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La scossa, il cambiamento. Una storia di terremoto e scelta

Voglio ricordare quel maggio di 2 anni fa che ha cambiato tanto la nostra Emilia con questa storia. Voglio ricordare i tanti amici (alcuni dei quali conosciuti solo per telefono) di Cavezzo, San Prospero, San Felice sul Panaro e di tutti gli altri paesi colpiti da quel sisma attraverso questo video girato da Andrea Cardoni che racconta la storia di Rachele.

Rachele che ha agito il cambiamento: la scossa le ha distrutto la casa ma non lo spirito di iniziativa e la voglia di mettersi in gioco e provare a fare quello che voleva.

Perché OGNI cosa ci cambia e a volte dobbiamo attraversare traumi, ma possiamo scegliere il MODO in cui farlo. Un bellissimo insegnamento, una storia che vi invito a guardare.

Grazie Andrea per avermela segnalata!

20 maggio 2013: un anno dopo

Stavo dormendo. A un certo punto ho sentito il letto che si spostava. Stavo sognando e per un attimo ho pensato che succedesse solo nel mio sogno. Poi ho sentito Tino che con la voce alterata dal sonno urlava alla gatta di smettere. Mi sono svegliata di soprassalto. Tremava ancora. Anche Tino si è alzato. La gatta era già scappata a nascondersi. Ci siamo diretti di corsa in salotto. Il lampadario ballava. Ho detto “Il terremoto!” ed era già tutto finito. Ho guardato mia figlia, nella sua stanza. Dormiva. Avevo il cuore che batteva forte. Tino ha detto accendiamo la televisione. La televisione trasmetteva programmi notturni. Abbiamo guardato l’orologio, erano le tre. Ho aperto l’IPAD, ho aperto Twitter e su Twitter molte persone erano sveglie. Come me. Era stato il terremoto. Era domenica. Man mano che le informazioni si rincorrevano, che leggevamo tweet di altre persone, in provincia di Modena, a Ferrara, dalla nostra città, cominciavamo a capire cosa stava succedendo.

Non avevamo paura. Non ancora. Forse è un caso isolato.

Poi al pomeriggio la terra ha ripreso a tremare, ma più piano. Ogni scossa io guardavo il lampadario. Qualcosa si stringeva nella gola, ma ci avevano detto che l’epicentro era nelle campagne tra Modena e Ferrara e quel nodo era un misto di sollievo e di angoscia per quelli che abitavano lì. Anche per tanti amici o conoscenti.

Si fermerà bene, pensavamo tutti, a scuola ci hanno insegnato che viviamo in una regione sicura, dove i terremoti non arrivano. Eppure, nel giro di un lampo abbiamo preparato uno zaino con qualche cosa dentro, i vicini quella notte erano scesi in strada, noi no, ma abbiamo una bambina. Occorre che stiamo pronti.

Lo zaino è rimasto in corridoio: un caricabatterie, l’ipad, il pigiama e un cambio per frollina, un cambio per noi. Una coperta, anche. Le chiavi della macchina.

Nei giorni successivi tutto sembrava essersi calmato: ogni alito di vento ci faceva sussultare, c’era qualche scossa che – dicevano- era di assestamento. Si cominciavano a contare i danni nell’Emilia colpita al cuore, si cominciavano a sentire le storie.

Io mi sentivo in colpa. La colpa di essere scampati, il sollievo di essere scampati. Avevamo individuato il muro portante di casa e spiegato a nostra figlia che se sentiva tremare doveva mettersi lì sotto, ascoltare mamma e papà e non preoccuparsi, che tutto sarebbe andato bene.

Una settimana dopo, che c’era stata un’altra scossa più debole, allora ci eravamo messi sotto la porta insieme, Frollina stretta a me, che cercavo di rimanere calma. Poi eravamo andati al parco.

Il 29 maggio eravamo tutti più tranquilli. Così la sera prima Frollina era voluta andare a dormire dai nonni, le avevamo detto di si. Eravamo anche usciti. Al mattino ero in cucina. Tino si doveva ancora svegliare, un bel sole filtrava in cucina. Sembra più bella la nostra cucina, quando al mattino, specie di maggio, filtra il sole dal grande albero davanti alla finestra.

Stavo avvitando la macchinetta per metterla sul fuoco quando ho sentito come una specie di boato, un rumore che non avevo mai sentito prima. Ero scalza e ho avuto come l’impressione che il pavimento di piastrelle mi inghiottisse. La casa, d’un tratto, mi è sembrata tanto poco sicura!

Ho urlato, sono corsa in camera da Tino. Mi ha telefonato mia mamma. Poi ho pensato a mia figlia. Cinque minuti. Erano passati solo cinque minuti da quella scossa, che era forte ma diversa da quella del 20 maggio. Dobbiamo andare a scuola, a vedere se silvia è arrivata, che era coi nonni. Chiamiamo i tuoi Tino, voglio sapere se va tutto bene. I telefoni non funzionavano, era tutto muto. Siamo scesi in strada, volevo solo andare alla scuola materna di mia figlia, sapere se andava tutto bene. Per strada la gente era molto scossa, tutti fuori dalle case, tutti fuori dagli uffici. Chi aveva un telefono lo teneva in mano, ma il telefono non funzionava, per un po’ non ha funzionato nemmeno la Rete.

A scuola non siamo entrati. C’era un gruppo di genitori di fianco alla rete del cortile, guardavano tutti i bambini. C’era anche Frollina, correva e si divertiva con i suoi amici. Le maestre avevano trasferito tutti i tavoli fuori, ci hanno detto che avrebbero passato la giornata in giardino, di stare pronti, che se arrivava un’altra scossa chiudevano tutto, di andare a prendere i bambini, ma per il momento erano sicuri.

A piano terra.

Sono tornata a casa. A mezzogiorno ho deciso di andare a prendere Frollina al parco. Non riuscivo a lavorare, pensavo poco. Avevo cominciato a fare questa cosa di pubblicare annunci di persone che mettevano a disposizione camper e roulotte per gli sfollati, ogni 5 minuti mi chiamava qualcuno da Cavezzo, Mirandola, San Possidonio, San Felice sul Panaro. Per sapere se avevo notizie di un mezzo adatto alla sua famiglia. Avevo fatto un file. Come avrei fatto per un lavoro. Con numeri, marche, modelli, disponibilità, situazioni. Non sapevo se stavo facendo bene, ma ormai non potevo sottrarmi, la voce si era diffusa e le telefonate si moltiplicavano.

Verso l’una ero in casa da sola. Stavo raccogliendo le cose per passare la giornata al parco. Volevo solo stare in un posto all’aperto. Possibilmente con mia figlia, con il mio compagno. Su Twitter dicevano che le scuole, dal giorno dopo, sarebbero state chiuse per sicurezza.

Quando è arrivata la scossa dell’una, ho sentito tintinnare i giochi di frollina in camera, le porte si muovevano, i lampadari ballavano. Ho detto rimani calma, stai calma. Mi si è asciugata la gola. Ho pensato adesso muoio, adesso crolla tutto. Non voglio morire qui, da sola. Lontana da mia figlia e da chi amo. Ho afferrato lo zaino e ho fatto l’unica cosa che non avrei dovuto fare: ho cominciato a correre giù per le scale del palazzo. Avevo la nausea, mi sembrava che tutto intorno a me crollasse, tenevo stretto in una mano il macchinino dell’asma, perché sentivo il fiato corto arrivare, il rantolo stava prendendo il sopravvento sui pensieri, su tutto.

In strada c’era una mia vicina dell’ultimo piano. Una studentessa. Non so perché, ma vederla mi ha messo una gran gioia. L’ho abbracciata. Mi sono ricomposta. Sono corsa a scuola. Per strada c’erano molte persone. Alcune ridevano di un riso isterico, altre piangevano. Una – non me la dimenticherò mai, una signora velata – diceva questa è la fine del mondo, così vuole dio.

Sono andata alla Materna. Le maestre erano molto provate. Mi hanno detto che avevano visto tremare il palazzone davanti. Un colosso di 8 piani. Mi hanno detto prendi silvia e portarla al parco. Ho detto datemi anche questa e quel bambino, chiamo le mamme, li porto al parco.

Siamo usciti: loro erano divertiti, c’era questa atmosfera surreale, poi con l’afa e il caldo tutto era avvolto in una strana cappa onirica.

Siamo stati al parco, in tanti, c’erano anziane che si erano portate le sedie, c’erano giovani con i libri, c’erano tantissimi bambini. Ci siamo messi sotto a un albero. Una mamma aveva portato le ciliege. Siamo stati lì fino a quando non ha fatto notte. Io cercavo di leggere le notizie da twitter, che in quel momento mi sembrava lo strumento più affidabile.

Quando il 2 giugno siamo stati a Cavezzo e a Rovereto sulla Secchia per aiutare, io quel giorno lì ho capito che tutto quello che avevo sentito non era che un’eco lontana di quello che le persone di quel posto stavano provando.

Per alcuni mesi il mio zaino è rimasto in corridoio. Ho imparato a individuare subito i muri portanti dei palazzi in cui andavo. Mi vergognavo molto della mia paura. Oggi per la prima volta racconto diffusamente quei giorni, per me.

Uno si sente sicuro a casa propria, questa è la mia verità. E il giorno in cui nemmeno a casa propria ci si sente sicuri, è il giorno in cui si deve fare i conti con quel lato della nostra umanità che più ci terrorizza. Forse non avrei dovuto correre sulle scale il 29 maggio 2013.

Forse avrei dovuto rimanere più fredda. Forse avrei dovuto anche rendermi più utile per chi davvero stava male.

Questi sono i dubbi che mi rimangono da un anno. Un anno dopo che la terra in Emilia ha cominciato a tremare.

Aiutiamo i bambini di San Possidonio a tornare a scuola lo stesso giorno degli altri

Il 17 settembre 2012 per gli studenti italiani di qualsiasi ordine e grado ricomincerà l’anno scolastico. Come sapete, nella nostra regione e in particolare dove il Sisma ha fatto terrore, morte e danni, la scuola si è interrotta bruscamente a giugno.

Era il 20 maggio e da allora molti bambini hanno dovuto smettere di frequentarla, molte scuole nella zona dell’epicentro non esistono più o sono inagibili a causa del terremoto.

E’ successo anche a San Possidonio Comune tra i più colpiti.

Qualche giorno fa mi ha telefonato R. che ho conosciuto in quei terribili giorni, ma solo telefonicamente, perché lei e molte persone del suo paese cercavano una roulotte o un camper.

Le scuole di San Possidonio sono inagibili, le scuole temporanee che dovrebbero ospitare le classi non saranno disponibili prima del 15 ottobre 2012:

la scuola però deve ricominciare, ne hanno bisogno i bambini ed è necessario per portare a termine in maniera sensata il programma scolastico, interrotto bruscamente a maggio.

Il Comitato Genitori (C.I.S, Crescere Insieme a San Possidonio) di tutte le scuole pubbliche del paese ha deciso di aiutare i bambini a tornare a scuola come i loro coetanei in Italia e insieme alla Direzione Didattica dell’Istituto Comprensivo S. Neri ha pensato di affittare delle pagode (strutture tipo quelle che si usano durante le fiere) dove ospitare le classi.

Le pagode dovranno essere 8 (1 per ogni classe) di 6×6, chiuse ai lati con tende finestrate.

L’affitto mensile è di 1500 € cadauna, per un totale di circa 12.000 € per un mese di affitto.

Servono anche 6 tavoli e 6 panche (tipo birreria) dove far sedere i ragazzi per ogni tenda (totale 48 tavoli e 48 panche)

Per quanto riguarda le attrezzature, bisogna acquistare anche dei sostituti delle lavagne: l’ideale sarebbero i piedistalli con grandi blocchi di carta che vengono utilizzati durante le riunioni di lavoro: ne servono 8.

Con questo articolo voglio aiutare San Possidonio.

Potete o fare una donazione in denaro per  contribuire alla ricostruzione, oppure potete regalare o prestare (se siete aziende produttrici, associazioni, ecc) queste cose.

Donazioni

Intestazione: Crescere Insieme a San Possidonio
Banca :  Banco Popolare Societa Cooperativa filiale di San Possidonio
Causale: Progetto ” Le scuole di San Possidonio ricominciano da qui”
Codice Iban: IT06 3 05034 66990 000000022500

Sei un’azienda o un’associazione e vuoi mettere a disposizione questi materiali?

Scrivimi a panzallaria73@gmail.com e ti metterò in contatto con i responsabili del Comitato.

Il terremoto non è solo i primi giorni di paura e di notizie sui giornali: gli effetti di questa tragedia avranno ripercussioni lunghe e occorre davvero non dimenticare queste persone, i paesi coinvolti, i bambini a cui è necessario dare di nuovo una normalità sottratta.

E la scuola è una priorità.

Alcune foto scattate da me a Rovereto sulla Secchia a giugno le trovi qui.

[E mentre scrivevo, su Repubblica hanno pubblicato un articolo davvero sconcertante: il Governo avrebbe deciso di togliere la sospensione del pagamento delle tasse – tra cui IMU – a chi ha perso la casa per il terremoto. La casa non c’è più ma loro dovranno pagare lo stesso.]

1 mese e 1 giorno di storie. Non abbandoniamoli

1 mese e 1 giorno dal giorno più lungo.

Ormai mi sono abituata alle telefonate da numeri che non conosco, al fatto che il mio numero sta circolando per tutta la Bassa. Quello a cui ancora non riesco ad abituarmi, per il quale ogni volta che metto giù devo estraniarmi per non crollare emotivamente, sono le storie.

C’è D. che mi telefona un venerdì, mentre sto andando al mare in scooter.

Mi dice che vive vicino a Mirandola e la sua casa è inagibile, tutte le case della sua famiglia sono inagibili e suo padre, che ha 80 anni, dorme in auto da un mese. Si perché non vuole lasciare la terra, la casa che gli dovranno tirare giù e teme che se si allontana qualcuno gli rubi qualcosa, i campi vadano in malora.

Mi dice che mi ha contattato per una roulotte per lui, che D. si arrangia, ma suo padre, suo padre ha 80 anni e dormire in auto con 40 gradi e tutto quello che comporta, comincia a diventare difficile.

C’è F. che mi cerca di nuovo. La persona che gli ha prestato la roulotte, per la quale già ci eravamo sentite, ora ne ha bisogno per le vacanze e lei mi chiede se ho qualche altro nominativo da passarle. F. ha 55 anni e la sua casa la fanno sempre vedere alla televisione. Ciò che resta della sua casa nel centro di Cavezzo. Perché il palazzo non esiste più.

F. ha una figlia che ha una figlia. La figlia della figlia ha 4 mesi. Sono tutti senza un tetto sulla testa. Dice poi F. che a lei adesso gli appartamenti fanno paura. Preferisce una roulotte, almeno per un po’, almeno fino a quando la testa non si convince che la terra non può ricominciare a tremare.

Lei lavorava come interinale in una delle aziende del biomedicale che hanno dovuto chiudere perché i capannoni si sono lesionati. Il suo contratto scade oggi, ma è fiduciosa F., perché l’azienda dove lavora come interinale vorrebbe riprendere tutti e sta lavorando per riaprire nei prossimi giorni. E’ l’unica che lavora in famiglia F.

Dice che lei è fortunatissima per questa cosa. Dice F.

Però ha bisogno di una roulotte. Dice che quella che gli hanno prestato era fantastica, anche perché riuscivano a essere autonomi con l’acqua e il gas. Dice che adesso questo è un problema, non gli hanno dato gli attacchi, dice che se non sei nei campi ufficiali è difficile avere l’attacco per acqua e luce e con la bambina, insomma, sarebbe meglio.

Ci sono i parenti della mia amica che domenica scorsa, da La Motta, sono venuti a trovare l’anziana nonna sfollata a Montombraro, ospite del padre della mia amica. Per ringraziarlo hanno portato frutta di stagione raccolta nei loro campi, hanno portato anche i maccheroni al pettine fatti in casa e una ciambella soffice come un cuscino.

Hanno fatto tutto tra un container e la casa inagibile. In mezzo alla loro terra.

Io ho mangiato con loro ed è stata una gran festa, si è parlato di terremoto ma anche di cose belle, case, palazzi, chiese che ora non ci sono più. Mi hanno raccontato dell’argine e di un ponte che collegava La Motta a Rovereto sul Secchia e del cippo dei partigiani, che c’è sopra anche il nome di un loro parente.

Queste persone, tutte queste persone, ognuna di loro ha una storia.

A volte temo che tutte queste storie rimangano inascoltate, specialmente da chi dovrebbe dare una mano – concretamente – a queste persone. E’ vero che noi emiliani teniamo botta, siamo operosi, imprenditori di noi stesse e tutte quelle cose belle che dice la Tv, ma questo non deve diventare una SCUSA perché lo Stato si dimentichi di queste persone, delle loro necessità, delle difficoltà economiche di chi – oltre al terremoto – sta scontando anche la crisi.

E se sapete di qualcuno che presta o regala roulotte, scrivetemi per favore, lo metterò volentieri in contatto con una di queste storie.

E GRAZIE per quello che fate.

Cose belle in Emilia, alla faccia della terra che trema

Io mi sono commossa.

Un grazie speciale a Lia e Gianni anche da parte mia. Con il cuore.

Grazie a quanti mi hanno scritto per segnalare roulotte e camper disponibili – in cambio di niente. Grazie a queste segnalazioni, si sono creati (oltre a questo) altri 2 contatti tra persone che hanno prestato roulotte e camper e persone che vivono in zone terremotate, con problemi seri in maniera differente.

L’Emilia sta attraversando un momento molto difficile e chi – come la sottoscritta – la ama molto, intravede in questi grandi gesti di solidarietà tra persone, una speranza. E non solo per l’Emilia.

Vi lascio con le parole di Maura.

Sembra la foto di una bella vacanza fuori porta?
Ringraziamo davvero tutti.
Chi ha usato le proprie conoscenze per diffondere la voce e sopratutto Lia e Gianni che senza conoscerci ci hanno affidato una cosa loro. Noi per un poco soggiorniamo qui. Meglio che in una casa che trema soprattutto se hai una piccola come quella della foto.
E ringraziamo dal midollo perché non e’ da tutti, penso che gesti come questo inneschino la vera possibilità’ di ragionare dell’altro in modo diverso.
Ancora un abbraccio e un ringraziamento.
Maura, Luca e Amaranta