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Consapevolezze professionali e sapere dire “no”: ho imparato dopo i 40

Ho ormai raggiunto i 40 anni, anzi – ad essere sincera – sono entrata da qualche tempo nei 41. Ho anche raggiunto i 40 chili persi, anzi – ad essere sincera – ho raggiunto i 43, passando dall’essere una persona obesa (102 chili di peso) a una donna normopeso (59), sportiva e con un sano stile di vita alimentare. Cambiare mi ha insegnato molto, anche dal punto di vista professionale.

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Due banali conti. Anzi 40.

Ho imparato che non posso sempre piacere a tutti. Ho imparato che posso cambiare. Ho imparato che non mi serve il mio zainetto di ciccia. Ho imparato che posso chiedere aiuto. Ho imparato che ridere fa sempre bene, ma a volte bisogna anche sapere piangere. Ho imparato che gli amici, quelli veri, sono pochi, ma quelli che ci sono, sono perle. Ho imparato ad accettare che ogni tanto mi dimentico qualcosa. Ho imparato a farla anche nei bagni pubblici, se mi scappa. Ho imparato a sentirmi un po’ meno in colpa se non riesco a fare TUTTO quello che mi sono prefissa, in contemporanea. Ho imparato che sono fortunata: non ho nemmeno un capello bianco. Ho imparato che la pasta mi appesantisce e posso farne a meno. Ho imparato che se mi dimentico a casa le mutande, partendo per un viaggio, posso sempre comprarle al supermercato.  Ho imparato che niente è definitivo, ma tutto ci definisce. Ho imparato che se un treno è già passato, posso sempre raggiungere la meta con mezzi alternativi. Ho imparato che mi piace imparare, che non è peccato non averlo fatto ancora e che non è vero che le persone non cambiano mai.

Non ho ancora imparato ad andare sulle montagne russe. Ho ancora paura dell’areo. Non sono mai stata fuori dal nostro Continente. Devo dimagrire ancora 20 chili. Non ho mai fatto la testimone di nozze. Non ho superato l’ansia di sbagliare. Non riesco a smettere di ripetere sempre le stesse cose alle persone. Devo imparare a non farmi tremare la voce quando parlo di cose a cui tengo molto. Non ho ancora imparato a dire no quando vorrei dire no, a fare contrattazioni economiche e – in generale – a parlare di soldi senza sentirmi una ladra.

Non ho ancora imparato a fare delle belle foto, a cucinare un buon piatto di pesce, a cuocere una torta a cucire un pupazzo di calzini per mia figlia, a non confondere i numeri alti e a capire i calcoli complicati. Non ho imparato nemmeno a salire sullo scooter dal lato destro, che sono sinistrogira.

Quest’anno vorrei riuscire a dimagrire, sentirmi bene, viaggiare molto, non pensare ai soldi che mancano sempre, passare molto tempo con Tino e la Frollina, ricordarmi che mia figlia è una persona staccata da me, avere tanti progetti sulla scrivania, invece che nel cassetto, fare cose belle con le persone che amo, uscire spesso con gli amici, girare molto in bicicletta e vedere tanti posti nuovi.

Con occhi nuovi.

Oggi sono 40 e questi sono i miei due banali conti.

 

Le start up e i quarantenni

Io questa cosa che adesso vanno di moda solo le start up dei giovani non la mando tanto giù, che c’è un gran parlare di start up, che c’è un gran finanziare di start up, ma tutti quelli che ci stanno dentro devono avere meno di un tot anni e quel tot anni di solito è meno di 35.

Che sono assolutamente d’accordo che bisogna fare largo ai giovani e che la generazione di chi ha 25 anni oggi, in Italia, è particolarmente scalognata in termini di lavoro, ma anche noi che ne abbiamo 40, di anni, non è che poi ce la siamo passata bene, sempre sulla punta del baratro, cresciuti in un mondo vecchio, mentre il nuovo già si faceva avanti e noi nemmeno ad accorgercene.

Siamo la generazione di quelli che sembrava dovessero rimanere giovani per sempre, che hanno fatto i fuori corso per secoli e poi ad un tratto si sono trovati in un mondo dove tutte quelle robe che ci raccontavano al Liceo prima, all’Università dopo, non si sono mica tanto avverate.

Ricordo una prof di matematica che sembrava Renato Zero, nella scuola che ho frequentato io tra gli anni 80 e 90, dire che noi altri che facevamo il Liceo – e che sicuramente avremmo frequentato l’Università – saremmo stati i dirigenti del domani.

Ricordo professori dell’Università, ma anche del Master, che ci riempivano la testa di baggianate. Uno in particolare, me lo ricordo perché ero a Milano e me lo ricordo perché ormai il mondo vecchio non esisteva più, ma c’era ancora la bolla del web, ci diceva che dopo un Master così, con una preparazione così, se entro 2 anni non avessimo guadagnato almeno 4mila euro, ecco avremmo potuto considerarci dei falliti. Era il 2002.

Noi ci siamo trovati schiacciati dai vecchi che non se ne volevano andare, eterni ragazzini nelle nostre abitudini post adolescenziali, a pensare che tanto di tempo ce n’era, che tanto noi eravamo dei privilegiati (colpa nostra), che il posto fisso prima di tutto (ma tanto ce n’era per tutti) e alla fine in pochi abbiamo davvero tirato fuori la voglia di osare. Altri hanno aspettato fin quando si poteva e poi ad un dato momento si sono accorti che ormai erano vecchi per fare uno stage, vecchi per il posto fisso, vecchi per fare dei figli.

Quelli che sono stati un po’ più lucidi, magari ci hanno anche provato a mettere su delle aziende, ma tutto un po’ dopo, tutto un po’ meno urgente, che quando sei una generazione che ha dietro i privilegi dei tuoi genitori e davanti il baratro, non è mica semplice accorgersi subito che il tempo stringe per tutti.

E allora ecco, ci sono un sacco di 35/40 enni che le start up le vorrebbero fare adesso, adesso che start up sembra sia diventata una moda, sembra sia un sinonimo di giovane, mentre non sta scritto da nessuna parte che uno debba pensare a nuove idee solo perché è giovane.

Poi oh, anche se siamo dei quarantenni, di energie ce ne sono ancora da spendere, di cose da dare ne abbiamo ancora. Noi quando avevamo 25 anni, la parola Start Up ci faceva venire in  mente solo il dado da brodo e adesso che di anni ne abbiamo 40, non vedo perché tagliarci fuori da finanziamenti e sgravi.

Che poi soprattutto le donne, a 40 anni magari cominciano ad avere figli più grandi e allora viene proprio la voglia di dire ecco il mondo del lavoro, quel mondo del posto fisso e del dirigente del domani mica mi rappresenta, però io delle idee ce le ho ancora, non sono ancora da mettere in naftalina. Ho anche abbastanza saggezza, che a 40 anni quasi tutti (io su di me ho spesso dei dubbi) siamo più saggi e magari è la volta buona che ci riesco davvero ad avviare una start up!.

Ecco io oggi ho letto questo articolo e poi mi è tornato in mente che era un pezzo che volevo scriverla questa cosa qui, perché insomma, anche noi che siamo nati in quegli anni là, in cui la rivoluzione era possibile, ma era possibile anche l’opulenza degli 80, i baby pensionati e le case al mare di famiglia e le vacanze di 3 mesi e le gite rimborsate dall’azienda e i liceali che diventano i dirigenti del domani e gli ingegneri che li assumono prima della Laurea, allora anche noi, che non siamo più giovani ma manco stanchi della vita, nel pieno dei nostri anni, potremmo averla quella voglia lì, di trasformare un’idea in una start up.