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Francesca Sanzo al Multiplo di Cavriago

Per un buon uso di Internet

Incontro per genitori, insegnanti e ragazzi su web e social media con Francesca Sanzo, consulente in comunicazione digitale

Un appuntamento per diffondere educazione digitale e imparare a usare in modo consapevole il web e i social media e gestire al meglio il proprio profilo digitale. Un dialogo tra generazioni sui pericoli e vantaggi del web, Parental Control, profili on line, Facebook e altri social.

Contribuisci a scrivere un decalogo per l’uso di web e social media in famiglia

Il 7 e 8 maggio 2014, alle 17, sono previsti gli ultimi due incontri del Laboratorio 1 di Generazioni Internet, finalizzato a co-costruire un patto intergenerazionale per l’uso consapevole e efficace di Web attraverso Tablet e Smartphone. Continua a leggere

Genitori e figli, in tandem per decidere insieme le regole per l’uso dello smartphone e dei social media

Si chiama Generazioni Internet ed è un’idea che mi cresceva nella testa da un po’.

Poi l’anno scorso è arrivato il Bando Agenda Digitale del Comune di Bologna (#agendadigitaleBo) e insieme a Studio Lost abbiamo pensato di strutturarla e proporla.

E’ accaduto che la nostra idea è piaciuta e così grazie al sostegno di #agendadigitaleBo ora possiamo realizzare il primo laboratorio!

Di cosa si tratta?

Un laboratorio per adulti e adolescenti insieme (l’idea è coinvolgere persone dello stesso nucleo familiare) per co-creare regole condivise efficaci per l’uso di web e social media attraverso computer, tablet e smartphone e farle confluire in un Decalogo per l’uso di Internet, Tablet e Smartphone in famiglia che sarà pubblicato sul sito in licenza CC e reso disponibile perché possa evolversi ed essere adattato alle esigenze delle famiglie che vorranno usarlo.

Quando?

Il laboratorio parte il 6 marzo 2014, dalle 17 alle 19. Le lezioni sono 8 e questi sono i temi:

  • Il mio profilo online (privacy, diffusione dati e foto, gestione delle relazioni) sui social media
  • Uso del web per informarsi e coltivare le proprie passioni
  • Gestione del tempo online e offline
  • Cyberbullismo e legalità
  • Laboratorio di dialogo: aspettative/desideri reciproci nell’uso del Web • Co-creiamo un manifesto di regole condivise

Quanto costa?

Grazie al sostegno di Agenda Digitale, il corso è GRATUITO con un piccolo rimborso per la distribuzione dei materiali di 20 € a persona.

Come ci si iscrive?

Ci si iscrive online qui

 

#giocodisquadra a Castelnuovo Rangone: no digital divide intergenerazionale

Grazie alla collaborazione con Modena Bimbi sabato 16 novembre porterò il mio progetto Gioco di squadra a Castelnuovo Rangone: l’incontro è aperto a tutti ma si rivolge in particolare a genitori, insegnanti e educatori per un accompagnamento consapevole a web e social media di adolescenti e pre adolescenti.

Quali sono gli obiettivi di Gioco di squadra?

La riduzione del DIGITAL DIVIDE generazionale e l’accompagnamento a un buon uso del web e dei Social Media (Facebook, Twitter, messaggistica) da parte dei ragazzi sono gli obiettivi di questo progetto.

I giovani devono entrare in Rete sapendo che hanno alle spalle una squadra affiatata e in grado di supportarli: quando un adolescente comincia a usare il web e i Social Media (Facebook, Twitter, messaggistica) in autonomia, i suoi genitori devono conoscere gli strumenti, i pericoli ma anche i VANTAGGI di un uso consapevole della Rete.

L’incontro si terrà presso la Sala delle Mura, via della Conciliazione, Castelnuovo Rangone (Mo)  dalle 9 alle 13.

E’ consigliata l’iscrizione scrivendo a eventi@modenabimbi.it

Vi aspetto!

 

Genitori e adolescenti: fare Rete insieme

Il 37,2% della popolazione italiana non si è mai connessa ad Internet. Un dato che fa riflettere se accompagnato da quello che in Europa:

gli italiani detengono la più alta frequenza di accesso (oltre il 91% accede regolarmente ogni giorno, mentre la media europea è del 79%)” e in cui le classi di età che più hanno usato internet nell’ultimo anno sono quelle comprese tra i 15 e i 19 anni.

[fonte Orizzonte Scuola da  Agcom]

Il 71% delle connessioni nel nostro paese avviene in famiglie con un minorenne.

Dati del genere sembrano indicare un trend: il divario digitale tra adulti e adolescenti è più alto che in altri Paesi ma l’uso delle tecnologie da parte di chi le ha introiettate è massiccio.

Nel mio lavoro di formatrice ho constatato un cambio di rotta, negli ultimi 2 anni: sempre più adulti vogliono capire cosa e come i propri figli usano i device (lo smartphone prima di tutto) e come stanno online. I sentimenti dei genitori nei confronti della presenza online dei figli sono contrastanti e senza mezze misure, si passa da una vera e propria paura che il web possa costituire un pericolo (prima di tutto per le frequentazioni, ma anche per il tempo che i figli passano online) a una sostanziale estraneità rispetto al fenomeno. Molti ragazzi, in particolare preadolescenti, accedono alla Rete e ai Social Network presto, con l’avvallo dei genitori e non devono seguire nessuna regola familiare per l’utilizzo degli smartphone, dei tablet e dei Social Network.

Conosco persone che hanno deciso di aiutare il proprio figlio ad aprirsi un profilo su Facebook, prima dei 13 anni, età in cui la policy della piattaforma permette l’iscrizione. Dichiarano di monitorare l’uso che il figlio fa della propria bacheca e i contatti, ma di fatto ne hanno avvallato una prima e apparentemente innocua “infrazione”, perché la data di nascita dichiarata è diversa da quella reale.

Ci sono poi i genitori che ammettono di non avere un buon rapporto con le tecnologie e in particolare con Internet, si sentono decisamente meno esperti dei propri figli e hanno deciso di lasciare loro carta bianca.

Quando, durante uno dei miei corsi, chiedo agli adulti se hanno dato regole d’uso ai ragazzi, molti si giustificano dicendo che non sapendone nulla, non si sentono adeguati a dare regole e che comunque, proprio perché l’accesso a internet è dislocato tra molti dispositivi, per lo più mobili, pensano che sia impossibile darne di efficaci.

Non sono così convinta che i nativi digitali ne sappiano più di noi in toto. Sono naturalmente predisposti ai veloci cambiamenti tecnologici e d’uso, sono propensi a provare e a sperimentare piattaforme e tecnologie molto più rapidamente, ma l’aspetto tecnologico, nell’uso della Rete c’entra solo fino a un certo punto.

Oggi il web, grazie ai Social Media, è uno strumento prevalentemente relazionale e identitario insieme.

Può diventare un’occasione creativa per i nostri figli e anche per noi, così come ugualmente può trasformarsi in un’enorme perdita di tempo.

Credo che il salto culturale che la mia generazione (e quelle prima di me) deve fare è pensare alla Rete come a uno strumento ATTIVO: non è la televisione, non basta dire che va usata con moderazione, bisogna imparare a usarla bene perché può trasformarsi in un’opportunità.

In quest’ottica, prima di invocare un uso positivo della Rete da parte dei nostri figli, dobbiamo essere noi i primi a trovare la giusta via.

Capire che il web (anche quello sociale) non è fatto solo di gattini o petizioni su Facebook, ma anche di strumenti di condivisione di saperi e messa in circolo di creatività. Imparare a discernere tra il significato di “amicizia” per come viene inteso sui social network e il significato più profondo della relazione con gli altri.

Siamo nell’era della narrazione collettiva, imparare a usare strumenti efficaci per narrare progetti, idee, professioni potrebbe essere un buon modo per appropriarci di un modo, nostro, di usare la Rete e per condividere con i nostri figli quello che impariamo, impararlo insieme e grazie a loro.

Ci sto pensando da molto tempo, credo che solo in una co-creazione di idee, progetti, contenuti tra le generazioni, si possa invertire un trend che blocca l’innovazione umana e sociale del Paese, innovazione che non passa solo dal digitale ma che non può certamente prescinderne.

A Bologna il tour Navigare sicuri: si parlerà di sexting il 10 aprile 2013. Info per iscrizioni

Il 10 aprile 2013 arriva a Bologna il tour di Navigare Sicuri di Telecom Italia. Il progetto – ormai attivo da qualche anno – ha l’obiettivo di sensibilizzare famiglie, bambini e adolescenti a un uso corretto e consapevole attraverso incontri, come questo, video e risorse online.

Il 10 aprile 2013  dalle 11 alle 13 si parlerà di uno dei problemi emergenti legati all’uso della Rete e dei Social Network, ovvero il sexting.

Con sexting si individua quel fenomeno per il quale si condividono foto e immagini a sfondo sessuale. Wikipedia ne da una buona definizione:

Il sexting, divenuto una vera e propria moda fra i giovani, consiste principalmente nello scambio di foto e video a sfondo sessuale, spesso realizzate con il cellulare, o nella pubblicazione tramite via telematica, come chatsocial network e internet in generale, oppure nell’invio di sempliciMMS[4][5]. Tali immagini, anche se inviate a una stretta cerchia di persone, spesso si diffondono in modo incontrollabile e possono creare seri problemi alla persona ritratta nei supporti foto e video.

Gli ospiti all’incontro saranno, oltre la sottoscritta (farò un breve intervento trasversale, legato alla mia esperienza professionale e di mamma):

L’incontro si terrà presso la scuola media Irnerio, in via Finelli 2 a Bologna ed è completamente gratuito.

Se volete partecipare, potete scrivermi in modo che possa riservare alcuni posti ai lettori di questo blog.

Spero di incontrarvi in tanti; l’occasione è propizia per accogliere le domande di quanti vogliono approfondire questa tematica!

Dettagli

10 aprile 2013 (ore 11-13)

Scuola Irnerio, via Finelli 2 Bologna

 

 

L’importanza di stare accanto ai nostri figli quando usano web e social media

Da un paio d’anni mi capita spesso di tenere corsi o laboratori per genitori, insegnanti e adolescenti sull’uso consapevole della Rete e dei Social Media. Nel tempo l’interesse verso questi temi è – giustamente – aumentato. Le scuole cominciano a sentire il tic tac incessante di un “orologio biologico” che preme: la forbice tra il modello di sapere che abbiamo tramandato per generazioni e un nuovo approccio alle cose di chi cresce oggi si sta decisamente allargando.  E’ di pochi giorni fa l’ultimo rapporto OCSE  su tecnologia e scuola e ci dice che

il Piano per digitalizzare le scuole avanza troppo lentamente. Solo 6 pc ogni 100 studenti. 15 anni di gap con la Gran Bretagna

Il Gap non è solo strumentale ma anche culturale: secondo Eu Kids Online i genitori italiani sono poco consapevoli dei rischi che corrono i propri figli in rete senza una guida e regole chiare.

Siamo il popolo degli smartphone e dei tablet [10 Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione]:

I telefoni cellulari sono ormai utilizzati dall’81,8 per cento della popolazione italiana, con un numero di utenti che è cresciuto del 2,3 per cento, anche grazie agli smartphone (+10 per cento in un solo anno), la cui diffusione è passata tra il 2009 e il 2012 dal 15 per cento al 27,7 della popolazione. Il rapporto sottolinea inoltre che gli smartphone si trovano tra le mani di più della metà dei giovani (54,8 per cento), i quali utilizzano anche i tablet (13,1 per cento) più della media della popolazione (7,8 per cento).

Eppure non abbiamo ancora chiaro in che modo affiancare i nostri figli per accompagnarli a un uso consapevole (e proficuo) della Rete.

Durante gli incontri con i genitori e gli insegnanti, quello che mi preme sempre, oltre a analizzare i rischi connessi (cyberbullismo, sexting, dipendenza, ecc), è parlare di quelle che sono le opportunità offerte da un buon uso della Rete: sono convinta che se sia noi che i nostri figli riescono a  individuare obiettivi creativi, di cittadinanza, di formazione partecipata, si disinnescano molte mine.

In Rete prima ancora di navigare dobbiamo imparare a nuotare per stare a galla, convivere con un rumore di fondo spesso assordante, selezionare le informazioni e prenderci cura del nostro profilo digitale perché cresca e prosperi a lungo.  La cultura digitale, così come l’ha definita Henry Jenkins in Culture partecipative e competenze digitali, Media Education per il XXI secolo, Guerini Studio, 2010 è:

un termine che taglia trasversalmente le pratiche educative, i processi creativi, la vita di comunità e la cittadinanza democratica. Il nostro obiettivo dovrebbe essere incoraggiare i giovani a sviluppare le competenze, le conoscenze, i quadri etici e l’autostima necessari per partecipare a pieno titolo alla cultura contemporanea

Ecco allora quali sono – a grandi linee – i passaggi importanti da compiere insieme ai propri figli per gettare qualche semino e aiutarli a sviluppare queste competenze:

Profilo digitale

Da un grande potere derivano grandi responsabilità

(cit. Spiderman)

Settiamo le impostazioni di privacy dei social network che frequentiamo, monitoriamo ciclicamente la nostra presenza su Google per capire se siamo consapevoli di quello che gli altri vedono di noi, non facciamo ad altri quello che non vorremmo fosse fatto virtualmente a noi.

Condividiamo saperi

I nostri figli saranno pure degli “smanettoni” in grado di capire subito come funziona un tablet o come si imposta la suoneria dello smartphone, ma noi abbiamo un po’ di saggezza dovuta a esperienza, età e modello culturale “verticale” (siamo più abituati ad approfondire meno cose, mentre loro probabilmente hanno una capacità di saltare da una cosa all’altra 100 volte meglio della nostra). Mettiamo insieme questi ingredienti differenti per ottimizzare il nostro modo di stare in Rete. Loro possono sperimentare gli strumenti, noi possiamo coinvolgerli nello studio critico delle fonti per orientarci un po’ nel mare magnum delle informazioni online e loro veridicità.

Mettiamo delle regole

Il nostro senso di inadeguatezza tecnologica non deve sottrarci al nostro ruolo di genitori e si sa, i genitori sono anche quelli che stabiliscono le regole (di uscita, uso del telefono, uso del motorino, compiti e ANCHE uso del web).

Con l’avvento di tablet e smartphone vale poco la regola di tenere il computer in un luogo centrale e di passaggio della casa: ormai quel vecchio mastodonte serve solo a fare i compiti, non certo a gestire le relazioni online sui social media! Anche tablet e smartphone devono essere soggetti a un patto.

Tempi d’uso: Importante allora sapere che esistono sistemi di parental control per dispositivi mobili che ne consentono l’uso solo per un tempo determinato e che inibiscono certi tipi di navigazione o l’approdo a siti a pagamento, per esempio.

Accordo: Personalmente ho trovato geniale l’idea di una blogger americana che – al momento di regalare lo smartphone al figlio quindicenne – ha redatto un contratto con lui. Sono 18 regole d’uso e relative “sanzioni”

 

Io credo che questi siano alcuni semplici suggerimenti che possono davvero cambiare il nostro modo di vivere un momento fondamentale nella vita dei nostri figli, ovvero quello in cui diventeranno ANCHE dei cittadini digitali (e avverrà prima di quanto non succeda fuori dalla Rete!).

Noi possiamo rimanere in disparte o decidere di vivere con loro questo momento, aiutandoli con quello che abbiamo imparato (e il fatto che ci sentiamo poco alfabetizzati a livello digitale non è necessariamente sminuente, la Rete è prima di tutto un luogo dove esercitare le competenze acquisite nella vita).

Possiamo pensare che non ci riguardi perché ormai per noi i giochi sono fatti e preferiamo di gran lunga leggere un libro che passare il pomeriggio su facebook, oppure possiamo metterci in gioco e scoprire che anche attraverso facebook (tanto per citarne uno) possono succedere delle cose che hanno a che fare con la cittadinanza, con la possibilità di conoscere cose nuove (magari grazie alla Serendipity ) e con la nostra formazione continua, passando attraverso la condivisione.

E’ in atto un cambiamento ed è sotto gli occhi di tutti, per poter partecipare occorre conoscere e oggi per conoscere occorre anche sviluppare un buon livello di cultura digitale.

Per conoscere la mia offerta formativa, ecco il progetto Tessere la Rete con tutti i corsi per genitori, insegnanti, adolescenti e anche aziende. Contattatemi per info

L’assalto all’infanzia del marketing

Come blogger non ho mai accettato di recensire prodotti.

Molte volte me lo hanno proposto ma ho deciso che non voglio farlo, che se qualcuno ha bisogno di me professionalmente, sono disponibile a valutare proposte di collaborazione per digital P.R e professional blogging, ma che i miei blog devono rimanere sostanzialmente liberi da qualsiasi forma di promozione “a comando”.

Parlo di quello che mi piace e di quello che valuto interessante a prescindere.

Lo stesso vale per i comunicati stampa che mi inviano di continuo: valuto sempre – liberamente – se segnalare qualcosa e spesso, se non c’è un link, non lo faccio, perché io sono blogger e non giornalista.

Voglio sentirmi libera di dire quello che penso senza alcun conflitto di interessi: se non condivido le scelte di una marca, voglio dirlo anche se il marketing fa parte di quello che faccio per vivere.  Citando Massimo Ferrariorifletto sul marketing e non mi piace il marketting.

Credo sia un valore aggiunto: le aziende sanno che se collaboro con loro non sarò mai a-critica, che se dovessi occuparmi di una strategia direi sempre quello che penso.

Mi piace farlo con i miei clienti (che apprezzano) e mi piace che sia un tratto distintivo del mio stare in rete.

Il mio lavoro è orientato allo storytelling, non al marketing in prima istanza e credo che proprio attraverso la possibilità di esercitare anche spirito critico, di promuovere anche visioni divergenti dalla maggioranza, si possa creare un discorso (anche intorno ai prodotti) efficace.

Ma questa è solo una premessa.

Ultimamente, forse per una questione di tempo (sempre meno quello a disposizione per scrivere sulle cose che mi interessano) la mia attività più frequente, on line, è su Twitter.

Mi prendo cura di contenuti di altri, li rilancio, li aggrego, li promuovo e nel frattempo imparo molte cose.

Seguo i flussi di contenuto che mi interessano.

Per questo motivo, probabilmente, alcune case editrici, con cui sono in contatto là, hanno cominciato a segnalarmi libri. Per questo motivo alcune di loro mi hanno contattata per propormi l’invio di qualche titolo.

Mi sono detta: “Perché no? Io amo leggere, leggerei comunque, ma così risparmio!” Il patto è che se voglio recensisco, se ho tempo recensisco, se no amen. La filosofia è che dirò sempre quello che penso di quel libro. Se qualcuno se ne avesse a male e decide che non mi manderà più libri, amen. Io leggerò comunque.

Così Feltrinelli mi ha scritto e mi ha inviato Assalto all’infanzia di Joel Bakan, un saggio con prefazione di Chiara Saraceno.

Il saggio, frutto di uno studio dell’autore intorno alle corporation americane, non è esattamente una lettura ottimistica per un genitore, ma certamente aiuta a riflettere su una questione sentissima negli Stati Uniti e forse meno acuta in Europa e in Italia, ma con cui bisogna fare i conti, perché dietro l’angolo, ovvero la trasformazione dei bambini in “consumatori diretti” e attivi del marketing.

Se la protezione del fanciullo (e relativa Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959) ha assicurato ai più giovani un periodo in cui le corporation non potevano in alcun modo rivolgersi a loro, dal 1980 le cose sono cambiate. La mia generazione è la prima ad essere figlia di un altro modo di rivolgersi al bambino: diretto e coinvolgente affinché diventi complice delle marche che di volta in volta gli vogliono vendere prodotti o esperienze.

Il marketing si è raffinato e grazie allo studio della psicologia cognitiva e della statistica ha frazionato la popolazione in target sempre più precisi, indagando abitudini, aspettative, bisogni e rivolgendosi in maniera specifica a ogni fase della vita.

Non è forse un caso, se proprio in contemporanea alla lettura del libro, sono incappata in un interessantissimo articolo di Charles Duhigg per “Internazionale” di questa settimana che anticipa l’edizione italiana del suo libro: The power of Habit.

L’articolo (e il libro in uscita) racconta del rapporto sempre più diretto tra studi statistici (applicati alle abitudini umane) e marketing, sottolineando come la scomposizione di ogni nostra azione per capire quale desiderio sottende, come viene appagato e in che modo ci gratifichiamo per compiere atti anche faticosi, abbia reso ancora più efficace la segmentazione dei target, individuando nelle mamme e future mamme il bacino più ghiotto per la pubblicità: sono infatti le donne in attesa quelle più propense a cambiare abitudini e ad ascoltare i consigli dei Media e di chi ha una referenza in tema di genitorialità.

Ma torniamo al saggio di Bakan:

L idea centrale della nuova ideologia – che il libero mercato sia il modo migliore per fare il bene dell’individuo e della società – contraddiceva apertamente le riforme del secolo del fanciullo. (…) Non esiste una cosa chiamata società, esistono soltanto individui e famiglie.

 Bambini, madri e padri diventano un mercato ghiotto, da “assaltare” e colonizzare.

Ne sanno qualcosa – stando a quanto racconta il libro – le corporation televisive americane, principali ideatrici di molti giochi on line dedicati a bambini e adolescenti: un caso tra tutti Nickelodeon che, oltre a possedere il maggior numero di reti televisive USA dedicate ai bambini, ha fondato anche Addictinggames.com, un pluripremiato network per l’infanzia. Tra i giochi più seguiti c’ é Boneless Girl: bisogna riuscire a far passare una donna “senza ossa” in tutti i pertugi possibili.

Boneless Girl è tutto sommato un gioco da educande  se confrontato con altri segnalati nel libro, come per esempio Grand Theft Auto IV, dove il protagonista fa sesso con una prostituta in macchina e poi la ammazza con una mazza da baseball, finendola con una sventagliata di mitra.

Questi sono i giochi che si rivolgono agli adolescenti americani. Perché tanta violenza?

Perché gli studi psicologici e statistici ci dicono che a 12 anni le persone hanno bisogno di staccarsi dalla visione protetta e familiare della vita e passare attraverso anche emozioni violente.

Prendi le tempeste ormonali dei giovani e gli obiettivi di vendita delle aziende, metti tutto nel frullatore e il gioco è fatto!

Il digital divide generazionale spesso poi non consente ai genitori di avere la giusta consapevolezza per maturare anticorpi a questi giochi e per poter gestire bene la “dipendenza” che creano nei propri figli.

Ma l’ assalto all’infanzia arriva anche dalle multinazionali farmaceutiche e chimiche, dai professionisti “al soldo di”, disposti a dichiarare e scrivere articoli che minino qualsiasi spirito critico nel consumatore, pur di rendere appettibile questo o quel prodotto.

E’ un panorama che a noi può sembrare estraneo, eppure, nel nostro piccolo (e forse dall’anticamera) lo vediamo perfettamente anche qui: grazie ai social network, il confine tra marketing e scelta personale, tra passaparola e targhetizzazione è diventato davvero labile e noi genitori siamo sempre i primi a essere bersagliati, perché abbiamo un naturale bisogno di appagare i desideri dei figli e aderire al modello della brava mamma e papà, che passa anche attraverso i prodotti che usiamo per la cura dei nostri bambini (specialmente primogeniti).

C’è da riflettere, specie per chi – come me – si occupa di comunicazione e lo fa, ovviamente, in ottica narrativa ma per promuovere prodotti.

Come professionista, credo che la domanda giusta che posso farmi io, ogni mattina, sia: “Sono davvero libera di scrivere e dire quello che penso?” e comportarmi di conseguenza, a seconda della risposta che ogni giorno mi do e del contesto di riferimento.

Come genitore, la domanda giusta è: in che modo posso aiutare mia figlia ad affrontare questo? Di sicuro non posso evitare ne’ censurare e dunque, come per la televisione, come per qualsiasi comunicazione, devo solo provare ad aiutarla a sviluppare un suo spirito critico, a farla riflettere sulle cose senza darle per assodate o scontate.

E non è poco.

E non è detto che sia possibile.

Però ricordiamocelo sempre: siamo carne da macello del marketing. Tutti. Ma il marketing non è il MALE: ogni cosa dipende da come la affronti. Sta a noi scegliere come operare delle scelte che – per quanto piccole – siano sempre scelte nostre.

Letture

  • Assalto all’infanziaJoel Bakan, Feltrinelli Editore
  • La forza delle abitudini, Charles Duhigg “Internazionale” n 946, pg 44

 

Di marketing, mamme blogger e carne da macello

Non sono mai stata contro il marketing.

Ho letto con attenzione il Cluetrain Manifesto e mi ha ispirata molto nella gestione delle mie attività e progetti digitali. Gianluca Diegoli lo considero un guru e ogni volta che posso, tento di fare autoformazione sull’evoluzione della comunicazione virata al marketing di se stessi su Internet.

Trovo che ci siano persone e società che si occupano di marketing in maniera chiara, pulita e corretta: pane al pane e vino al vino e che nel farlo sanno spiegare ai propri interlocutori le finalità e gli obiettivi di certe operazioni.

Però quello che sta capitando nel settore Mommyblogging (settore in cui sono stata inserita) non sempre mi piace. Credo che ultimamente si sia creata una situazione surreale e stressante per chi, come la sottoscritta, ha fatto nascere un blog 5 anni fa per divertimento e per vedere dove l’avrebbe portata la vita. Continua a leggere

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