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Il manifesto delle parole gentili online

Il 29 maggio 2017 sono stata all’Istituto Comprensivo di Malalbergo (Bo) e insieme agli studenti di una quinta elementare e di alcune classi delle Medie, abbiamo riflettuto sulle parole che possiamo scegliere online. Siamo partiti dal lavoro di Parole O_Stili  e al termine del nostro incontro abbiamo scritto, insieme, il manifesto della gentilezza online: tutti i giovani partecipanti si sono impegnati a farsi ambasciatori di quanto hanno voluto inserire tra questi otto punti. Condivido con piacere cosa abbiamo fatto, perché chi vuole possa prenderne ispirazione!  Continua a leggere

Web e tecnologie alle elementari: intervista a Caterina Moscetti

Il web mette in circolo idee, pratiche educative, riflessioni e stimoli per la crescita e l’innovazione. Il web è entrato nella didattica di classe come strumento di conoscenza e di  condivisione, come una finestra sempre aperta sul mondo; non ha sostituito i tradizionali canali di ricerca ma li ha integrati e resi più articolati ed attuali. Continua a leggere

Il punto di vista di un Liceo sul diritto in Rete

Si chiama Diritto in Rete ed è il blog creato da alcuni ragazzi e professori del Liceo Leonardo da Vinci di Casalecchio di Reno (Bologna).

Quest’inverno – nell’ambito di una collaborazione con Corecom Emilia Romagna – sono stata al Liceo Da Vinci per un percorso di orientamento all’uso consapevole di web e social media [le mie proposte formative per adulti e adolescenti sono disponibili sul sito dedicato al progetto Tessere la Rete]. Il nostro incontro era inserito in un progetto più ampio che la scuola ha voluto fortemente, realizzato grazie al programma Lucilla che coniuga diritti e web, la scuola ha fatto quindi un percorso articolato su questi temi insieme a Letizia Atti – psicopedagogista e formatrice  – con cui mi auguro di poter collaborare in futuro per le numerose affinità.

Diritto in Rete è un blog interessantissimo perché esprime il punto di vista sulla Rete e sull’uso della Rete dei ragazzi che oggi frequentano la scuola superiore. Ecco come loro stessi presentano il proprio lavoro:

DIRITTO IN RETE perché oggi per i nativi digitali è naturale comunicare e diffondere le loro immagini, esperienze, sensazioni condividendole direttamente sulla rete o trovarsi, anche contro la loro volontà, scaraventati in rete.

Ma DIRITTO IN RETE ci ricorda anche che, anche se siamo in un “luogo virtuale”, questo non ci esenta dal dovere rispettare il diritto degli altri (alla privacy, alla riservatezza, alla propria reputazione, all’immagine etc.) e dalla giusta pretesa di vedere rispettati i nostri diritti.

Durante i miei percorsi in classe e anche con i genitori sostengo che il blog è ancora una forma felice di appartenenza alla Rete che rispetto ai social network attiva possibilità più articolate, mettendo in gioco creatività, ricerca, abitudine a una scrittura pubblica e capacità di definire un filo rosso, un’identità editoriale che ci aiuta a capire meglio come gestire il nostro profilo digitale. Perché – come scrivono giustamente i ragazzi – ormai essere in un “luogo virtuale” presuppone diritti e doveri analoghi ai luoghi “reali”. La distinzione tra virtuale e reale è infatti obsoleta e ha perso completamente di senso: il noi digitale non è che una parte del noi/tutto con cui viviamo il mondo oggi.

I temi della Rete sono trattati con estrema competenza su questo blog e analizzati con gli occhi di chi vuole capire. Ci sono post – come per esempio quello dedicato al furto d’identità online – che offrono una panoramica e una casistica articolata e in cui viene messo a disposizione anche un glossario.

Progetti come questo sono un buon punto di partenza, quotidiano e in costante evoluzione, per ridurre quel digital divide intergenerazionale abbattuto il quale – ne sono sempre più convinta – si potrà dare un’enorme spinta in termini di innovazione al nostro Paese e al suo sviluppo.

Report della prima settimana alle elementari

  • Il primo giorno si è svegliata alle 6 urlando: “OGGI IO VADO ALLE ELEMENTARI!!!!”. Eravamo tutti molto emozionati ma non ho pianto come pensavo, Frollina era così felice che non mi sembrava il caso.
  • Il secondo giorno ha preso lo scuolabus da sola: si è messa seduta e continuava a chiedere a tutte le bambine grandi se si volevano sedere di fianco a lei, ma loro avevano le loro amiche e dicevano di no. Lei ha sorriso fino a quando non ha trovato un’altra primina accanto cui sedersi ed è partita contenta come una Pasqua.
  • Il terzo giorno è tornata a casa dicendo che era salita su un albero mentre giocava a strega con una compagna, poi è caduta e dopo mamma ho avuto un gran male al culo durante matematica
  • Il quarto giorno aveva comprato un insetto morto al mercatino della scuola
  • Venerdì sera mi ha confidato che ha preso una cotta ma che non si ricorda il nome del bambino.
  • Ieri ha cominciato a sedersi in fondo sul pulmino: dice che le piace un sacco stare lì insieme alla sua amica DAINA (che in realtà si chiama Linda ma lei non riesce a dirlo 😉
  • Oggi una mamma, alla fermata, ha commentato così la gioia entusiastica di mia figlia di fronte ai cambiamenti: “A breve vi comunicherà che lei parte per l’ERASMUS!”

Io sono felicemente sbalordita dalla capacità di adattamento di Frollina che continua a ripetere che la scuola elementare le piace da impazzire. Conserva figurine per partecipare al mercatino, arriva a sera che si addormenta sul piatto ma si sveglia al mattino piena di entusiasmo.

Io in compenso sono arrivata alla fine della prima settimana di elementari stanca morta, brasata dalle emozioni e chiedendomi quando comincerò ad abituarmi ai nuovi ritmi e a un nuovo posto, alle insegnanti e a un gruppo diverso da quello della Materna.

L’inserimento, insomma, sembra ben riuscito per lei, io ho ancora bisogno di qualche giorno di accompagnamento 😉

L’inferno dell’acquisto dei materiali scolastici, ovvero si va in prima elementare

Siamo agli sgoccioli: lunedì Frollina varcherà la soglia della PRIMA ELEMENTARE.

Ci sentiamo tutti un po’ strani. Io ho preparato pacchi scorta di fazzolettini per il lacrimatoio in cui mi produrrò. Lei non sa bene cosa aspettarsi, parla sempre della Materna ma chiede quanto manca al fatidico giorno.

Mercoledì c’è stata la riunione alla scuola per tutte le informazioni iniziali. Come molti di voi sanno, abbiamo scelto per la Frolli una scuola pubblica con uno spiccato modello educativo e etico che condividiamo e che ci ha convinto. Una scuola nel verde (in maniera eccezionale anche per Bologna, pur città abbastanza verde) e con modalità didattiche che comprendono anche l’uso massiccio del parco come luogo di sperimentazione e creatività.

Alla riunione, oltre a tutte le informazioni di massima (Frollina per i primi 15 giorni non sarà assegnata a una classe ma a un microgruppo e ruoterà con tutti gli insegnanti, in presenza di osservatori – questo dovrebbe garantire la formazione di classi più eterogenee e non solo sulla carta) ci hanno dato la lista dei materiali da acquistare.

L’ansia ha cominciato a salirmi già solo alla specifica di tutto ciò che serve: quando le maestre hanno detto che avremmo dovuto etichettare TUTTO, matite e gomme comprese, mi sono sentita male.

Ho sentito un brivido freddo attraversarmi la schiena.

Ma non sapevo ancora che il peggio era solo all’inizio.

Ieri pomeriggio ho portato Frollina dal parrucchiere [chissà perché, tutti mi facevano pressioni perché per una volta, almeno una, mi tenessi alla larga da forbici e pettine e affidassi la creatura a un professionista] e poi ho avuto l’insana idea di andare a comprare l’occorrente per la scuola al supermercato con nonna al seguito (per sostenerci moralmente).

E così sono scesa di un gradino verso la infernale consapevolezza che essere genitori, con il passare del tempo, si trasforma in una lotta ad armi impari  contro il CONSUMISMO sfrenato, la marca scolastica blasonata, gli zaini maragli e i diari cool.

Tanto vincono loro. Sempre. Non c’è speranza.

Il reparto “SCUOLA” che ho ignorato completamente negli ultimi vent’anni (pur nutrendo passioni insane per la cancelleria) a settembre si trasforma in un GIRONE DANTESCO. Il calore emanato dai frementi e giovani corpi dei bambini che sguillano come anguille tra gambe e carrelli per accappararsi il quadernone con le anelle dovrebbe illuminare chi ci transita, ma non sempre si ha la lucidità per fuggire in tempo.

Quando siamo arrivate, ad attenderci una mamma con lo sguardo TERRORIZZATO, collegata al telefono (via auricolare) con il marito: “Ma il quaderno giallo deve essere un contenitore ad anelle o un quaderno vero e proprio? Ma i quadretti sono di 5 millimetri o un centimetro?” mentre il figlio le saltellava intorno cercando di attirare la sua attenzione. Lei si inalberava, sibilando al telefono: “Ma, non so, ci sei andato tu alla riunione!” e mi sono sentita molto empatica.

Giovani adolescenti stile EMO cercavano la cancelleria minimalista per l’entusiasmante inizio di un nuovo anno, insieme a mamme apprensive che cominciavano già a fare raccomandazioni su studio e pubbliche relazioni con i professori.

Bambini dai 6 anni in su saltellavano tra nonne, babbi e parenti vari per convincerli che quello di Batcoso e Mostrognocco erano gli zaini più belli del mondo. Io ho cominciato a sentire la fusta del Satanasso quasi subito, ma ho deciso che quella punizione dovevo sorbirla fino in fondo, l’amaro calice del tempo che passa e dei bambini che crescono, il turbolento mondo della scuola.

Di fronte ai prezzi il mio cuore ha avuto un sussulto infartuale e sono riuscita a pronunciare la frase che sancisce la vecchiaia di ogni persona: “Ai miei tempi non c’era tutta questa scelta, gli zaini duravano 5 anni e costavano molto meno!”. Sarebbe risultata estremamente patetica e genitoriale se non ci fosse stata mia mamma, lì con me come supporter, a scuotere la testa in segno di assenso.

Oggi sono un genitore. Oggi sono un’adulta che si avvia sul viale del tramonto.

Gli zaini a disposizione di mia figlia saltellante nel suo nuovo taglio erano semplicemente ORRIBILI. La scelta era tra Hello Kitty e compagnia (da vomito), i Gormiti (da incubo) e qualche personaggio femminile con zeppa e labbra a canotto in pose di yoga tantrico.

Ad un certo punto, mentre ne osservavo uno particolarmente semplice, cercando la formula retorica per convincerla su quanto fosse figo, ho sentito le sue corde vocali “giuggiolare ” e quando mi sono voltata IL MALE MI AVEVA GIA’ ASSIMILATO.

Frollina aveva trovato lo zaino dei suoi desideri; un mix perfetto tra ragazzine canottate di sopra e orrore fashion di borchie e teschi. Una roba “è così orribile che lo amo!” che mi ha lasciata a bocca aperta. Da quel momento non c’è più stata storia per nessuna delle altre cartelle disponibili e dentro al mio cervello, centinaia di demoni hanno cominciato a sussurrare frasi contrastanti: “Assecondala dai, non fare la talebana, in fondo è LEI che va in prima elementare!”; “Non prenderle quella schifezza: è contraria a tutto ciò in cui credi, è come vendere un pezzo della tua e sua anima, la ROVINERAI!”; “Sei sempre la solita esagerata, poi non lamentarti se a 14 anni trova un fidanzato dalle brache calate che per vivere spaccia e a 18 anni si fa le pere!”.

Ero quasi risoluta a dire NO quando lei ha tirato su la sua testolina ordinata e come il gatto del cartone animato, ha spalancato i suoi occhioni cerbiatti su di me (giuro che per un istante ho sentito perfino la musica) e lo zaino-teschio – cuore era già nel nostro carrello.

E mentre madri, padri e bambini vorticavano tutto intorno, ho capito che da lunedì la vita cambia: siamo entrati in una nuova era, in una nuova fase. Non è più una bambina piccola che si avvia a diventare meno piccola. E’ una bambina piccola che si avvia a diventare una bambina grande.

Non sono più una mamma di primo pelo (si, lo so, non lo ero nemmeno quando è nata, ma potevo illudermi, almeno!).

Non siamo più una famiglia alle prime armi.

Questa bambina va in prima elementare.

Questa bambina indosserà uno zaino più grande di lei con sopra una quarantina di scheletri. Uno zaino a cui ha dato un nome che è tutto un programma: “Pazienza d’orrore”.

Lunedì sarà un giorno importante. E se notate qualche ingrossamento nel letto del fiume Reno, cari bolognesi non è lo scioglimento dei ghiacciai, ma gli occhi di una genitrice consumista, pieni di emozione.

[e non chiedetemi quanto ho speso!]

A scuola di blog e scrittura con Danilo Maso Masotti

Poco dopo che ho aperto Panzallaria, nel 2005, ho scoperto gli Umarells. Mi sa alla radio, mi sa.

Gli Umarells sono i vecchietti bolognesi, quelli che alla domenica si mettono il cappello e salgono in macchina per andare a mangiare i tortellini dalla sorella o le crescentine fuori Porta, quelli che se ci sono dei lavori stradali incrociano le mani dietro la schiena e studiano tutto e che al sabato pomeriggio stanno in bocciofila o all’Arci a ballare.

Dopo aver scoperto che erano diventati digitali anche loro, grazie al genio iconografico di Danilo Masotti (gran nome da Umarells, sarà un po’ quello), andavo tutti i giorni a vedere sul blog se uscivano delle nuove foto perché uno vede quel sito lì e se è di Bologna, il primo pensiero che gli viene è una roba tipo “Ma è proprio così, era così anche mio nonno e il nonno di suo nonno!”.

Una volta scrissi un post sugli Umarells dell’autobus e con mia grande emozione Maso me lo ha postato sul sito degli Umarells: mi ricordo che mi vantai circa 15 ore (di seguito) di questa cosa, fu la prima volta in cui pensai che fare la blogger era anche una bella iniezione di narcisismo.

Comunque.

‘Desso che anche io sono ormai una blogger “vecchia” (che 6 anni nella blogosfera sono un’era geologica, se mia figlia fosse un blog probabilmente sarebbe già a tiro di pensione) e che vado a fare lezione di blog in una scuola media e stiamo costruendo il blog della scuola, io quando una prof che si chiama Fiorella mi ha detto che a lei i libri di Danilo Masotti le piacevano un sacco e che avrebbe voluto fargli conoscere i suoi ragazzi,  ho risposto “perché no, invitiamolo al laboratorio di blog, che secondo me ci serve a tutti un sacco parlare con lui!”.

Danilo Maso Masotti

E quando lui ci ha detto di si, che Masotti fa tanto l’orso nel virtuale  ma se poi lo becchi dal vero non fa paura come certi suoi post al vetriolo su twitter 😉 sono stata molto contenta.

E così Masotti lunedì è venuto al blog della scuola con il suo libro Il codice Bologna  – che i ragazzi stanno facendo anche degli esercizi di storytelling di quartiere e lui è un faro nella notte dello storytelling bolognese – e loro gli hanno fatto delle domande e lui ha raccontato molte cose e per esempio ho scoperto che

  • l’ Umarell Zero lui lo ha trovato allo Star City di Rastignano, una volta che per motivi non precisati, transitava nel parcheggio
  • Maso twitta dal gabinetto: lo aspettavo per entrare a lezione e lui era al cesso e mi è arrivato un suo cinguettio mentre ancora doveva tirare l’acqua
  • ai dodicenni lo stile di Maso piace molto perché “è giovanile” e “scrivi anche le parolacce”
  • la gente di Bologna non va più al mare (nemmeno quando tiene adolescenti in età prepuberale) perché c’è la crisi

Maso ha letto ai ragazzi un pezzo del Codice Bologna, quello dedicato ai cinni scurzoni, mentre i ragazzi si additavano l’uno con l’altro e si riabilitava una figura sociale inutilmente umiliata nel tempo.

Per quanto riguarda la gestione di un blog, Masotti ha dato qualche consiglio utile alla redazione delle Dozza e adesso io lo rigiro a voi, perché secondo me quello non ha età:

  • appuntarsi sempre le idee in qualche fogliettino, anche se è notte, meglio non perdere l’ispirazione per un eventuale post
  • andare sempre a controllare le parole su cui si ha qualche dubbio: scrivere su un blog diventa un buon modo per imparare l’italiano
  • scrivere ogni giorno qualcosa: la scrittura non è solo ispirazione ma anche – e soprattutto – esercizio

E’ stato molto divertente, ma così divertente che a un certo punto stavo per cadere dalla sedia per il gran ridere e mi è partito anche un grugnito nella risata (che si, lo ammetto, delle volte mentre rido parte il porcello che è in me) e credo di aver perso almeno la metà della credibilità conquistata come “prof” in questi mesi a scuola 😉

L’ultimo libro di Masotti e che io devo ancora leggere è un romanzo e parla di lavoro. Si intitola Ci meritiamo tutto

 

Crollo di muro esterno a causa della neve alla scuola di Frollina. Bologna

Ieri sono andata a prendere frollina da scuola alle 16.30. Ultimamente non succede mai, ho sempre troppo da lavorare e arrivo alle 17. Ieri avevo voglia di andarci prima. La maestra mi ha fermato – ha voluto parlarmi della bimba, che è così fantasiosa e creativa ma è in un periodo in cui è un po’ incontenibile.

Ho cambiato le scarpe a frollina e siamo uscite. Mi trovato a un centinaio di metri dalla scuola ed ero al telefono con Tino che mi stava aggiornando sull’iscrizione alle elementari. Ieri abbiamo iscritto nostra figlia a scuola. Mi raccontava anche altre gag, tipo che mentre iscriveva frollina, sentiva delle prof. della scuola media (sede del circolo didattico) che parlavano di me e dei miei corsi di formazione per la riduzione del digital divide e questa cosa lo aveva fatto molto ridere.

A un certo punto abbiamo sentito un gran botto. Erano circa le 17. Un rumore sordo e fortissimo.

Non ho pensato – per quel sentimento di sicurezza che ti danno i luoghi familiari – che potesse essere successo qualcosa a scuola. Ho detto: “Ecco, qualcuno ha fatto un bel frontale!” e, trovandomi lì con frollina, ho pensato solo di allontanarmi (che di scene brutte, per il momento, può farne anche a meno).

E invece.

Invece a causa delle infiltrazioni di acqua dovute allo scioglimento della neve e al peso sul tetto, si è staccato un pezzo di muro e grondaia (lungo circa 20 metri) dalla facciata della scuola materna di frollina.

L’ho scoperto in tarda serata, quando il giro di telefonate delle mamme ha confermato l’accaduto.

Mensa e dormitori inagibili: si mangiano panini e i piccoli non potranno fare il pisolino.

E’ andata bene.

In quel momento nessuno stava uscendo dalla scuola e nel caso, nessun bambino si era allargato oltre il passaggio (sotto la tettoia) che conduce fuori dalla scuola.

Nel giro di mail è arrivato un comunicato dal Quartiere: la scuola è sicura e non ci sono rischi per le persone, ma deve essere reso agibile l’intero lato esterno.

Ok, la scuola è sicura, ma cosa sarebbe successo se la grondaia fosse crollata in testa a qualcuno?

E’ 10 giorni (ovvero da quando questa ondata eccezionale di neve ha investito Bologna) che c’è un cartello davanti all’entrata che invita genitori e bambini alla prudenza. Lo ha messo il bidello. Il bidello ha telefonato subito e solertemente in Comune.

Stamattina ho voluto fare qualche foto della situazione e ho incontrato una signora (presumo del Quartiere o del Comune di Bologna) la quale mi ha detto che i tecnici sono venuti a fare un controllo una settimana fa ma solo alla TETTOIA, proprio su segnalazione del personale della nostra scuola.

Solo sulla tettoia?

Oggi mi interrogavo sul fatto che a margine di una situazione così emergenziale come quella che ha appena/sta superando Bologna in questo momento, a causa della forte nevicata, a nessuno sia venuto in mente di fare un controllo SISTEMATICO di tutte le scuole.

Una cosa del genere era davvero “imprevedibile” come mi ha – testualmente – detto questa signora, o poteva essere evitata scaricando il tetto dalla neve in eccesso?

Inoltre, come mai una scuola ricostruita circa 7 anni fa (forse anche meno), cede di fronte alla prima difficoltà?

Insomma, io le domande me le faccio. Non sono ne’ un architetto, ne’ un ingegnere, ma ho una bambina di 5 anni che tutti i giorni si reca alla scuola materna, ovvero in un posto SICURO e PROTETTO.

Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse bene e in maniera articolata cosa è successo, se era evitabile e se si pensa di rinforzare strutturalmente la nostra amatissima scuola.

Ecco qualche foto scattata stamattina. Ne ho altre.

 

 

Sono monotematica da latte alle ginocchia: parola chiave #sceltadellelementari

Che poi non è che ne parlo sempre, sempre eh?

A ogni modo è pur vero che è il secondo post in pochi giorni, ma cercate di capirmi: sono ANSIOSA, ho sempre paura di sbagliare, parlo tanto di accettazione dei propri peccatucci e difettoni solo perché nel mio cervello, quasi costantemente, risuona quella vocina antipatica che chiameremo Franca che è molto schietta, quasi franca direi, ma anche molto insidiosa. Franca continua a ripetere che sono una merdaccia, che non ce la posso fare, che è tutta fuffa, che non riesco a prendere una decisione intelligente e altre amenità del genere, tanto per colorire la giornata. 😉

E’ lei che non fa altro che pensare alle elementari, mica io. Ho provato a spiegarlo anche a Tino, ma lui proprio non ne vuole sapere. Dice adesso basta, dice. Dice aspettiamo di andare all’ultimo incontro, il 30 gennaio, poi prendiamo la nostra decisione ma ora ti prego molla il colpo.

Io invece ascolto Franca e col cavolo che mollo il colpo. Se per esempio passiamo davanti a una qualunque struttura che potrebbe in qualche modo ricordare una scuola, allora io dico ecco vedi, chissà, magari nostra figlia qui starebbe benissimo, che ne sappiamo noi?

incurante che la scuola sia a 15 chilometri da casa e non c’entri una fava con le due che abbiamo battezzato e tra le quali dovremo prendere la nostra decisione.

Lui mi fulmina e mi dice io non sento e bla, bla, bla, tu parli al vento…ma lo so che in realtà anche lui ci pensa a tutta quella storia della Emo e della scuola di estetista.

Sabato sera, per esempio, avevamo invitato qualche amico per il compleanno di Tino, che gli ho organizzato una festa a sorpresa senza sorpresa (perché alla fine tra me e la Frollina ci è scappato detto tutto e sapeva perfino quanti peli avevano sulle gambe tutti gli invitati) e tra gli amici c’erano anche quelli della Materna e a un certo punto ci siamo chiusi nella stanzetta della bambina, con la scusa di seguire i marmocchi e invece non cagavamo nessun cinno e abbiamo passato un’ora a soppesare, parlare, discutere, pensare, riflettere, “fare FANTASCUOLA” come chiamo io queste contrattazioni che sono quasi una compravendita al calciomercato.

E ogni tanto entrava uno o una che non c’ha l’ansia come noi e gli venivano gli occhi a palla e si vedeva che voleva fuggire lontanissimo per il gran latte alle ginocchia che gli facevamo venire. E prima di andare via con la mamma della Susella ci siamo guardate e lei mi ha detto: “Non ascoltare questi qua, noi ci sentiamo domani e parliamo delle ELEMENTARI….” e ho capito che non sono sola, che Franca è una grossa stronza, ma secondo me in sto periodo è in ottima compagnia.

Perché poi sabato mattina siamo andati a vedere la scuola di quartiere a uno sputo da casa, quella che da fuori non è un gran che e c’ha un cortile che non è un gran che ma poi entri e si respira una bellissima atmosfera e allora io mi sono esacerbata e Franca ha cominciato a dirmi che sono fottuta, che qualunque scelta farò poi rimpiangerò l’altra, come mio solito e che probabilmente, con l’acume che mi ritrovo pari a zero, qualunque scelta sarà scazzata. Mi ha detto anche di non rompere troppo i coglioni a Tino che poi lo condiziono e alla fine il mio acume da pesce rosso si mangia tutto e anche lui finisce per convincersi e le opportunità che avevamo di fare la cosa giusta ce le fottiamo per colpa della mia logorrea inquinante.

Franca  mi dice così perché attualmente siamo combattuti.

Da una parte c’è la scuola sui colli (bisogna prendere il pulmino e da casa nostra ci si arriva in 10 minuti circa) super creativa, con un mega parco dove fanno lezione in mezzo alle piante e anche l’orto, dove “fanno il pane” ma non si sa se poi imparano anche altre cose e che è un po’ elitaria perché ci vanno i bambini del centro con molte possibilità culturali e di stranieri non ce ne sono tanti, se non stranieri che hanno possibilità e vivono in centro, non quelli delle case popolari e dall’altra c’è la scuola di quartiere (3 minuti a piedi), multietnica, con una grande attenzione per la sostenibilità sociale e ambientale e una serie di vantaggi di prossimità (sia in termini relazionali che logistici) non da poco.

In entrambe so che una parte delle maestre di prima è buona, una parte non si sa o è a tiro pensionamento, così sinceramente non ho bene idea di cosa scegliere e con me Tino. E allora eccoci che stiamo aspettando di andare a fare un giro sui colli e poi dopo sceglieremo, ma nel frattempo io penso a tutte le possibilità e – diciamoci la verità – se ci ho a tiro un altro genitore, un maestro, un bidello, qualcuno che anche temporaneamente ha lavorato nella scuola (quando sono disperata aggancio anche baby sitter diciottenni in giro con neonati), io mi metto a parlare delle ELEMENTARI.

E per fortuna c’ho un paio di pusher di fiducia, come la mia amica L. che io alla mattina le posso scrivere le mail per parlare di ELEMENTARI e anche lei è in crisi di astinenza come me e molliamo tutto e ci mettiamo a ragionare sul futuro dei nostri figli che sarà marchiato da questa scelta che noi, adesso, dobbiamo fare entro il 20 di febbraio…

Franca nel frattempo, si diverte come una matta.

Pane per i suoi denti la mia fottuta ansia del menga!