Alle ore 19.45 di ieri, quando sono entrata in Sala Pertini dove Anita stava provando il monologo con la regista, la mitica Francesca Migliore, ecco sembrava che mi fossi fatta una pista di cocaina e invece non ingollavo ne’ cibo ne’ acqua da almeno 8 ore.
Mamma Elegante mi aveva truccato e parruccato bene (ho scoperto che quando ci si pettina si sembra moooolto più ordinate!) e c’avevo addosso i vestiti della festa acquistati in mattinata.
La Frollina – a cui negli ultimi giorni sta facendo copiosamente da baby sitter la Pimpa, durante le varie telefonate che ricevo – prima di uscire mi guardava con i suoi occhioni da cerbiatto smuovendo ogni anfratto della mia anima e solleticando i sensi di colpa di mamma, sempre pronti ad azzannarmi le caviglie.
Eppure mi ha fatto ciaociao con la manina e si è messa serena a giocare con nonna, come se lo sapesse che per mamma era una serata importante.
Alle ore 20 arriva il fotografo di Repubblica e noi tre donne dello spettacolo ci mettiamo a posare per lui che mi sembrava di essere una Flavia Vento, solo formato extralarge.
All’inizio sono imbarazzata e lotto con la percezione della mia immagine (che mi sento sempre un rutto e le foto non sono proprio il mio forte) poi ci penso e risolvo che chissenefrega, io mi voglio divertire, chissenefrega, siamo in ballo e allora balliamo e mi atteggio a diva dei poveretti, ridendo e scherzando mentre ci fotografa.
Alle 21 la sala è piena. Straripante. Prego in silenzio che vada bene e quando vengo coinvolta nel rito della Merda teatrale sono talmente emozionata che non sento nemmeno la mia voce ma solo il tonfo del mio cuore nel petto.
In scena un asse da stiro e qualche altro oggetto.
In scena sale Anita e parte la musica.
Lei comincia a leggere e io – seduta in prima fila – sento tutti i muscoli tendersi e tirarsi. Mi sento come un palo nel culo, diciamoci la verità.
Le orecchie sono radar. Devono captare ogni segnale che provenga dal pubblico per capire se si ride o ci si annoia; quando la prima risata giunge ai miei timpani e io stessa sono colpita dalla bravura di Anita, penso che allora, forse, il mio non è solo un giudizio di parte.
Quando a ridere sono, ancor timidamente, in tre comincio a distendere i muscoli.
Quando si diffonde lo sghignazzo e tutti – compresa la giornalista che mi è seduta accanto – sembrano divertirsi: sono una donna felice.
A tratti mi commuovo.
A tratti vorrei salire sul palco e abbracciare Anita Giovannini che sta dando spessore alle parole in un modo per me assolutamente inaspettato.
Un’ora fila via e io sono emozionata e felice.
Porcavacca che esperienza!
Porcavacca che divertimento!!!!!
La gente applaude. Non sono io che devo dirlo (ditelo voi per favore, così mi leggono e facciamo delle repliche!!!!!!!!!!!!!!!!!!) ma è andata bene. Complimenti, pacche sulle spalle, salgo sul palco e impasto qualche parola con i lucciconi degli occhi e bofonchio qualcosa e mi inchino scoordinata che per fortuna c’è Anita che è di casa con ste cose perché io non sono proprio capace.
GRAZIE
GRAZIE A TUTTI VOI
grazie a quelli che c’erano e da anni mi leggono ma anche a quelli che sono venuti per caso
grazie a tutti quelli che non c’erano e mi hanno mandato mail da ogni parte del mondo, pensieri, sms e incoraggiamenti
grazie al Teatro della Rabbia che non lo sa ma se la donnarettile langue da un po’ è anche merito suo
che io l’ho sempre detto
che l’unico antidoto a questo brutto mondo
è RIDERE