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Sapersi ascoltare, sapere parlare: due regole di Gianni Rodari valide anche online

La discussione e la dialettica online sono diventate sempre più difficili? La prevaricazione, lo sdegno e il giudizio sono le caratteristiche prevalenti del dibattito in rete? L’ascolto dell’altro è faticoso e ci si allena sempre meno a praticarlo?

Tanti spunti – per sviluppare anticorpi a tutto ciò e praticare una relazione generativa con gli altri online – li troviamo fuori dalla rete. Perché alla fine, è chiaro, le dinamiche sociali sono sempre quelle e prima che un’educazione digitale, abbiamo bisogno di tornare a un’educazione relazionale che sta alla base di tutto quello che facciamo in mezzo alle persone.

Nella raccolta di saggi di Gianni Rodari, Scuola di fantasia (Einaudi, 2014) lo scritto “Bambini, insegnanti, genitori” del 1970 contiene due consigli che dovrebbero essere una stella polare anche per chi usa i social network.

Ci sono regole non scritte, non codificate, che tutti dobbiamo, insieme, fare nostre. La prima è sapersi ascoltare. Abbiamo sempre troppa fretta di scavalcare le persone per arrivare allo schema che le rappresenta. Chi è quello che parla? Un reazionario. Un estremista. Un esibizionista. Un democristiano. Un liberale. Un idealista. Eccetera. L’etichetta ci serve per anticipare le sue conclusioni, per schematizzare il suo discorso. E così ci vietiamo di capire se in ciò che sta dicendo c’è, o non c’è in modo indiretto e distorto, qualcosa che può essere vero e utile per noi.

Un’altra regola è quella di saper parlare. Parlare di cose, di problemi, di oggetti, senza personalismi, senza esibizionismi. Parlare per dire, non per ascoltarsi. Parlare per comunicare, non per sfogarsi. Parlare per cercare, non per auto-affermarsi, non per proclamare. Più difficile, ma ugualmente necessario, è nell’incontro e nella discussione non cercare la vittoria, ma l’intesa, la decisione possibile e opportuna. Discutere per avere assolutamente e sempre ragione su ogni punto è puerile.

 

Sul rovescio

Uno può cambiare anche mille e mille volte. Pelle, faccia, gusti, pareri. Uno si evolve se ha voglia di vivere bene. Uno cresce, si emancipa, si scontra e poi rincontra, si scazza e poi smazza.

Uno per sopravvivere si adegua. Ma anche no. Legge, impara, sbaglia, grugnisce, sfinisce, sbatte la testa.

Uno taglia cordoni ombelicali.

Ma sono convinta che il sugo dell’essere, il nocciolo profondo dell’anima, quello è come un filo rosso che ti accompagna sempre. Stasera mentre una straripante luna piena soffiava venticello estivo sui miei passi a falcate pensanti, un’illuminazione sul mio nocciolo mi ha attraversata come un lampo.

Il filo rosso di ogni mossa che muove da me si riassume in una doppia citazione

“sul rovescio dell’ estate la chiave dell’estate” – V. SERENI, Un posto di vacanza, Milano, Garzanti, 1981, p.41

“la chiave del quadro sta nella figura di fondo, è un gioco del rovescio;” – A. TABUCCHI, Il gioco del rovescio, in Il gioco del rovescio, p.11.

Non credo sia un caso che su queste due citazioni si sia giocata gran parte della mia tesi di laurea e che il rovescio delle cose sia sempre il lato che preferisco.