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Raccontare il 13 novembre a mia figlia

Con il non marito abbiamo deciso di raccontare a Frollina, per sommi capi, cosa è successo a Parigi. Ci siamo confrontati e ci è sembrata una scelta necessaria: nostra figlia ha 9 anni ed è giusto che sia consapevole (almeno un po’) di quello che succede nel mondo. Inoltre, probabilmente nei prossimi mesi si parlerà molto di quello che è accaduto, le nostre vite un po’ cambieranno e non volevamo che lei si sentisse persa perché senza informazioni.

Ho ripensato a quando ci fu la strage di Bologna, avevo 7 anni, e ricordo quanto avessi bisogno di avere informazioni per non farmi prendere dall’angoscia.

Le avevamo già raccontato dell’Isis in passato, dicendole che ci sono persone che hanno un credo diverso e che tra queste persone ce ne sono alcune che usano questo credo per schiacciare gli altri e non esitano alla violenza. Oggi ci siamo seduti tutti insieme e – dopo averla immediatamente rassicurata che i suoi cugini parigini stanno bene – le abbiamo detto che alcune persone hanno sparato e ucciso molta gente a Parigi.

Ci ha fatto tantissime domande, la prima delle quali: “Ma chi è morto aveva figli?” e io ho dovuto buttare indietro le lacrime. Ci ha chiesto se l’ISIS può entrare in casa e – anche se non le abbiamo specificato i luoghi degli attentati – ha subito pensato, con preoccupazione, al fatto che noi viviamo accanto a uno stadio “dove vengono tante persone”.

La abbiamo rassicurata il più possibile ma alla domanda: “Vero che in Italia non arrivano?” non ce la siamo sentiti di risponderle un no secco, le abbiamo detto che dobbiamo sperarlo e impegnarci nel nostro piccolo per essere persone tolleranti, aperte ma anche attente.

Conoscere le cose con lo studio, rispettare gli altri qualunque cosa credano e imparare a difendersi: ecco ciò che possiamo fare.

Frollina da due anni fa karate a livello agonistico, le piace un sacco e le ha dato una grande sicurezza in sé stessa, lei che non è tanto alta e un po’ magrolina. Le abbiamo detto che anche questo le serve, di stare il più serena possibile e di continuare ad impegnarsi.

Io non so se abbiamo fatto bene o male, ma questo è il mondo in cui vive, questa è l’epoca in cui siamo: di fronte al male bisogna sviluppare, ognuno, i propri anticorpi e capire come affrontarlo. Come madre, provo una enorme sofferenza a pensare a quello che le stiamo passando, d’altronde possiamo solo cercare, ognuno a suo modo, di impegnarci il più possibile.

Ora, sono certa, passeremo molti giorni in cui lei – ciclicamente – farà domande per essere rassicurata e io tenterò SEMPRE di proteggerla. Subito dopo averle parlato ci ha chiesto se poteva vedere un po’ di cartoni: fa sempre così la frollina, sembra che le cose le scivolino addosso e ha bisogno di “distrarsi” quando non riesce ad affrontarle perché più grandi di lei, ma poi scopri che giorno dopo giorno ci pensa e ci torna su.

Le ho acceso la tv: programma scemo, bambini che ridono e si fanno scherzi.

Sta ridendo anche lei, nel suo pigiama della domenica mattina. E io la lascio ridere, certa che il suo cervello stia macinando cose, dubbi a cui non sa darsi una risposta e anche io faccio fatica.