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Le commesse dei negozi specializzati

Sto scrivendo questo manualetto per genitori. Una roba molto cazzarona per sfatare alcuni miti che poi lo mando alle case editrici in modo che ciascuna di loro abbia copiosa riserva di carta igienica e sperando che durante una session molto lunga al cesso, uno dei dirigenti di queste decida di investire su questo libercolo ;-). Mi piacerebbe sapere cosa pensate voi altri di questo pezzo, tratto dalla sezione dedicata alla gravidanza.

Inoltre se qualcuno ha suggerimenti su argomenti che vorreste sputtanassi ben bene, tanto per far crollare alcuni topoi sfrancimaroni quando entri nel magico mondo della puericultura, ditemi pure. Mi fareste un regalo bellissimo!!!! 

 

Le commesse dei negozi specializzati per bambini – mi scusino quelle alla lettura – le ha create il Demonio. Giuro. Ci metterei una mano sul fuoco.

La prima volta che inconsapevole e timida entri in uno di questi paradisi del corredino neonatale non sai ancora che ne uscirai profondamente cambiata. Tu e il tuo compagno – se sfortunatamente avrà voluto rendersi utile e partecipare all’avventura – non sarete più gli stessi. Continua a leggere

Tutto quello che c’è da sapere quando si rimane incinta in un semplice video

Lei è un genio della comunicazione.  Mentre in rete spopolano i video di Common Craft che spiegano le tecnologie (ma anche il Presidente americano) in “planing english” utilizzando paperworks semplici e geniali, anche in Italia è nato il progetto Not in Words.

Si tratta di video “senza parole” la cui autrice è Paola Pozzessere.

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Piccole cose

Piccole cose. Concentrati sulle piccole cose Panzallaria. Oggi mettete le lucine di natale in casa.
Non pensare Panzallaria, piccole cose, piccole attività. Per stare serena, per il count down della Frollina nella pancia.

Ieri ho avuto dei dolori e le perdite non finivano, siamo stati al pronto soccorso. Mi sembrava di non sentire più frollina muoversi. Tutto bene. Lei sta bene.

Al pronto soccorso, il destino ha voluto che rivedessi R.: la stavano trasportando in un altro reparto. Non aveva più la pancia e il suo compagno piangeva.
Piccole cose, Panzallaria. Concentrati sul mare. Quest’estate, con Tino. In Puglia.

Un mare azzurro e immenso. Voi vi abbracciate. Tu nuoti, tu stai a panzallaria e guardi il cielo e il mondo ti sembra perfetto.

Piccole cose. Momenti di serenità che DEVI regalare a frollina che lì dentro ci sta ancora per poco, poi esce. Stai tranquilla Panzallaria.

Apro i cassetti del fasciatoio dove – semiordinatamente – ho riposto le sue tutine.
Prima ci vedevo lei dentro, la mia frollina. Ora riesco a vedere solo tutine, finché non saprò che sarà andato tutto bene.

Piccole cose Panzallaria.
L’ultima canna che ti sei fatta a Milano con i tuoi amici. Il giorno che ha preso fuoco la gonna di Adele. Le risate matte per il taglio estremo di capelli al tuo amico Pinaccapì…

Piccole cose Panzallaria.
Sarò capace di fare la genitrice? avrò la forza, le capacità?
commetterò cazzate che pagherà mia figlia? sta già pagando le sigarette che mi sono fumata fino al 5 mese di gravidanza.
Una ogni tanto, è vero.
Ma pur sempre sigarette.

No Panzallaria, vedi che non impari. Piccole cose, pensa alle piccole cose.
Le lucine, il film di AldoGiovanniGiacomo che avete rivisto ieri per la milleeuno volta. Per staccare il cervello. Per non guardare nelle rispettive angoscie: tu e Tino.
Per non rivedere la faccia di R. al pronto soccorso senza pancia.

Per pensare che tutto questo non sia esistito.
Perché siete umani. E dovete cercare di stare sereni. Anche se intorno qualcuno soffre e un sogno si è spezzato. Una vita non è nata.

Ma come facciamo Tino a rimanere sereni? come faccio a non farmi domande? a non bestemmiare dio – che per la verità non l’ho mai fatto – e a non pensare che non c’è una logica razionale?

Piccole cose Panzallaria.
Le pulizie: bisogna aggiustare l’asse del cesso che si è rotta.
Piccole cose Panzallaria: la colazione al Bar Billy. I baristi che ti prendono – affettuosamente – in giro perché frollina non è ancora nata e hai la pancia come un cocomero.
Tu che ti immagini una delle tue storie che forse, un giorno, scriverai. Frollina e il tavolo da bigliardo. Tu che partorisci tra antiche sputacchiere, club di tifosi e suorine che vanno a San Luca.

Piccole cose Panzallaria.
La tua creatura si muove. Scalcia.
Il mare. Non pensare a questi giorni. A chi sta peggio, alla carrozzina vuota che hai sognato stanotte.

Pensa solo al mare.
A quando avete passeggiato per Gallipoli, romanticamente, mano nella mano. Tu e Tino.
Piccole cose.
La nostra casa, la libreria.
Il giorno della mia laurea che ho camminato scalza in facoltà perché ero ubriaca ancora prima di uscire.

Gli amici. Capitan Carlock che ieri sera ha fatto due regali: uno a me e uno a Tino.
A tutti coloro che mi chiamano e mi sono vicini per sapere come va.

Non pensare al natale. Pensa che presto la stringerai. Si. Credici. Dai fiducia alla vostra squadra.
Sulla barca c’è Tino che fa da timoniere. Tu sei la vela Panzallaria. Frollina è l’isola a cui arriverete.

L’isola è vicina. Come la Sardegna, quando vi siete svegliati da quel traghetto scoperchiato, la mattina alle 6 e l’hai vista. Vicina, vicina, brumosa nel caldo di quell’estate.

Ti sembrava di toccarla con un dito. E invece ci sono volute altre 2.30 per attraccare.
Piccole cose panzallaria
Piccole cose.
Non chiudere gli occhi. Respira profondo. Estrania la mente.
Scriviscriviscrivi panzallaria.
delle piccole cose.

Sabato italiota

Sabato Tino ed io ci siamo comportati da veri italioti; abbiamo fatto cose da italioti e mangiato cibo italiota.

Nel primo pomeriggio – andarci alle 16 sarebbe stato un colpo troppo duro per la nostra coscienza di furbetti! – siamo andati a fare gas e a lavare la macchina.

Ebbene si: autolavaggio.
Prima ci siamo infilati nel gorgo infernale della tangenziale, che per via di infiniti lavori è sempre intasata ma noi la prendiamo così poco che ce ne dimentichiamo tutte le volte, poi, dopo una mezz’oretta in fila con quelli che andavano all’ipermercato, siamo giunti all’autolavaggio/distributore gpl: una vera e propria cattedrale nel deserto.

Era dal 14 luglio 2005 che la Brigitte Bordeau non vedeva sapone e spazzoloni e abbiamo pensato che era meglio far bella figura con la piccola, che la prima cosa del mondo esterno che vedrà sarà lei!

C’era ancora sabbia della vacanza in Sardegna di due anni fa. Inoltre qualche giorno addietro, la povera Brigitte era stata soggetto di un attacco nucleare da parte di una famigliola di piccioni e faceva venire il voltastomaco.

Belli gli spazzoloni che girano. Peccato non poter star dentro all’auto, che questa è una roba che avrebbe fatto tanto Happy Days ma che in Italia non è concessa.

Dopo aver ben bene pulito esterni ed interni – Tino si è profuso in una sexidance da uomo attrezzo per auto, con l’aspirapolvere e tutto – ci siamo accorti che suddetta cattedrale nel deserto distava poche centinaia di metri da un altro ecomostro ambientale con su un bel logone plasticoso di Burger King.

Allora, dovete sapere che sia per motivi etici che dietetici, io non frequento certi ameni locali, regno di majonese, patatine e ode al colesterolo, da anni.
L’altro giorno però – da vera italiota – ho visto alla tivvù la pubblicità di Mac Donald, con il giostraio che addenta un paninazzo di proporzioni lussuriose e il mio stomaco da italiota ha deciso che dovevo averne uno anche io…

Vedere Burger King è stata una rivelazione: potevo avere un paninazzo senza andare direttamente alla fonte peccaminosa più ideologicamente lontana da me.
Insomma: me la sono contata e l’ho contata pure al buon Tino.

Con l’automobile che era uno specchio, ci siamo infilati nell’antro della mucca pazza e insaporita.
Ho mangiato – strafogandomi – questo hamburger, sperando che mi uscisse il sorriso del giostraio di Mac, ma l’effetto non è stato proprio quello desiderato.
Certo, buono il panino sul momento, ma già 3 minuti dopo il mio stomaco ha cominciato a gonfiarsi ( e in tutto questo gonfiore non è proprio il massimo!) e una certa qual sonnolenza ha iniziato a impossessarsi di me. Non avevo più sangue al cervello.

Sono rimasta in stato semicosciente fino alle 9 di sera.

Ma l’auto era pulita, il cappottino mi puzzava di fritto e avevo dato al mio corpo di gravida quello che pensava di desiderare.

Tornati a casa ci siamo fatti un sonnellino, Tino ed io. E mentre eravamo abbracciati nel letto, Frollina ha cominciato a scalciare sul lato, che la mia pancia sembrava un tagadà e si vedeva perfin la forma del suo piedino.
Tino le parlava, la sbaciucchiava e lei stava buona, non appena si staccava ricominciava.
E’ stato molto emozionante.
Perché ora è proprio un essere umano fatto e finito e manca solo che esca.
Quando penso a quanto è grossa lei e a quanto è stretto il mio buchino, mi prende una certa strizza, però diciamoci la verità: non vedo l’ora!!!!

Domani fa luna piena. Dite una preghierina agli dei del cielo. Che magari per la notte arriva Frollina…

Il trio Lescano

Ieri con Tino ci siamo decisi a fare un giro per negozi di robe usate bambino.

Quel contatore che ho messo sul blog – su consiglio dell’amica Adele – ha il potere di farmi sentire il tempo e come terribilmente passa.

Mancano 2 mesi – quasi.
Non abbiamo altro che delle scarpine e dei calzini, frutto di qualche amoroso regalo.
Amarena ci procurerà il lettino – lo stesso dove ha dormito lei da bambina e che mi emoziona, perché glielo ha costruito il babbo e quindi c’ha pure una sua storia.
Una collega di mia mamma ci presta la culla per i primi mesi.

Tutto il resto lo dobbiamo trovare/comprare. Siamo eticamente contrari alle robe troppo costose e all’ultima moda, che poi le usi qualche mese e amen. Così abbiamo deciso di sondare il mercato dell’usato. Che Frollina – fin da bimbetta – impari il gusto del riciclo. Perché la mamma e il babbo non sono dei paninari e mi sa che finché vivrà sotto ‘sto tetto, anche lei dovrà adeguarsi.

Speriamo con consapevolezza.
O almeno ci proveremo.

Insomma, dicevo che ieri abbiamo iniziato il tour di shopping. La nonna-suocera vuole contribuire con il passeggino/carrozzina, quindi abbiamo deciso di fare qualche sopralluogo, prima di allertarla e portarla con noi in giri che potrebbero divenire epopee (chi mi legge da molto tempo, sa bene che tipo “estroso” sia la mia suocerona…).

All’angolo di una via di un paesello della prima cintura bolognese c’è questo negozietto. Da fuori sembra un magazzino con accatastate tante robe. Entri dentro e ti ritrovi in un magazzino con accatastate tante robe.
Bimbi e mamme usate.
Un paradiso dello sconto.

La commessa – bisogna suonare il campanello – è uscita in strada per dirci gentilmente che il lunedì il bazar è chiuso. E che lei sta facendo l’inventario.
Ci ha chiesto di cosa abbiamo bisogno. Lo ha chiesto più a me in realtà. In ‘ste faccende pare che sia la donna la regina incontrastata dello shopping e delle scelte strategiche pronascituro.

Le ho risposto che non abbiamo nulla, che ci serve un po’ tutto, soprattutto per la mobilità del pupo.

Lei con sguardo fermo e risoluto, mi ha guardata dritta negli occhi e mi ha detto ” però al momento abbiamo solo dei trio a tre ruote…”

Io mi sono voltata verso Tino. Aveva l’occhio sgranato e il sorriso di circorstanza.
“Siamo aperti a qualsiasi soluzione…” è stata la risposta diplomatica di una donna che – insieme al suo Uomo Attrezzo – ha passato l’ora successiva a chiedersi che cosa fosse questo trio e perché abbia tre ruote…

In fondo io mica devo avere tre gemelli, ha ricordato giustamente Tino….

Che fatica farsi una cultura!

Gita a Marina

Sabato, Tino ed io siamo stati al mare. Era una bellissima giornata e ne abbiamo approfittato per goderci gli ultimi lampi d’estate.
Costumino, telomare e ciabattine, siamo partiti alle volte di Marina di Ravenna.
Ecco, non proprio come l’acqua trasparente dello Jonio pugliese, ma ci si è accontentati dell’immensità del mare, delle barchette all’orizzonte e della sabbia ancora calda.

Dopo una buona piadina – non so se ve l’ho già raccontato, ma la piada è l’unica vera voglia che ho SEMPRE da quando sono incinta – ci siamo diretti alla spiaggia che era grande e vuota.

Stesi i nostri teli, abbiamo preso fuori i libercoli che ci siamo portati per prepararci ad un rilassante pomeriggio.

Tino aveva un volto tra il radioso e il pacioso, di chi si sente proprio proprio in meritata vacanza, io miravo il mare come quelli che hanno lo sguardo pieno di romanticherie.

Lui si è subito disteso a leggere, profondendosi in squasi di piacere del tipo “ahhh, come amo il mare!” ” ahh, come sono contento di rilassarmi un po’” ” ahhh, come siamo stati furbi a venire al mare oggi, non c’è proprio nessuno!” (quest’ultima affermazione partiva da Furber King)…

Io – devo dire – ho avuto invece qualche difficoltà in più.
Mi sono stesa di schiena con L’ombra del vento in mano, pronta ad un pomeriggio di immersione totale nella lettura.
La mia pancia ha cominciato a ballare, che Frollina poco gradiva il legno duro della sabbia; ho tentato di fare da perno con l’osso sacro acavvallando le gambe e mi sono incastrata in una posizione se non dubbia, quanto mai faticosa. L’osso sacro, dopo circa 30 secondi ha cominciato a dolere alla grande.
Stufa di inutili tentativi, mi sono decisa ad alzarmi, per fare una passeggiata.
Ho cominciato a caracollare su me stessa e a strisciare come un vermicione obeso per tentare di trovare il modo di alzarmi in piedi.

Potevo chiedere aiuto a Tino, ma anche noi gravide panzone abbiamo una dignità e così mi sono tentata di far tutto da sola.
Dopo aver impietosito tutte le 4 persone presenti sulla spiaggia, ormai a bocconi, mi sono dovuta convincere che dovevo rivolgermi al mio Prode e farmi assistere nelle grandi manovre.

In fondo in questo casino c’entra anche lui no???

Finalmente carrucolata in piedi, mi sono messa a camminare lungo la riva come una sirenetta delle pubblicità del doposole.

Ma più che una sirena, sembravo una balena spiaggiata…
A quel punto ho capito che non c’è nulla da fare: per quanto ci provi, la mia pancia vince, mia figlia ha la meglio…

Destino di tutte le madri o riuscirà prima o poi Panzallaria a imporre la sua potestà materna????

…però siamo stati proprio bene…

Consigli di visione: ieri ho visto proprio un bel film: V come vendetta. Tratto da un fumetto del 1983, contiene molti temi di pesante e triste attualità, come il neocolonialismo americano, il rischio dittatoriale della paura e i complotti politici per ottenere sempre più potere grazie all’insicurezza del popolo.

Ho pianto tanto – ma questo non fa testo, l’ormone dell’incintudine ha ormai preso il sopravvento – ma mi ha anche fatto pensare un bel po’ alle responsabilità civili di ognuno di noi…
Insomma: proprio un film da vedere!

Dubitanda sum

Al corso di acquagym per mammande, parlando con una nuova amichetta di pancia, ho scoperto alcune cose di grande sollievo per la sottoscritta che la mia ostetrica mangiavverbi non mi dirà mai…

  1. non esistono più – almeno nella mia città – le sale di travaglio collettive: ogni donna travaglia per suo conto, con le persone che ama (ma mi ha assicurato che la suocera se non la voglio la tengono fuori)
  2. non depilano più il pube delle puerpere…che di sembrar l’ultimo dei moicani proprio non mi interessa
  3. non ti fanno la peretta forzata prima delle spinte pelviche; le evacuazioni sono mie e mi arrangio prima di partire da casa!

Sono molto più serena all’idea di far uscire dalla mia vulvetta santa una creatura a questo punto.

Anche se – a dire la verità – nessuna delle tre cose sopraccitate mi aveva nemmeno sfiorato come dubbio… ma sicuramente ci avrei pensato l’8 dicembre, facendomi prendere dal mio solito panico tardivo…quindi grazie amichetta di pancia!!!!

pregnancy week by week

Casalinghe di – sparate

Aggiornamenti sulla caldaia che hanno quasi tolto il sonno a Tino e ne hanno fortemente minato lo spirito; sia nel suo essere di Furber King che in quello di Uomo attrezzo. Quest’ultimo voleva addirittura liberarsi del trapano, pensando di non esserne più degno.

L’arkeologo ha fatto una scoperta ferale, che eviterà a noi di metter mano al portafoglio per qualche tempo ma che ci ha gettati in un baratro di vergogna e indignazione profonda per il nostro essere…

La caldaia ha ripreso a funzionare; ma non è stata una magia. Ieri ho scoperto che anche le caldaie (come la maggior parte delle cose meccaniche) hanno un interruttore. Bhé, nel nostro caso l’interruttore era…spento!!!!!!!!!

La caldaia non funzionava a causa di un interruttore spento. Manco mia nonna Rosa – sciancata, ciecata e completamente inetta dal punto di vista tecnologico – ci sarebbe riuscita.
Noi si.

Per parte mia, mi sono fatta un’enorme risata e poi ho tentato di preparare per l’arkeologo e il suo collega il caffè più buono che avessero mai bevuto, prostrandomi ai loro piedi e sproloquiando scuse….

Per Tino è stata una botta durissima. Perché colui che si sente il re tra i furbi, l’uomo più ingegnere senza laurea che il creato ricordi, l’attrezzo in grado di migliorare la vita delle persone, ecco – per lui – è un colpo bassissimo.

Tornato a casa ha fissato circa un’ora, nel buio della sera, il giallo accesso di questo interruttore. In silenzio. Come colui che guarda il proprio carnefice sul tavolo del boia.

Poi, con la faccia da mocassino tirato, è uscito dal bagno. Mi ha guardata e ha sentenziato: “è un mistero”…”quell’interruttore non è mai stato acceso eppure noi abbiamo sempre avuto acqua calda, fino a poco tempo fa. Me lo ricorderei acceso. Io so che le cose hanno interruttori ma non mi sono mai posto il problema perché l’acqua calda c’è sempre stata!!! E’ un mistero, un vero mistero!!”

Insomma, alla fine ha deciso che è tutta colpa dei fantasmi che popolano casa nostra.
Ma credo che stanotte ci abbia pensato molto. Forse non vorrà più vedere l’arkeologo per colpa della gaffe.

L’eroina dei lavori di casa invece, che da quando opera nel suo ufficio/stanzadegliospiti/stanzadifrollinainarrivo può coniugare la sua attività di uebprojectwriter con quella di casalinga, ieri sera ha fatto una cosa che non aveva mai fatto nella sua vita precendemente.

Perché Tino ora è un uomo importante che va a riunioni importanti e deve andarci vestito con tutti i santi cliches.
Mica cavoli!

Insomma: HO STIRATO

Prima ho dovuto ricordare dove avevo infilato il ferro e il piano da stiro che mi ha regalato mia mamma 4 anni fa, quando venni ad abitare qui.
Poi ho dovuto ripulire i buchini del ferro da stiro dal calcare accumulato in anni di inutilizzo (e ho utilizzato il viakal del bagno…).
Successivamente ho dovuto studiare bene questo strano oggetto per capire come funziona e a cosa servivano tutti quei buchi, lucine, manopole e via così…

Alla fine mi sono apprestata al lavoro di stiraggio, con l’ottusa convinzione che mi sarebbe pure potuto piacere.

Ho scoperto una cosa ieri sera.
Una cosa che è importante che sappiate anche voi: stirare è una di quelle robe che non auguro a nessuno, ma proprio a nessuno!!!

Ti massacri la schiena – e in effetti al settimo mese di gravidanza ci sono cose più facili da fare -, ti annoi a morte. Il vapore ti sale addosso e ti secca la gola.
Le pieghe più difficili non se ne vanno con una semplice passata…

Un lavoro da veri duri, una prova esistenziale che non credo sia prevista dagli skill accumulati con una laurea e un master…

Non credo sarò mai una casalinga vera, di quelle che guardano Forum mentre stirano le robe del marito, di quelle che nel frattempo hanno su la peperonata e il ragù e correggono i compiti ai figli.

Sarò una casalinga disperata disparata e un pò cazzona.
Ma mi adeguerò, almeno, ad imparare a stirare.

Ahhhhhhhhhhhhh l’amidoooooooooooooo

Sociopatia

Sono in piena fase sociopatica; non ho voglia di uscire né di vedere gente. Me ne starei rintanata nel mio buco a leggere e dormire…

Non sono mica depressa, sia chiaro. Semplicemente sento l’autunno, anche se le temperature sono ancora estive.

Non ce l’ho con nessuno, sia chiaro. Semplicemente mi mancano le energie per gestire la mia vita relazionale.

A volte capita. Anche a me che di solito sono la reginetta dei rotocalchi mondani! 😉
Anche a me che c’ho la sindrome della tour operator.
Che quando si esce deve sempre proporre qualcosa da fare e che se qualcuno si annoia sta male come se le avessero pestato un piede…

Ora sono in piena fase conservativo-preparatoria.
Perché ho la testa piena di Frollina e fra lei e il lavoro mi rimane poco spazio (già è poco quello di cui dispongo normalmente…).

Perché sento un gran bisogno di passare del tempo con Tino, che – tra l’altro – sta lavorando come un matto e così ci si vede anche poco.
Perché sto leggendo un libro molto bello: L’ombra del vento e ho voglia di immergermi totalmente.

Per contrastare il senso di colpa da sociopatia, ho però deciso di organizzare un bel festone per il mio compleanno, a fine ottobre.
Una di quelle feste in cui si esce tutti storti e per una sera si è tutti amici di tutti. In cui si conosce gente nuova.

Un festone che spero mi riempia la casa e i ricordi.
Perché è l’ultima festa senza frollina. Perché compio 33 anni e fin qua ci siamo arrivati, che meraviglia.
Perché amo la vita che ho e mi sento molto fortunata per tutte le cose belle che stanno accadendo.
Perché poi lo so che gli amici spariscono non appena si sentirà aleggiare nell’aere odor di cacchetta di neonato (naturalmente scherzo…spero!) e voglio un compleanno alla grande, con tutti, tutti quanti.

Perché magari il prossimo sarà più dura fare un festeggione allo sfascio e invece ogni tanto ringiovanisce l’animo delle persone.
Perché il mondo è già abbastanza brutto, tra i papa-Razzi, i Bush, i Bin Laden e le polveri sottili che almeno in casa Panzallaria vogliamo coltivare la leggerezza!!!

Perché ora sono sociopatica ma poi lo so che mi passa e quando passa mi torna la voglia di fare la tour operator e la pierre della situazione…

nell’attesa, chiedo a chi mi frequenta e conosce di avere un po’ di pazienza. L’agenzia viaggi è momentaneamente chiusa per ferie ma io ci sono e vigilo più che mai…;-)

Magari per qualche giorno starò anche in pausa con il blog. Ma magari no. Se così fosse non preoccupatevi che sto solo ricaricando le batterie…

L’ostetrica


Terza lezione del corso preparto. Uno stanzone pieno di mammande in attesa e mariti/compagni/fidanzati e zanzare risvegliate dagli strascichi di estate.

E poi Lei: l’ostetrica, la maestra, l’entità suprema che dovrebbe instillarci fiducia nei nostri uteri e nelle nostre mammelle. Colei che porta il sapere e per la quale il travaglio non ha nessun segreto.

La nostra ostetrica è alta al massimo un metro e cinquanta – la natura l’ha già fatta ad altezza coscia insomma – è bionda platino, con un caschetto anni settanta e porta un sorriso largo, da donna-mamma di tutti.

Di origini centro – italiane, ha una naturale inclinazione a mangiarsi le parole, rafforzata dall’assoluta mancanza di logica sintattica, per cui nella stessa frase non riesce a metterci soggetto, verbo e complemento. E’ più forte di lei. Sembra quasi che le provochi un dolore fisico.

E poi è una di quelle persone che si perde nei suoi pensieri, gesticolando come il figlio di Piero Angela, sembra vagolar con la mente dentro al tuo utero e le frasi si attorcigliano tra di loro, in un sinuoso gioco di equivoci che fa chiedere l’un l’altro agli astanti “cosa ha detto?” “utero come?” “epidurale cosa?” e così via.

Insomma: un vero disastro!
Se poi ci mettete che in questi corsi lo psicodramma e la terapia collettiva sono di casa (cose entrambe odiatissime dalla sottoscritta e da Tino!), la frittata è fatta.

2 ore interminabili passate a confrontarsi a gruppi sul “ruolo della mamma e del papà” “competenze del bambino in gravidanza” (io vorrei imparasse fin da subito a lavare i piatti…) e “angoscie e felicità durante questi mesi” con delle estranee, per poi fare outing collettivo e scoprire che la paura più grande di tutte noi è lo spettro, incombente, della SUOCERA…

Insomma – robe di cui già chiacchiero normalmente con le mie amiche, senza bisogno di andare a farlo con un’ostetrica!

A me piacerebbe sapere:
cosa si prova quando ti si rompono le acque e come fai a sapere che è giunto il momento dello scodellamento; cos’è il travaglio; come devo allattare; e cos’è l’ovetto????

ci sono negozi dove puoi fare acquisti di roba usata????

E’ vero, come dice Tino, c’è sempre Google, ma a me piacerebbe che tra un avverbio, un cioé e un complemento di luogo, la cara Ostetrica ci infilasse anche un po’ di sostanza: in fondo siamo tutte lì per quello.

Ieri Tino si è pure scapicollato dall’ufficio, per arrivare in tempo a questa lezione (che per lui era la prima) e dopo un po’, avendo capito l’andazzo, c’aveva una faccia da mocassino tirato a lucido che era tutto un programma.

Il buon paparino ha anche provato a farle qualche battuta – sperando così di scioglierle la lingua e la grammatica – ma la cara signora sembra essere sottodotata di senso dell’umorismo ed è finita che in 24 abbiamo cercato di spiegarle il senso di quel che uomo aveva detto.
Ma forse abbiamo usato periodi ipotattici troppo complessi…

L’apice della serata è stato quando abbiamo fatto il “rilassamento di coppia”. Abbarbicati a noi come marsupi, i mariticompagnifidanzati ci facevano da poltroncina e tutti distesi a occhi chiusi, la voce della Ostetrica ci guidava in uno stato meditativo per comunicare con i nostri feti.

Tino ed io – concentrati su Frollina – ad un certo punto abbiam proprio fatto la figura dei cioccolatai, perché nel mezzo di un “cioè” e di un “capite” e di un “respirate” ad occhi chiusi, Ostetrica se ne è uscita con un “pensate ai rumori che sente il vostro bimbo: lo stomaco, la pancia e l’intestino della mamma” e noi come due scioccherell, a pensar al “cul che fè trombetta” della sottoscritta, non riuscivamo a trattenere il riso.
E anche Frollina deve essersi divertita, perché saltellava contenta sulla mia vescica, come a dire “ma dove mi avete portata?”.

Insomma, c’è sempre tempo per migliorare ed è solo la terza lezione, ma speriamo che Ostetrica in questa settimana si mangi un vocabolario di sostanza a colazione, perché un altro mercoledì a parlar di mia suocera con altre (simpatiche ma sconosciute) panzone non l’affronto!!!