Sulla scrittura autobiografica: suggerimenti per scrivere, idee, libri, ispirazioni. Dentro la scrittura autobiografica: alcuni contenuti scelti di narrazione autobiografica

102 motivi per essere felice

Il 18 giugno 2015 ho presentato, in anteprima, a Bologna il mio libro 102 chili sull’anima, la storia di una donna e della sua muta per uscire dall’obesità.

Sono successe molte cose nel frattempo.  Continua a leggere

Nel condominio della mia testa

Nel condominio della mia testa, abitano:

  • un orso azzurro che ama moltissimo girare solitario in mezzo alle montagne. Ogni tanto diventa blu, ma solo quando è molto costipato. Se diventa blu occorre che lasci a casa il suo smartphone e che si metta in viaggio per trovare qualche boschetto dove fermarsi un attimo. Alla sera guarda serie tv oppure legge. A seconda.
  • una tizia che si fa chiamare Mens Sana e si veste come Jane Fonda quando negli anni ’70 faceva aerobica. Ha degli scalda muscoli improbabili e una fascia per il sudore. Non usa la lacca, ma solo perché ha scoperto il buco dell’ozono, ha un armadio pieno di pesi per le braccia (ma quanto le piacciono le sue braccia toniche?) e va a correre quando tutti gli altri dormono. A volte sembra un po’ fissata.
  • una tizia davvero tossica, con la pelle unta e la voce roca. Fuma montagne di sigarette, se le rivolgi la parola si spaventa ma è la più pettegola di tutte: sa tutto degli altri condomini, ne parla male di continuo tentando di metterli l’uno contro l’altro per divertimento, ma se poi le fai capire che può stare tranquilla e che si organizza una bella festa a cui lei è invitata (per anni nessuno l’ha mai chiamata, né a compleanni, né a feste di laurea, né a serate alcoliche che forse avrebbe pure gradito), poi si mette serena. Si chiama Dexter e dovrebbe fare qualcosa per le occhiaie, ma non diciamoglielo se no ci rimane male.
  • una ragazzina di 15 anni con qualche problema con il cibo: fortemente in sovrappeso, è però simpaticissima. Ride sempre, organizza feste (e adesso invita anche Dexter), è di gran compagnia e racconta storie che fanno divertire tutti gli invitati. La invitano anche a feste che non organizza lei, giusto così, perché l’animatore è sempre importante. Mentre gli altri ragazzini limonano a bordo pista, confusi nell’epilessia delle luci psicadeliche, lei balla come non ci fosse domani. La chiamano la donna cannone per via della sua stazza, lei ride di gusto e nessuno sa che ogni tanto ci rimane un po’ male: in fondo è bella la sua vita e chissenefrega se le piacciono tanto i cannoli siciliani!
  • Un tale che dice di essere il vero Forrest Gump, mica quello del film. Noi del condominio ci crediamo: gli succedono cose incredibili e ha uno sguardo talmente ingenuo sul mondo che sarebbe difficile dargli un altro nome. L’altro giorno è andato in televisione, dice che lo hanno invitato a un programma insieme a un sacco di gente famosa ma se gli chiedi chi c’era con lui, scambia i nomi e sembra davvero appena atterrato dalla Luna. Vuole correre una mezza maratona, raccoglie fondi per le cose in cui crede, finisce sulle riviste ma non capisce bene come, scrive libri, fa incontri incredibili e si ripete ossessivamente che “stupido è chi lo stupido fa!”. Mi sta molto simpatico, non ha soldi per pagare l’affitto ma – non ditelo in giro – gli ho fatto un contratto d’uso gratuito per il gusto di averlo tra noi.

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Sono pubblici.

Perché correre fa bene a un libero professionista?

Da poco meno di un anno ho iniziato a correre.

L’ho fatto mentre stavo perdendo peso per ritrovare il mio equilibrio, l’ho fatto perché con un corpo in cambiamento avevo bisogno di inserire nel mio nuovo stile di vita un momento tutto per me di sport. Non avevo mai corso in vita mia e dunque ho dovuto imparare, da zero, a farlo in maniera efficace e adeguata al mio corpo e alle mie potenzialità. La corsa si è rivelata un’ottima scuola di vita e ho imparato moltissime cose, anche come professionista. Continua a leggere

Credo nel valore delle storie

Credo nel valore delle storie: ognuno di noi, ogni progetto si porta dietro una storia, anche quando ci sembra di non vederla. A volte ci sembra di avere poche cose da dire, altre pensiamo di averne troppe e che sia impossibile trovare un ordine coerente a tutto quello che abbiamo fatto, ai progetti del passato, alle idee per il futuro.

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La mia anima nera: perché sto riuscendo a dimagrire

Oggi la mia doc. mi ha pesata e con le feste e tutto, sono arrivata a 17 chili persi.

Diciassette.

Lei era contenta, io di più.

La cosa bella è che mi sta aumentando la massa magra e quella muscolare, che i centimetri persi in vita sono un numero importante e che mi sento davvero soddisfatta di me.

Mi sono resa conto che quella che sto facendo non è propriamente una dieta ma una “muta”.

Sto mutando e non tanto fuori, anche se è quello che si vede di più, quanto dentro.

Durante le vacanze di Natale non ho fatto sacrifici inaffrontabili.

Il 25 dicembre ho mangiato le lasagne, che se non mangiavo le lasagne mia suocera probabilmente mi avrebbe tolto il saluto e ho mangiato anche i tortellini, che sono bolognese, mica pizza e fichi.

Ci sono stati anche incontri con gli amici, una pizza, qualche cena in montagna e un piatto viennese, nelle ultime settimane.

Ma ci sono stati anche i chilometri macinati avanti e indietro per il portico di San Luca (la mia palestra naturale), i dolci a cui ho rinunciato, i carboidrati quasi azzerati (se non nelle occasioni speciali) e una grande attenzione alla qualità del cibo che ho ingerito.

Quando ho deciso di mettermi seriamente a dieta l’ho fatto in un modo nuovo rispetto al passato: mi sono presa da parte e ho iniziato con la mia anima nera e golosa un bel discorsetto a tu per tu. Un discorsetto spietato. Niente scuse. Mi sono messa al muro.

La mia anima nera mi diceva che non era così grave che fossi grassa, sono una donna forte, riesco comunque a fare un sacco di cose. Poi non è mica vero che l’asma dipende anche dal peso e per le malattie della pelle, cosa ci posso fare se soffro di una malattia immunitaria?

Io ho cercato di farla ragionare.

Implacabile come solo uno scorpione sa essere.

Col cazzo che non c’entra il peso, ti sei guardata – le ho detto – mentre sali le 2 rampe di scale per arrivare al tuo appartamento?

Hai quarantanni e ansimi come se ne avessi ottanta!

Poi scusami, non senti che la pancia ti si gonfia di continuo e spesso, quando mangi tutte quelle schifezze che tu chiami “beni di conforto”, ti viene perfino il mal di testa?

Lei all’inizio ha tentato di rispondere con un “Ma cosa vuoi che sia una merendina mentre lavoro!” ma io non mi sono fatta prendere per il naso.

Le ho detto chiaramente che avanti così non ci potevamo andare, che io voglio salire sul letto del camper senza sembrare una balena che si sta spiaggiando, che la sedia sfondata quest’estate, a Montombraro, non era mica difettosa lei e che le persone grasse – lo dicono le statistiche, mica io – vivono decisamente meno a lungo.

Le ho detto anche che mi dispiace, ma non la trovavo così carina con il triplo mento da arrotolare e un giro vita da mongolfiera.

Spietata. Spietata. Sono stata spietata.

Quando la mia anima nera ha cominciato a fare tremare uno dei suoi menti e una lacrima è scesa sulla sua florida guancia, sebbene mi stesse anche un po’ impietosendo, non ho rinunciato a ricordarle (ma con uno strategico Pat! Pat! battuto sulla spalla) che di tutti quei chili lei non aveva mica più bisogno.

Che dai su, si diventa grandi, ciò che ci ha fatto soffrire – magari quando eravamo poco più che adolescenti – ormai è lontanissimo nel tempo, che questa è la nostra vita e compiangerci non è da noi e che, insomma, non è mica una bella cosa se tua figlia di 7 anni ti dice che ti vuole bene ANCHE SE sei molto grassa…

[Che poi io concordo con la mia anima nera che l’aspetto fisico non fa il monaco, ma è pur vero che cominciamo ad avere una certa età, lei ed io, e vorrei arrivare almeno ai 70. Rincoglionita. Ma in salute.]

Dopo una lunga discussione, intervallata dai suoi singhiozzi rumorosi e da un attacco d’asma da “Scommetti che se perdi qualche chilo andrà meglio?”, abbiamo raggiunto insieme una conclusione e cioè che era giunto il momento di iniziarla questa benedetta muta e che noi due siamo toste, inutile pensare che l’obiettivo fosse irraggiungibile!

Adesso l’anima nera ed io siamo tornate amiche. Lei tenta continuamente di convincermi che un pezzo di cioccolata non è il peggiore dei mali, io le sbuccio un kiwi, lei mi dice “Non è la stessa cosa, stai tentando di fottermi!” ma io la ignoro e si vive una meraviglia, insieme.

L’anima nera ogni tanto si abbatte: le sembra che la strada sia sempre in salita, mi ricorda che una cicciona rimarrà una cicciona per sempre, che forse non ne vale la pena. Fa bene a ricordarmelo, ora la ascolto quando mi dice queste cose, che se c’è una sacrosanta verità è che io sono una tossica (ex tossica) di cibo e un tossico di cibo lo rimarrà per sempre, quindi dovrà sempre stare in allerta.

Il portico di San Luca e i suoi scalini mi vengono in aiuto.

L’anima nera ed io li saliamo con voracità, come fossero un pezzo di torta alla nutella. Un gradino alla volta. Quando sentiamo la fatica, l’anima nera ed io spegniamo l’interruttore, mettiamo la musica a palla e ci concentriamo sui muscoli, sul fiato, sui chili che sudano via.

Non guardo mai la fine della salita. Preferisco guardare il gradino successivo e basta. Così arrivo alla fine.

L’anima nera ed io ci siamo provate un paio di pantaloni acquistati un anno fa. Sono belli ma non stanno mica più su. Ci guardiamo allo specchio, ci mettiamo le creme, pieghiamo il collo in avanti e non troviamo più il mento 2 e il mento 3.

Non abbiamo più attacchi d’asma. Solo delle volte, ma perché stiamo a contatto con qualcosa che ci fa davvero male.

Saliamo le scale che è una meraviglia. Delle volte ci viene voglia di arrivare fino all’ultimo piano e non fosse che temiamo che qualche vicino chiami la Neuro, lo avremmo anche fatto.

Ci vogliamo bene l’anima nera ed io. Più bene che un anno fa. Ci ascoltiamo. Non facciamo finta che il mondo sia un posto meraviglioso dove a noi non può succedere nulla, qualunque scelta facciamo.

Stiamo mutando. Insieme. Rimarremo insieme per sempre, cosa che fino a poco tempo fa ci risultava incredibile. Mi ero sempre detta che lei prima o poi se ne sarebbe andata, mi avrebbe abbandonata e avrei vissuto felice e contenta.

Mentre, come in tutte le relazioni, bisogna accettare gli alti e bassi, prendere il proprio partner per quello che è, accettando i suoi difetti, accompagnandolo nei cambiamenti.

E – paradossalmente – è proprio il fatto di sapere che non ci lasceremo mai, che lei rimarrà per tutta la vita con me, che mi sta dando la forza, la certezza che ce la faremo.

Insieme.

Il divorzio con le anime nere, miei cari, non è contemplato. Bisogna solo imparare a volere loro bene.

in memoria di Antonio Tabucchi

La chiave del quadro sta nella figura di fondo, è un gioco del rovescio. Forse sei troppo giovane per capire, alla tua età io non avrei capito, non avrei immaginato che la vita fosse come un gioco che giocavo nella mia infanzia a Buenos Aires, Pessoa è un genio perché ha capito che il risvolto delle cose, del reale e dell’Immaginario, la sua poesia è un juego del revés. Una persona è alla stessa finestra della sua infanzia, ma non è più la stessa persona e non è più la stessa finestra, perché il tempo cambia uomini e cose. La vita è un appuntamento, lo so di dire una banalità Monsieur, solo che noi non sappiamo mai il quando, il chi, il come e il dove. Un appuntamento e un viaggio, e poi nel grande viaggio si fanno dei viaggi, sono i nostri piccoli percorsi insignificanti sulla crosta di questo pianeta che a sua volta viaggia, ma verso dove?

E’ tutto un rebus.

E poi sai com’è la vita, è come una tessitura, tutti i fili si intrecciano, è questo che un giorno vorrei capire, vorrei vedere tutto il disegno.

[ Antonio Tabucchi, “Il gioco del rovescio”  tratto da vari racconti, non in ordine sequenziale]

Caro Tonino, così ti chiamavo nella mia intimità di lettrice e poi di laureanda, quando scrivevo la mia tesi sul fantastico e il doppio in Antonio Tabucchi. Tutti a dire ecco fai la tesi su Sostiene Pereira e io no, Tabucchi non è solo Sostiene Pereira, Tabucchi è un genio che sa tessere fili di letteratura, li fa rispecchiare, ha un retroterra culturale fatto di Pessoa, Pirandello, Fantastico, Cortazar e tante altre cose, non limitatevi a leggere Sostiene Pereira che è bello, ma non per quello, non solo per quello va ricordato Tabucchi.

Tabucchi è una persona che in ogni cosa che scrive ci mette dentro anche impegno civile e insieme ti fa venire il desiderio di leggere altro, ti mette dentro dubbi e non risposte, che la letteratura non deve dare risposte ma far venire voglia di cercare ancora.

E’ un rebus come la vita e come la politica, la letteratura.

E tu caro Tonino mi hai accompagnato nella mia crescita di persona e di lettrice e anche  – un po’ – di scribacchina. Tu Tonino mi hai insegnato a credere in me, nei miei sogni, che potevo fare la tesi che mi piaceva e che forse, anche su di te, che mi eri stato tanto vicino con i tuoi libri, nei momenti più oscuri della mia esistenza, potevo non scrivere banalità.

Ti ricordi la mia gioia quando scoprii il rovescio dell’estate di Sereni? Allora mi sentivo così felice, nessuno ne aveva mai scritto del vostro rapporto culturale, potevo farlo io, povera studentessa di Bologna. Quando sono venuta a Pordenone per conoscerti, caro Tonino, ero così emozionata che mi tremava la voce, ti ho fatto una domanda scema e mi sembrava solo di sentire tremare la mia voce. E quando, a Modena, ti ho consegnato la mia tesi?

Mi sembrava che la mia vita, così complicata, così abortita in tante parti di progetti, in quel momento fosse come a un riscatto: io mi stavo laureando, malgrado tutto mi stavo laureando e tu stringevi tra le mani la mia tesi.

“Le scriverò per dirle come mi è sembrata” mi dicesti e io ho cominciato ad aspettare, nella speranza di poter inserire la tua lettera in calce al mio lavoro, nel giorno della mia laurea. La tua lettera invece è arrivata una settimana dopo, in un pacco, con il tuo ultimo libro.

E non era una lettera battuta al computer, era una lettera scritta a mano, dove mi spiegavi cosa ti era piaciuto della mia tesi. Io, allora, stringendo tra le mani le tue parole ho pensato: “Ecco, adesso mi laureo veramente!”. Il giorno dopo sarei partita per la mia nuova vita milanese. Il giorno dopo sarebbe iniziato un altro giro, a un Master dove mi avevano accettata perché – pazza come un cavallo – avevo trasformato in html il tuo racconto Il gioco del rovescio, partendo dal quadro Las Meninas di Velasquez.

Caro Tonino, tu ieri te ne sei andato e lasci dentro di me un vuoto e un pieno. Il vuoto di non saperti più nel mondo, proprio ora che il nostro Paese, più che mai, avrebbe bisogno di persone come te. Lasci il pieno delle tue parole, dei tuoi saggi, delle tue traduzioni, dell’amore per la vita e per i dubbi che ci hai lasciato in eredità.

Scrivo e piango, piango e scrivo. Avrei voluto dedicarti qualcosa di più, ma tra le lacrime sfuoca la vista e io faccio fatica a stare dietro alle emozioni.

Con te muore un pezzettino di me. Con te è nata una fondamenta di me.

Alla memoria di Antonio Tabucchi.

Per approfondimenti:

Sulla creatività

la mappa della creatività

Sul Panzaldone raccolgo link, segnalazioni e idee sulla creatività.

#creatività

Francesca Sanzo e Daniele Dall’omo

Da un reading