, ma non ci credeva nessuno).
Ora siam qui, in un limbo un po’ strano, con i nostro blog sopravvissuti (quello che state leggendo è nato su Splinder (defunto a inizio 2012) a maggio del 2003 per poi migrare nella forma attuale nel 2005). Siamo una specie di tribù di sopravvissuti che si legge nel loop degli status di Facebook o nei link di Twitter. Una cosa un po’ buffa, un po’ paradossale.
Ci chiuderanno in una riserva, saremo in pochi e continueremo.
E la frase sarà: “una volta c’erano i blogger, tanti anni fa e bloggavano liberi nelle praterie del web, senza sapere cosa fosse un like o un +1.

 Foto in copertina: Copertina di Internet News (maggio 2003). Nel numero un approfondimento sui blog molto interessante di Giuseppe Granieri 

Blogger, digital P.R, strategie Social: spiegare questo lavoro a mia nonna

L’allenamento migliore è stato tentare di raccontarlo a mia figlia. La domanda “che lavoro fai?” mi ha messo in crisi per anni, difficile spiegare alla nonna che lavori con l’internet. La riflessione più seria l’ho fatta chiacchierando con un’amica che fa un lavoro molto simile e che una volta ha detto: “In fondo quello che facciamo noi è pubblicità, la puoi raccontare come vuoi, ma quello è!”.

Ci ho messo mesi per elaborare la tagline di questo blog, spiegare in pochissime parole il cuore della mia professione. Ora però voglio spingermi oltre e cercare di mettere in fila (come se lo spiegassi a mia suocera) cosa significa fare la blogger professionista e occuparsi di Digital P.R e Strategie Social. Continua a leggere

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