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Raccontare il 13 novembre a mia figlia

Con il non marito abbiamo deciso di raccontare a Frollina, per sommi capi, cosa è successo a Parigi. Ci siamo confrontati e ci è sembrata una scelta necessaria: nostra figlia ha 9 anni ed è giusto che sia consapevole (almeno un po’) di quello che succede nel mondo. Inoltre, probabilmente nei prossimi mesi si parlerà molto di quello che è accaduto, le nostre vite un po’ cambieranno e non volevamo che lei si sentisse persa perché senza informazioni.

Ho ripensato a quando ci fu la strage di Bologna, avevo 7 anni, e ricordo quanto avessi bisogno di avere informazioni per non farmi prendere dall’angoscia.

Le avevamo già raccontato dell’Isis in passato, dicendole che ci sono persone che hanno un credo diverso e che tra queste persone ce ne sono alcune che usano questo credo per schiacciare gli altri e non esitano alla violenza. Oggi ci siamo seduti tutti insieme e – dopo averla immediatamente rassicurata che i suoi cugini parigini stanno bene – le abbiamo detto che alcune persone hanno sparato e ucciso molta gente a Parigi.

Ci ha fatto tantissime domande, la prima delle quali: “Ma chi è morto aveva figli?” e io ho dovuto buttare indietro le lacrime. Ci ha chiesto se l’ISIS può entrare in casa e – anche se non le abbiamo specificato i luoghi degli attentati – ha subito pensato, con preoccupazione, al fatto che noi viviamo accanto a uno stadio “dove vengono tante persone”.

La abbiamo rassicurata il più possibile ma alla domanda: “Vero che in Italia non arrivano?” non ce la siamo sentiti di risponderle un no secco, le abbiamo detto che dobbiamo sperarlo e impegnarci nel nostro piccolo per essere persone tolleranti, aperte ma anche attente.

Conoscere le cose con lo studio, rispettare gli altri qualunque cosa credano e imparare a difendersi: ecco ciò che possiamo fare.

Frollina da due anni fa karate a livello agonistico, le piace un sacco e le ha dato una grande sicurezza in sé stessa, lei che non è tanto alta e un po’ magrolina. Le abbiamo detto che anche questo le serve, di stare il più serena possibile e di continuare ad impegnarsi.

Io non so se abbiamo fatto bene o male, ma questo è il mondo in cui vive, questa è l’epoca in cui siamo: di fronte al male bisogna sviluppare, ognuno, i propri anticorpi e capire come affrontarlo. Come madre, provo una enorme sofferenza a pensare a quello che le stiamo passando, d’altronde possiamo solo cercare, ognuno a suo modo, di impegnarci il più possibile.

Ora, sono certa, passeremo molti giorni in cui lei – ciclicamente – farà domande per essere rassicurata e io tenterò SEMPRE di proteggerla. Subito dopo averle parlato ci ha chiesto se poteva vedere un po’ di cartoni: fa sempre così la frollina, sembra che le cose le scivolino addosso e ha bisogno di “distrarsi” quando non riesce ad affrontarle perché più grandi di lei, ma poi scopri che giorno dopo giorno ci pensa e ci torna su.

Le ho acceso la tv: programma scemo, bambini che ridono e si fanno scherzi.

Sta ridendo anche lei, nel suo pigiama della domenica mattina. E io la lascio ridere, certa che il suo cervello stia macinando cose, dubbi a cui non sa darsi una risposta e anche io faccio fatica.

Gli Ossiuri bolognesi

Un giorno mi ferma una tizia per strada, al mattino, dopo il consueto caffè post accompagnamento al bus della Frollina, una tizia il cui figlio era al nido con la mia, che mi chiede una roba. Non dice ciao, non dice niente, ma mi assale con un

Ma alle Fighettuena [chiameremo così d’ora innanzi le scuole che frequenta la bambina che vive con me] sono arrivati gli (…)SSIRI?.

Penso subito alla Babilonia e poi mi dico che non so, forse c’è in giro uno spettacolo itinerante per insegnare la storia ai bambini e un gruppo di ragazzi, magari quelli famosi che fanno le favole musicali in città, stanno portando nelle scuole della città gli ASSIRI BABILONESI.

Poi invece scopro che le scuole del quartiere sono infestate dai vermi. Scopro che succede una cosa da film di Dario Argento ai bambini di alcune scuole del quartiere, ovvero che alla notte, mentre dormono, gli escono i vermi dal culo. Si chiamano Ossiuri e hanno fondato la tribù degli OSSIURI BOLOGNESI. Sono infestanti e infatti hanno infestato molte scuole tra cui anche quella lì che frequenta il figlio di questa tizia, una scuola anche lei molto fiquetta del quartiere. E stamattina mi raccontavano che addirittura una mamma ha scritto una lettera ai giornali perché in queste scuole del quartiere ci sono dei genitori che non fanno la cura ai bambini a cui escono i vermi dal sedere e così gli OSSIURI BOLOGNESI continuano a infestare culi e culetti.

Io non lo so se alle Figuettena sono arrivati i vermi, Frollina per il momento dorme notti serene e non ha nessun problema. Non so nemmeno perché certi genitori non facciano la cura. Quel su cui riflettevamo stamattina, durante il caffè, dato che gli OSSIURI hanno infestato questa scuola anche lei molto fighetta del quartiere, è che i vermi sono democratici e della puzza sotto il naso non hanno mica paura.

Avere dei bambini significa scoprire anche queste robe qua, che se lo dici a uno che non ha figli, che delle volte può capitare che tu possa vedere uscire dei vermi dal buco del deretano di qualcuno – nella fattispecie il tuo pargolo e magari il tuo, se te li ha attaccati – ti guarda con gli occhi fuori dalle orbite e pensa davvero che tu sia stato posseduto da un horror movie di serie B. E invece no, è tutta vita reale. E invece no, succede anche nelle scuole fighette. Che sollievo!

Artefiera e Artcity 2014: qualche considerazione

Da venerdì a ieri mi sono immersa in questo week end fitto di eventi bolognesi dedicati all’arte. La giornata di venerdì – a spasso per Bologna – l’ho raccontata qui.

Dopo molti anni sono tornata anche a Artefiera dove ho trovato opere molto interessanti e il padiglione dedicato all’ 800 e 900 mi è piaciuto particolarmente. C’era tantissima gente (la kermesse si conclude oggi), le mie amiche mi hanno scattato pure una foto con Gianni Morandi e in generale ho potuto ammirare oggetti inusuali, ma anche opere di grandissimi artisti.

Rispetto a qualche anno fa, Artefiera mi è sembrata molto più a misura di spettatore, meno orientata in maniera esclusiva alla vendita e più alla fruizione dell’arte.

Sabato sono stata al Mast, il nuovo museo privato, inaugurato dietro all’azienda GD.

Un’opera architettonica imponente e una mostra di fotografia industriale che consente di vedere i cambiamenti nella percezione e tipologia del lavoro.

Interessantissimo il focus sugli utensili del lavoro e dell’industria e su come – oggi che la maggior parte di noi lavora in virtuale, utilizzando solo il computer – si sia persa la loro valenza e riconoscibilità simbolica. Belle le foto (datate 1985) dedicate ai ricercatori del MIT e al personal computer. Foto di persone che guardano lo schermo, con lo sguardo assente (e a tratti alienato) che ha ognuno di noi quando lavora. Fianco a fianco con quelle degli operai siderurgici di inizio ‘900.

Nel pomeriggio, insieme a Frollina siamo stata al Mambo, per il laboratorio Art City Children. Insieme all’artista Flavia Mastrella, i bambini hanno costruito sculture utilizzando pezzi di giochi. Flavia Mastrella da 20 anni recupera ciò che trova sulla spiaggia, oggetti levigati dal mare e dal tempo e crea piccole sculture affascinanti, in cortocircuito con la natura per cui quegli oggetti (per lo più giocattoli) erano nati.

Il laboratorio è piaciuto molto a Frollina, ma era molto lungo e ce ne siamo andate un’ora prima del previsto perché 4 ore e mezzo per lei erano davvero troppe.  Però mi sono divertita un sacco a vedere cosa creavano i bambini, con quanta fantasia ricomponevano teste, gambe, carri armati e come gli si illuminavano gli occhi quando potevano mettersi a giocare con le loro creazioni.

Per nulla in imbarazzo all’idea di trasformare oggetti che spesso riconoscevano (barbie, pupazzi, giochi di società, personaggi dei cartoni, ecc), dimostravano l’acutezza del pensiero creativo infantile, non ancora imbrigliato dalla razionalità.

Di questa esperienza del fine settimana ho apprezzato tantissimo la possibilità di vedere posti che altrimenti non sono aperti al pubblico (come per esempio il rifugio antiaereo di via Indipendenza), la quantità di gente che – mappa alla mano – se ne andava in giro estremamente motivata a costruirsi il proprio percorso artistico e l’idea di sentire più mia la mia città.

Ho veramente apprezzato l’interesse generale intorno all’iniziativa e mi ha fatto riflettere sul totale scollamento tra “offerta” e “richiesta”. Lo hanno già detto persone molto più esperte di me, ma in Italia se solo avessimo coraggio, potremmo uscire dalla crisi unicamente grazie al mercato della cultura e dell’arte, così ricco e così poco valorizzato. Non è vero che agli italiani non interessa fare i turisti nelle proprie città, conoscere cose nuove e poter accedere a luoghi d’arte, solo che troppo spesso la possibilità è limitata.

Al Mast mi ha messo un po’ a disagio la grande quantità di security, la fila per l’entrata (senza sapere bene quanto tempo avremmo dovuto aspettare, visto che si entrava a gruppi) e in generale una sensazione di “chiusura”, di paura di aprirsi davvero al pubblico che mi ha dato questo bellissimo posto. E’ un museo privato molto giovane, mi auguro possa crescere.

Del laboratorio per bambini mi ha lasciato perplessa la durata: non sono convinta infatti che un sabato pomeriggio, per un bambino che sta a scuola tutta la settimana, possa davvero durare 4 ore e mezzo di laboratorio 😉

Aggiungo poi una proposta/appunto (chissà mai che qualcuno degli organizzatori di Arte Fiera leggesse questo post) sempre relativo ai bambini: credo che articolare maggiormente l’offerta di Artcity Children (anche magari in Fiera) potrebbe davvero essere efficace. I piccoli amano l’arte molto più naturalmente di noi adulti, la sanno interpretare e ci trovano sempre degli spunti interessanti che li appassionano, differenziare l’offerta, creando percorsi in città dedicati a loro, secondo me aggiungerebbe ulteriore valore a un evento che ne ha già tantissimo e che quest’anno ha anche battuto precedenti record.

Artefiera e questo week end bolognese potrebbero diventare così davvero l’occasione per avvicinare tutta la famiglia all’arte, anche in maniera giocosa.

In generale il bilancio per me è molto positivo.

Artefiera a Bologna: eventi diffusi anche per bambini

Bologna sta per essere invasa dall’arte e da un sacco di eventi succosi sparsi per tutta la città con l’arrivo di Artefiera dal 24 al 27 gennaio 2014. 

Quest’anno ho deciso di immergermi e raccontarla il più possibile perché mi sembra un’ottima opportunità per vedere le cose e i luoghi da altri punti di vista.

ArteFiera è la fiera dell’arte moderna e contemporanea e nel tempo ha cominciato ad attrarre in città eventi collaterali non necessariamente negli spazi fieristici: basta girare per il centro per accorgersi delle tantissime iniziative, a volte anche molto piccole, ma assolutamente preziose con cui è possibile costruire un tour alternativo e complementare al classico giro del centro storico.

IN FIERA

In fiera saranno i padiglioni 25 e  26 ad essere invasi dalle collezioni: leggo sul sito che la scelta dipende dalla tipologia di questi spazi che, grazie alle grandi vetrate, permettono alla luce naturale di esaltare al massimo le opere esposte.

Special Focus Section di quest’anno sono dedicati all’Europa Orientale, al Tardo Ottocento, alla fotografia e alla Cina

IN  CITTA’

La città sarà animata grazie al progetto Art City Bologna e a Art City White Night, nella sera di sabato 25 gennaio 2014.

Io mi sono costruita il mio tour – per conciliare gusto personale e esigenze familiari – grazie al programma tematico completo di Art City Bologna.

Mi prenderò il tempo, per esempio, per andare a visitare la mostra Cattedrale e Campo de’Fiori a San Giorgio in Poggiale (luogo che amo molto, in pieno centro) e Casa Morandi, in cui da tantissimo volevo andare.

Sabato mattina, insieme a Frollina e Tino andremo al MAST , la “manifattura di arti, sperimentazioni e tecnologia a vedere la mostra sulla fotografia industriale .

Il MAST nasce da un grande gruppo industriale bolognese come fondazione per valorizzare l’impresa (la manifattura) e creare un ponte tra essa e la città: Bologna – in pochi lo sanno – è costituita prevalentemente da aziende meccaniche che si occupano di packaging e aziende motoristiche o di subfornitura motoristica. Queste cose le ho imparate quando lavoravo al Museo del Patrimonio Industriale  e ha cominciato a interessarmi molto il modo in cui una certa impresa ha definito anche i parametri culturali e il carattere della mia città.

Poi Frollina sarà entusiasta del MAST che è davvero un luogo suggestivo.

Art City Children – l’arte per bambini

Sabato pomeriggio ho scelto di partecipare a un laboratorio al Mambo con la bambina di 7 anni.

Ed ecco la parte che può interessare maggiormente chi ha figli e vuole coinvolgerli in questo weekend d’arte attraverso l’offerta di Art City Children che – se posso permettermi una proposta – spero davvero si ampli nelle prossime edizioni, perché lo sguardo dei piccoli sull’arte moderna e contemporanea è davvero stupefacente e sanno appassionarsi, giocando con le immagini e le suggestioni.

Ecco tutte le info sul laboratorio e sulla cena in programma:

ART CITY Children – Weekend al MAMbo

Un Weekend al MAMbo in occasione di ART CITY 2014. Nei giorni in cui Bologna diventa protagonista
dell’arte, il MAMbo dedica uno spazio ai giovanissimi con laboratori, letture, giochi e visite animate per
muovere i primi passi verso l’arte contemporanea e i suoi luoghi.
Le attività saranno dedicate alla mostra La Grande Magia e alla mostra – laboratorio a cura di Flavia
Mastrella Sculture in tasca. L’esaltazione dell’insignificante. Per bambini dai 5 ai 12 anni.
Prenotazione obbligatoria.
Orari
mattina: h 9.30 – 13.00
pomeriggio: h 14.00 – 18.30
Ingresso
€ 15,00 ogni mattina e ogni pomeriggio
ART CITY Children White Night
atmosfere suggestive, immagini, letture, musiche per celebrare la notte dell’arte con una cena al museo e una speciale serata sabato h 19 – 23 costo € 35,00 (cena inclusa) per bambini da 5 a 12 anni prenotazione obbligatoria entro mercoledì 22 al tel. 051 6496628 | mamboedu@comune.bologna.it

Per seguire la narrazione su Arte Fiera potete usare twitter.

L’account è @artefiera e gli hashtag #artefiera, #artcity e #artcitywhitenight e ci sarò anche io!!!

 

 

Il topino dei denti beve la grappa

Frollina ha finalmente perso il dente davanti. Ora mette in mostra un’enorme finestra di cui va giustamente orgogliosa. Ha scoperto che con questo look, la sua interpretazione di una piratessa cattiva riesce alla perfezione e quel piccolo difetto di pronuncia regalatole dalla lingua che non riesce a battere nelle dentali le piace un sacco.

Poi, oltre a questi indubbi vantaggi di immagine, c’è quel piccolo vantaggio economico che ha un suo perché. L’arrivo del topino, infatti, per tutti i bambini è sempre fonte di gioia e lucro, cose che – siamo umani – piacciono già a sette anni.

Le quotazioni del topino di casa Panzallaria sono di 2 euro al pezzo. Forse, nel mondo, ci sono topini più generosi, ma il nostro è uno che pensa che sia meglio non esagerare, che poi quando il soggetto cresce e comincia a chiedere la paghetta, può essere che ripensi al valore dei suoi denti e si accontenti più difficilmente.

Martedì abbiamo messo il dentino sotto al cuscino. Dentro a una busta trasparente, perché non andasse perso. Quando il topino è arrivato, Tino ed io eravamo ancora svegli e abbiamo notato subito che aveva un atteggiamento un po’ strano.

Prima di tutto oscillava sulle zampette e poi, diciamolo, emanava un odore alcolico inconfondibile. Era sicuramente andato a farsi un cicchetto con i suoi amici topi prima di passare a casa nostra. Forse un aperitivo, non lo sappiamo.

Vero è che non si era portato dietro la scorta di monete, non aveva tasche ed era davvero a secco. Ci ha chiesto un prestito ma una moneta da 2 euro non si trovava da nessuna parte.

Non si trovava nelle tasche delle nostre giacche. Non si trovava negli zaini e nemmeno nelle borse. Abbiamo ravanato perfino in qualche pantalone estivo.

Niente.

Non c’era una moneta da 2 euro in casa nemmeno a pregarla in ginocchio.

Al topino allora è venuta un’idea sordida. Talmente cattiva che un po’ mi vergogno a raccontarla su questo blog, che alla fine della fiera è un posto serio. Anzi: serissimo.

Comunque. Non è colpa nostra. E’ stata tutta farina del suo sacco.

Il topino ha visto il grasso e rosa porcellino della Frollina, il suo salvadanaio e gli è venuta l’idea di chiedere un prestito a lui.

Non si fa, gli abbiamo detto.

Questa è truffa, abbiamo pensato.

Caro topino, così ti potrebbero incriminare!

Eppure era l’unica soluzione, nel cuore di una notte buia e tempestosa, per non lasciare la bambina a bocca asciutta.

Ci siamo fatti da parte,  lui ha sventrato il maiale e ne ha tirato fuori una bella e luccicante moneta, mentre noi scuotevamo la testa per il disappunto.

Il topino ha detto poi torno, poi rimetto a posto tutto, se volete vi lascio anche un documento per sicurezza, ma dovete fidarvi!
A quel punto si è messo a cercare sotto il cuscino.

Per lo scambio dentario.

Ma la Frollina, che di notte sembra preda del fantasma del frullatore della bisnonna, aveva scombinato talmente le carte in tavola e i cuscini sul letto che il povero topino  – già provato dalla sua serata alcolica – non è riuscito a cavarci un ragno dal buco.

Il dente non si trovava, fagocitato dai movimenti onirici di questa anima santa.

Lei sentiva i suoi baffi contro la guancia e stava quasi per svegliarsi. Ma lo sapete, la prima regola dei topini è che nessun bambino deve vedere i topini.

Poi secondo me stava accusando la sbornia. Non poteva rimanere a casa nostra ancora a lungo.

Insomma, per farla breve, quell’avinazzato del nostro topino ha deciso di lasciare il soldino (rubato nottetempo alla bambina), senza prendere il suo malloppo.

Le ha lasciato una lettera (scritta davvero male, bisogna dirlo, testimonianza della scarsa cultura di questo roditore) e le ha chiesto di lasciare il dente in un posto sicuro, che sarebbe tornato la notte successiva.

Così è stato.

La notte dopo è passato di nuovo, con un bel paio di occhialoni da sole per nascondere le occhiaie dei suoi tanti bagordi.

Ha preso ciò per cui era venuto e ci ha avvisato che per un po’ rimarrà fuori zona. I suoi amici infatti, preoccupati per le sue mattane, lo hanno iscritto a un percorso – obbligatorio per qualsiasi animale deputato alla felicità infantile – di disintossicazione in un centro di recupero per roditori alcolisti.

Io non lo so, ma proprio un topino di questo genere ci doveva capitare?

Giochi online per bambini: stereotipi di genere

In questi giorni a Bologna il calendario è ricco di eventi legati al Festival La violenza illustrata che fino al 7 dicembre porta in città convegni, arte e cinema per raccontare la violenza sulle donne e riflettere su un’emergenza nazionale degli ultimi anni.

Anche io sono stata invitata, ieri,  a parlare in un posto inusuale, un salone di bellezza che da alcuni anni partecipa attivamente alla manifestazione.

L’evento l’ho presentato su sito di GGD Bologna.

Ho voluto condividere qualche riflessione sugli stereotipi legati al web e mi sono concentrata anche sull’offerta ludica online dedicata a bambini e bambine.

Ecco cosa ho scoperto durante la mia ricerca.

I giochi online dedicati ai bambini e alle bambine in età scolare sono differenziati.

Giochi per ragazzi

Giochi per ragazzi

Giochi di Macchine
Giochi di Moto
Giochi di Abilità
Giochi Sport
Giochi di Memoria
Giochi di Camion
Giochi Didattici
Giochi da Colorare
Giochi Classici
Giochi Cartoni Animati
Giochi Divertenti
Giochi di Intelligenza

 

 

 

 

Giochi per ragazze

giochi-per-ragazze

Giochi per ragazze

Giochi da Vestire

Giochi di Ristoranti

Giochi di Cucina

Giochi di Decorazione

Giochi di Trucco

Giochi per Pettinare

Giochi per Disegnare

Giochi di Baby Sitter

Giochi da Colorare

Giochi di Musica

 

Esistono altri siti esclusivamente dedicati alle bambine come Giochi per bambine e la logica è la stessa, anche se – a onor del vero – qualche minoritario gioco di logica c’è.

Giochi per bambine

giochiperbambine

Giochi per bambine

Vestire
Decorare
Cucina
Trucco
Barbiere
Bellezza
Mascotte

Ci sono anche: Rompicapo,  Moda,  Danza,  Musica,  Disegnare,  Colorare,  Disegno,  Simpatici,  Tavola,  Unghie,  Carte,  Bambole,  Memoria, Ristoranti, Principesse, Abilità, BellSimulazione,  Divertenti, Per Ragazze,  Disegni da Colorare,  Giochi di Puzzle, Unisci i Puntini.

 

Abilità e Memoria vrs Bellezza e Cura

Questa veloce ricognizione del web per bambini offre uno spaccato chiaro di come lo stereotipo di genere resista fortissimo anche online.

Da una parte i bambini vengono coinvolti in attività che ne mettono a fuoco l’abilità, le capacità costruttive, la dinamicità (Macchine, Moto, Sport, Memoria) dall’altra ci si rivolge alle bambine cercando di interessarle a giochi legati all’estetica (Trucco, Bellezza, Moda) o alla cura degli altri e al cibo (Ristorante, Cucina, Baby Sitter).

Il web riflette il mondo facendone parte a pieno titolo e il mondo è un posto in cui gli stereotipi di genere cominciano a conformarci come persone a partire dalla giovanissima età.

La comunicazione, anche online, deve rimanere in allerta di fronte a questi segnali e chi – come la sottoscritta – ci lavora, ha un ruolo fondamentale nell’immissione di punti di vista diversi e critici.

Perché ciò che è più pericoloso è ciò che cominciamo a considerare normale in quando SFONDO e questo non può essere il nostro sfondo.

Su ispirazione di un bel post di In genere (che vi invito a leggere)  ho fatto anche io (ieri) una ricerca su Google.

Ho scritto “Le donne sono” ed ecco come il motore di ricerca (che riflette ciò che viene maggiormente digitato) ha risposto:

 

La strada è ancora molto lunga, anche quella digitale.

Una piccola Girardengo in famiglia

E’ tutta l’estate che le rompiamo i maroni sulle cose che è ora di imparare.

Le rompiamo i maroni perché ha voluto i pattini e li ha portati solo un paio di volte, le rompiamo i maroni perché a 6 anni che tendono ai 7 bisognerebbe smetterla di usare le rotelline della bici e impegnarsi per imparare ad andarci.

Le rompiamo i maroni, fondamentalmente perché – oltre a essere due grandi rompimaroni, suo padre ed io – siamo convinti che debba conquistarsi la sua emancipazione e non dare per scontato che arrivino cose da usare, con cui giocare.

Se ci sono, si usano.

Una mattina – era forse ferragosto – Frollina si è svegliata (eravamo in montagna) e ci ha detto che aveva sognato che imparava ad andare in bicicletta benissimo, che lei voleva imparare. Anche perché uno dei pungoli maggiori che le stiamo dando è il fatto che ormai la bici è il nostro solo mezzo di locomozione (la ‘Unto è defunta per sempre e non abbiamo intenzione di comprare un’altra macchina) e che sul seggiolino non possiamo praticamente portarla più.

Non appena abbiamo rimesso piede in città, Frollina ha subito detto – molto seria e convinta – che voleva riprovare ad andare in bici senza rotelline. Eravamo già tutti in cortile, pronti per la grande prova, quando ci siamo accorti che la sua bicicletta non c’era più. Sparita. Volatilizzata. Polverizzata.

Ci abbiamo messo un po’ a elaborare il fatto che il mondo è cattivo e che nel 2013 anche una bicicletta per bambini può essere rubata, che può succedere nel cortile di casa, ma poi abbiamo dovuto farcene una ragione. Io ho anche pensato fosse il destino, mia figlia forse deve rimanere una che in bicicletta non ci sa andare, non lo so. Ho pensato alle mie amiche (e ne ho qualcuna) che c’hanno paura delle due ruote e mi sono detta che forse anche questa bambina era destinata a quella vita lì.

Per fortuna invece Tino – più pragmatico – ha preso in mano la situazione, abbiamo chiesto in prestito una vecchia bici a una compagna di classe della bambina e con quella bmx tra le mani ci siamo ritrovati tutti nel parco sotto casa.

In 30 secondi netti Frollina è partita. Era pronta. Matura. Cotta. La bici era perfetta per lei. Forse un po’ piccola, ma meglio così. Lei aveva un sorriso a 102 denti che le mangiava tutta la faccia, mentre ci passava davanti con il suo casco a forma di zebra.

Noi sembravamo i supporter della Ferrari, a bordo pista a saltare e esultare.

E’ trascorsa ormai più di una settimana da quel giorno lì in cui nostra figlia ha imparato a pedalare da sola e da quel momento la nostra vita ha subito un’accelerazione: Frollina si sveglia al mattino che ha già il casco in testa, le scarpe da ginnastica e i pantaloncini comodi.

Saltella e ripete ossessivamente: “Allora? Quando usciamo? Quando vado in bici?” fino a quando, ancora con le caccole del sonno negli occhi, non inforchiamo anche noi le nostre biciclette e si va tutti insieme in giro per le ciclabili a nostra disposizione.

Il primo giorno che siamo uscite insieme, ognuno con la sua bici, io ero molto emozionata. E anche lei.

La città era ancora vuota per via delle vacanze. Ci siamo infilate sotto il portico, per raggiungere un parco vicino dove ci aspettavano amici.

Non in strada, ho pensato. Per iniziare andiamo pianino sotto il portico.

A un certo punto del nostro percorso, ci si è parato davanti un tizio alto un metro e una banana, poteva avere 60 anni, con un fischietto RUMOROSISSIMO e una maglietta del camping Lido Adriano. Ha cominciato a fischiarmi nelle orecchie. Ma forte che mi sembrava di essere dentro un cartone animato. C’erano anche i suoi sputacchi disegnati nell’aria!
“Polizia di Stato!” si è presentato, lui e la sua maglietta di Lido Adriano.

“Si vergogni!!!!!!!” urlava. “E’ questo l’esempio che vuole dare a sua figlia?????????” continuava, indicando il portico. Io lo so che sotto il portico non si può andare con la bici, ma noi eravamo a una velocità irrilevante, lei stava imparando e davvero – a parte qualche matto (appunto) – non c’era proprio nessuno. E poi perché devo rendere conto a uno che indossa una maglietta del camping Lido Adriano???

Frollina mi guardava tra l’inebetito e lo spaventato. Il “poliziotto” ha continuato: “Se non scendete subito dalla bici chiamo immediatamente i carabinieri!!!!!” che sarebbe come se un idraulico che ti sta sistemando un tubo dicesse: “Aspetti che chiamo il fontaniere!”, ma non importa.

Ovviamente siamo scese dalla bici e ci siamo allontanate a piedi, mentre frollina mi chiedeva come si fa a capire che uno è matto, cosa succede quando uno è matto, che lei vuole sapere se si manifesta come l’influenza o cosa e altre domande del genere, quelle che ti mettono in crisi per il mese successivo.

Temevo che la scena l’avrebbe un po’ intimorita e invece niente: Girardengo è tra noi. A lei andare in bici piace tantissimo. Siamo sempre fuori in bici.

E io mi sento molto felice per tutta una serie di motivi. Perché la bici è libertà e da quando non ho altre opzioni devo dire che ne ho riscoperto i vantaggi in termini di salute, spostamenti e gioia di vivere.

E così ora l’idea che la macchina non la ricompreremo (abbiamo altre idee di spesa) e in città si girerà su due ruote, mi piace ancora di più!!!

[nella foto frollina non ha il casco ma solo perché si era messa in posa a favore di telecamera ed eravamo in pausa. I bambini, specialmente quando devono imparare, necessitano sempre di una copertura adeguata per la sicurezza della loro testa! w il casco]

E’ nato CoderDojo #Bologna

Dopo questo articolo  rilanciato su facebook e in particolare in Sana e robusta comunicazione sono successe delle cose belle. Barbara – che avevo intervistato per conoscere l’esperienza milanese – mi ha messo in contatto con Carmelo, che vive a Bologna e che voleva portare anche qui l’iniziativa (senza scopo di lucro) per avvicinare i bambini alla programmazione e contemporaneamente da parte dello staff di Iperbole Bologna  e di alcuni professionisti del settore, l’idea è stata raccolta con entusiasmo.

Grazie alla bella rete sinergica che contraddistingue gli attori che si interessano di digitale a Bologna, dal dire si è passati immediatamente al fare e la bravura e entusiasmo di Carmelo si sono trasformati in un progetto concreto. L’11 maggio 2013 presso l’Urban Center si è tenuto il primo CoderDojo bolognese che ha fatto subito il sold out.

Ho voluto intervistare Carmelo perché fosse lui, direttamente, a raccontare il progetto e i suoi sviluppi.

Ci tengo a ringraziare non solo lui e tutti i Mentor volontari che si stanno prestando a questo progetto, ma anche chi ha voluto scommetterci in sede istituzionale, in particolare Milena e Michele che hanno subito raccolto la palla.

Carmelo: presentati e raccontaci brevemente come sei entrato in contatto con Coder Dojo

Ho cominciato ad appassionarmi all’informatica a 6 anni, quando mio padre mi regalò il primo PC e mi lasciò libero di sperimentare (e di metterlo fuori uso ogni settimana!). Oggi ne ho 30, sviluppo app e da qualche tempo mi occupo anche di formazione, che ho scoperto essere un’attività estremamente gratificante. Così, quando ho letto di CoderDojo per caso su Internet, ho subito scritto ai ragazzi di Milano che stavano organizzando un evento, chiedendo di poter partecipare come osservatore. Due giorni dopo ero da loro a fare da mentor, imparando Scratch insieme a un bimbo di 6 anni.

E’ stato così entusiasmante che alla fine dell’incontro non avevo dubbi: dovevo provare a farlo partire anche a Bologna. Grazie alle persone che mi hanno subito affiancato (una delle quali mi sta intervistando ;)) devo ammettere che è stato più facile del previsto.

CoderDojo Bologna: ci racconti se l’esperienza del primo incontro è stata vicina alle tue aspettative di organizzatore?

Il primo evento non poteva andare meglio, Sala Borsa è un posto meraviglioso e dal punto di vista logistico è filato tutto liscio!

I bambini ci hanno stupito con le loro creazioni e la loro velocità di apprendimento: mentre spiegavamo come far muovere i primi passi a un gattino virtuale, vedevamo animali di tutti i tipi sfrecciare sui loro schermi! E soprattutto pare si siano divertiti, visto che non volevano più tornare a casa!

Anche i genitori sono entusiasti, ci hanno dato ottimi feedback e tanto incoraggiamento per andare avanti.

E infine i mentor, nonostante fosse la prima volta per loro, hanno subito capito lo spirito di CoderDojo, si è creata una bella squadra, sono stati fantastici!

Uno sguardo ai piccoli programmatori: la maggioranza di loro che età aveva, che tipo di attitudini, ecc. Se dovessi delineare un profilo del piccolo programmatore, quale sarebbe?

Il gruppo era molto eterogeneo, la maggior parte intorno ai 9 anni ma si andava dai 7 ai 13. Tutti hanno una grande confidenza con i computer, si muovono con una naturalezza che lascia stupiti.

I piccoli programmatori, poi, sono prima di tutto dei piccoli giocatori: da un lato hanno ben chiare le dinamiche che rendono un gioco interessante, per cui li sanno fare bene; dall’altra vedono la programmazione stessa come un gioco, perciò si divertono!

Maschi e femmine: interesse per cose diverse o grande apertura, a dimostrazione che la programmazione non ha sesso?

Programmare è un po’ come disegnare, è un’abilità che non dipende in alcun modo dal sesso. Sia i bambini che le bambine hanno dimostrato di saperci fare allo stesso modo.

Quello che cambia, magari, è il soggetto del loro gioco o l’ambientazione che scelgono. Per esempio, è più facile che un maschietto provi a creare un gioco di calcio rispetto a una bambina, mentre tutti sembrano apprezzare gli animaletti come protagonisti.

I Mentor: che ruolo hanno?

I mentor sono dei facilitatori più che degli insegnanti veri e propri. Il loro compito principale è quello di incoraggiare i ragazzi e aiutarli a trovare autonomamente la strada per risolvere le difficoltà che si presentano, senza paura di sbagliare.

Sugata Mitra lo chiama il metodo della nonna. I mentor fanno proprio come farebbe una nonna che, pur non conoscendo la tecnologia, sa essere d’aiuto semplicemente incoraggiando, riconoscendo e ammirando i risultati raggiunti dai nipotini.

Un altro compito fondamentale è quello di stimolare l’interazione e l’aiuto reciproco tra i ragazzi, favorendo la diffusione della conoscenza tra di loro, modalità molto più efficace rispetto al classico rapporto insegnante-studente.

Come si rimane aggiornati sulle attività di CoderDojo Bologna e quali le prossime in programma?

Vista la grande richiesta abbiamo organizzato il secondo evento appena una settimana dopo il primo (il 18 maggio) anche per festeggiare lo Scratch Day, riservandolo ai bambini che non avevano ancora partecipato.

Contiamo di organizzarne un paio anche a giugno, ma non abbiamo ancora fissato le date, perciò consigliamo ai genitori o ai bambini interessati di scriverci una mail a coderdojobo@gmail.com per poter essere avvisati appena abbiamo novità a riguardo.

Potete seguirci attraverso il sito, la pagina Facebook o su twitter .

 

Promesse elettorali

Oggi a scuola di mia figlia hanno eletto i rappresentanti di classe.

A scuola di mia figlia hanno questa idea che per insegnare ai bambini come funziona una democrazia, come si collabora tra le persone, come si gestisce la collettività, bisogna coinvolgere anche i bambini, anche i bambini di prima elementare, in un dialogo su quello che li riguarda, come per esempio la scuola.

Così in prima elementare si eleggono già i rappresentanti di classe dei bambini che partecipano a delle riunioni con le maestre e portano avanti le istanze della classe.

L’elezione si svolge come per i grandi. Ecco come funziona, adesso ve lo spiego.

Un paio di mesi fa alcuni bambini si sono candidati.

Anche Frollina ha deciso di mettersi a disposizione della scuola con la motivazione che per lei  tutti i bambini devono essere allegri e che avrebbe fatto di tutto perché i bambini della sua classe, ma anche quelli della scuola, fossero allegri. Una sua compagna si è candidata dicendo che se vinceva, almeno così era sicura che si sarebbe fatta felice da sola.

L’amico Ciccio ha promesso una nave dei pirati da posizionare nel boschetto della scuola.

In molti hanno offerto la propria vocazione politica a servizio della comunità.

Oggi hanno votato.

Frollina ha ricevuto 2 voti.

Non ha vinto ma dice che è stata molto contenta che hanno vinto Ciccio come uno dei vice rappresentanti e Francesco e Sofia come rappresentanti. E’ contenta perché lei li ha votati.

Quando le ho chiesto cosa l’avesse convinta a votare questi suoi amici mi ha risposto che:

Sofia ha promesso che farà tutto quello che vogliono le sue amiche, Francesco le sta molto simpatico e Ciccio le ha assicurato che verrà costruita un’enorme nave dei pirati con sopra il suo nome e che quando qualcuno passerà di lì, se vorrà giocare con questa imbarcazione fantastica, dovrà chiederle il permesso e forse anche pagarle un biglietto.

La maestra che oggi ha fatto riunione, ci ha detto che questa elezione è stata molto bella ma che prima di introiettare il concetto di democrazia, secondo lei ci vuole ancora un po’ di tempo.

Io a sentire tutta questa storia, ho avuto come un deja vu, ma non ho mica capito bene di che cosa.

Pic Nic in bicicletta – a Bologna

Dopo essere rientrata da Roma, dove sono stata in occasione di Smart Women ad aspettarmi a casa una bella sorpresa: finalmente la primavera! Per un po’ avevamo tutti creduto che il sole si fosse oscurato e invece questo fine settimana ci ha regalato dei panorami primaverili finalmente degni di questo nome! A casa Panzallaria eravamo tutti entusiasti e abbiamo deciso di dedicarci un po’ di tempo, che l’inverno è stato lungo e faticoso e lo abbiamo passato più all’ospedale con i genitori di Tino che a casa.

Le bici sono uscite dalla cantina e dopo una bella gonfiata di ruote e messa in sesto, abbiamo montato il seggiolino (lo so, lo so: Frollina è grande, dovrebbe andare per conto suo, ma non è ancora abbastanza sicura sulla bici e volevamo macinare un po’ di chilometri!) e sabato siamo stati al Lido di Casalecchio, lungo tutta la ciclabile che da Bologna conduce a Parco Talon.

Al Lido di Casalecchio, mentre Tino ed io ci facevamo l’aperitivo guardando il tramonto sul fiume e il volo delle anatre sopra di noi, Frollina scavava con un bicchiere nel pezzo di sabbia sulla riva.

Ecco un bel video che ho trovato in rete che racconta questo bellissimo spazio alla periferia di Bologna


Ieri – presi dalla voglia di passare tempo all’aria aperta – abbiamo organizzato un pic nic estemporaneo con gli amici e ci siamo dati appuntamento al parco Nicholas Green, di fianco al cimitero della Certosa: uno spazio davvero suggestivo perché ricavato da una distesa di alberi da frutto.

Il parco Nicholas Green sta davvero a pochi passi da casa nostra e ci si arriva anche dal centro di Bologna in bici, attraversando la città sulla ciclabile che dal centro conduce verso la Barca. E’ stata una giornata bellissima: i bambini hanno corso, giocato, abbiamo esplorato i filari di frutta e siamo perfino andati all’orto comunale dei nostri amici a prendere i cavoli spuntati.  Mi sentivo benissimo: Tino sorrideva ed era rilassato, Frollina rideva come una pazza, io stavo proprio bene.

Esplosione di un albero Parco @Nicholas Green #Bologna Frollina in mezzo ai “piscialetti” giganti Parco @Nicholas Green #Bologna

Per un attimo il cervello si è completamente rilassato: non esisteva nulla tranne quei momenti, non dovevo dimostrare nulla a nessuno, c’era solo la necessità di respirare, di fare respirare gli occhi, di annusare, di incidere il cielo con lo sguardo.

Per un attimo non ero la mille io che sono sempre ma solo la uno io che si ferma, tace, si gode il momento.

E intorno a noi il mondo sembrava miracolato: ho fatto delle foto e le voglio condividere con voi, perché credo che la primavera, con la sua misera durata (quest’anno poi passerà in un amen per lasciare immediato spazio all’estate) sia il momento giusto per ricordarsi di quanto sono effimere le cose, specialmente quelle belle, che passano in fretta, ti volti e non ci sono già più.

E voi: ve la siete goduta la domenica di sole?

 

 

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