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La rivoluzione è una catena (di Sant’Antonio) 2.0

Oggi facciamo la rivoluzione. Abbiamo appuntamento alle 21. Mi trovo prima con Mario in chat e poi su facebook insieme agli amici del gruppo “La rivoluzione è una catena. Sciogli le catene della politica“.

Ecco come comincia la rivoluzione che abbiamo in mente: ognuno di noi ha adottato la pagina fan di un politico. Ognuno di noi ha fondato un piccolo gruppo di follower dormienti che al segnale del capogruppo saranno pronti a partire.

Alle 21 precise potremo scaricare dal gruppo (segretissimo e lucchettato) le foto di 4 gattini: Aramis, Portos, D’artagnan e Athos in pose tenerissime che giocano con palline, gomitoli di lana e cavi del pc. I gattini  hanno l’obiettivo di incentivare il maggior numero di like possibile grazie al potere proattivo che esercitano su ogni cittadino.

Alle 21.05 ogni gruppo e tutti i follower dormienti in contemporanea posteranno sulla pagina del politico che hanno adottato la foto di uno di questi gattini e inviteranno gli amici a farlo anche loro, per condividere la rivoluzione che così sarà sharata in ogni dove

Faremo così per 21 giorni (abbiamo pensato che completare un ciclo lunare sia FONDAMENTALE per la purificazione del gruppo). Ogni giorno invaderemo la pagina facebook e il profilo twitter e anche google + (sebbene non se lo cachi nessuno) del nostro politico fino a quando non gli sarà completamente impossibile stare dietro a tutta questa orda di gattini tenerini, strasharati e super rivoluzionari.

Faremo impazzire il sistema: bloccheremo l’accesso al digitale di qualsiasi parruccone e potentato del Paese dando il via a una serie di eventi di portata mondiale.

Li stroncheremo a forza di like.

La nostra è una rivoluzione silenziosa, per la quale basta avere uno smartphone e passare molto tempo su facebook.

Personalmente ho ancora dei dubbi, nel senso che non ho ben capito come questo potrà incidere sul potere decisionale dei politici, ma sono bazzecole confronto al fatto che potrò dire di avere partecipato anche io alla rivoluzione (Portos è il gattino del mio gruppo), che potrò segnalarlo cambiando il mio avatar su tutti i social network e che probabilmente il nostro gesto avrà delle conseguenze importanti, come per esempio stimolare tutti gli italiani a firmare la nostra petizione online: “Se non c’è lavoro, allora vogliamo stare sempre in vacanza pagati così non rompiamo i maroni a nessuno

E dopo che in tanti avremo firmato la petizione online e dopo che i nostri gattini avranno invaso e dopo che ci avranno laikato e dopo che il nostro klout sarà schizzato come una pallina in un flipper, voglio proprio vedere se non si cambia questo mondo!

Questo articolo/testimonianza anonima è comparso su “Croniche digitali”, un giorno qualunque del primo anno della rivoluzione

Il giorno in cui è finito Internet: il riciclo di una Social Jobber

Se lo ricordano in molti quel giorno, il giorno in cui è finito l’Internet.

Si sono spenti tutti i Server del mondo, senza che nessuno sappia ancora bene il motivo. Chi era su Facebook ha visto per un po’ la rotellina dell’aggiornamento girare, ha provato a ricaricare la pagina – pensando a uno stop momentaneo – e il profilo costruito con fatica e sudore, a suon di “mi piace” e commenti sagaci è scomparso.

Per sempre.

Chi si era comprato followers su Twitter si è trovato, d’un tratto, senza alcun buon investimento: molto meglio lasciare quei soldi sul libretto postale del nonno. Beppe Grillo è dovuto tornare a fare il comico e ora gestisce un locale di classe, il “Five Stars” a Lavagna, sulle Cinque Terre.

Io mi sono ritrovata così. Senza un lavoro, senza molte delle cose che ho costruito nell’ultimo decennio.

Quando ci siamo resi conto che la fine dell’internet non era una cosa temporanea e che nessun governo era disponibile a fare qualcosa di efficace per capire cosa fosse successo (qualcuno anzi sembrava quasi sollevato dalla cosa), in famiglia abbiamo capito che dovevamo INVENTARCI un nuovo lavoro.

La domanda che ha cominciato a ronzarmi in testa è stata: “E ora IO cosa faccio?”. Mark ZUCCHEmberg si è impiccato al Palo Alto con il cavo di un modem 64k  e la notizia – ricordo – fece molta impressione.

I due di Google invece hanno deciso di scommettere sulle loro abilità e ora partecipano a TUTTI i quiz televisivi in giro per il mondo e riescono a rispondere entro pochi secondi a quasi tutte le domande del presentatore. Sono impressionanti. Non è tanto per la precisione delle risposte che vengono chiamati ovunque e pagati profumatamente, quanto per la velocità con cui le danno e per quei buffi look che indossano: metti che muore il Papa si vestono da Gesù in croce e se è la Festa dei Nonni si presentano in Studio con la zanetta (leggi: bastone) dei vecchi.

Io ovviamente ho dovuto fare il funerale al mio alter ego digitale, Panzallaria.

Abbiamo comprato una bara extralarge in mogano rosso. Volevo qualcosa di semplice ma al contempo raffinato. Ci abbiamo infilato dentro l’avatar e una montagna di commenti e flame da fare paura. Ho pianto molto quando il prete ha dato la sua benedizione, anche perché sia io che Panzallaria siamo anticlericali e non ho mai capito chi lo avesse chiamato.

Dopo il funerale, ancora con l’abito buono, mi sono messa a vagare per la città, alla ricerca di un lavoro.

Ovviamente evito accuratamente l’ora del coprifuoco, quella in cui i Social Zombie escono di casa, alla ricerca di qualcuno da far diventare “amico”. Se accetti ti coinvolgono in una mega rissa (real flame) e si cibano di tutto quello che hai di tecnologico in tasca. Non contenti di questo strazio, coinvolgono anche i loro amici Troll e spesso non riesci a fare più ritorno a casa.

Dicevo del lavoro. Mi sono messa a pensare a cosa avrei potuto fare, io che ero una blogger e una Digital P.R. “Devo stare in mezzo alla gente!” mi sono detta e seguendo il consiglio della Ministra Fornero, ho deciso di non essere troppo choosy e di provare con qualche lavoro umile, per sfiancarmi nell’attesa di trovarne uno migliore, che qui teniamo famiglia e mica posso aspettare qualcosa che mi piaccia eh?

Sono entrata in un ristorante, cercavano un cameriere: ho pensato che io quel che so fare è imbonire la gente, parlare, raccontare, socializzare. Cosa c’è di meglio di un ristorante? Ho parlato con il titolare. Gli ho spiegato che conosco benissimo la Netiquette e che sono abituata alla gestione multitasking. Mi ha detto “Prova” e ho infilato il grembiule. Purtroppo ho avuto sfortuna: per terra avevano appena passato lo straccio e così sono scivolata e l’involtino che tenevo nel piatto è schizzato come un tuffatore professionista, andandosi a infilare nella scollatura di una cliente.

Il titolare aveva un diavolo per capello. Ho provato a giustificarmi. Mi sono sentita molto umiliata. Ho anche usato l’arma del “Lei non sa chi sono io”. “Lei non ha idea” ho detto ” con chi ha a che fare! Ho una reputazione online davvero affermata io, se ci fosse ancora Internet non si sognerebbe nemmeno di trattare così una che ha un klout di sett…”. Il Crumiro non mi ha nemmeno lasciato finire: “Non voglio nemmeno saperlo cosa faresti al tuo CLOU, ho già visto abbastanza oggi che è il primo giorno. Tu sei fuori!”.

Me ne sono andata scoraggiata, pensando che forse dovevo seguire le orme di Mark e impiccarmi anche io, magari con uno dei tanti adattatori Apple che ormai mi servivano davvero a poco.

Invece, dopo tanto errare, è successo il MIRACOLO.

Una delle aziende di cui seguivo i profili social mi ha contattata. Cercavano una portinaia. Dice che come riciclo professionale, per i Digital P.R va per la maggiore. Dice che si può socializzare alla grande.

E infatti è un lavoro che mi piace moltissimo. Se sento la mancanza di Facebook, mi produco in conversazioni assolutamente inutili con le impiegate del II piano. Si parla del tempo, dei figli, ammicco e apprezzo il loro abbigliamento. Ho molti amici, non c’è che dire.

Quando mi tira che voglio sembrare intellettuale e sento molto la mancanza di Twitter, allora leggo a voce alta i titoli dei giornali associandoli a brevi parole chiave e commenti di approvazione. Più di uno, passando di lì, mi ha chiesto ulteriori informazioni, che voleva capire, ma non ho saputo rispondere, avevo “finito i caratteri” e questo idiota non se ne capacitava! Qualcuno l’ho dovuto perfino defolloware, stava diventando molesto e io volevo continuare a cinguettare in santa pace.

Sono abbastanza felice.

Senza l’Internet non si sta poi così male.

Una specie da tempo estinta come i venditori porta a porta di enciclopedie hanno fatto la loro ricomparsa: li vedi spesso litigare con un Testimone di Geova, davanti ai citofoni, per chi può esercitare lo Ius Primae Noctis su questo o quel campanello.

Le giornate sono meno convulse, siamo tornati padroni del nostro tempo. Io per esempio stasera, invece di stare al computer, ho invitato tutti i miei amici a casa per mostrare  loro le DIAPO del nostro ultimo viaggio alla STITICON VALLEY.

Sono molto emozionata. Ho preparato anche delle manine di cartone e chiederò a tutti di fare pollice verso se gli piacciono le foto. Qualcuno potrà commentare direttamente sotto l’album se vorrà. Sono sicura che sarà una serata bellissima.

Anche senza l’Internet posso ancora essere una donna felice.

[questo raccontino è nato come ispirazione da un aperitivo con le amiche geek Linda e Cecilia che anche se finisce l’Internet, loro si che hanno modo di riciclarsi bene! ]

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Ha senso mettersi in proprio in tempi di crisi?

 

Gli amici lo sanno e lo sanno anche le persone che mi seguono sul mio blog narrativo Panzallaria: da qualche mese ho deciso di investire tutto il mio tempo nella scelta di fare la free lance: mi occupo di contenuti sul web (blogging, articoli) e di posizionamento e comunicazione sui Social Media (Facebook, Twitter, Linkedin, ecc).   Non è che prima io fosse dipendente, ben inteso, ma ho sempre tentato di tenere i piedi in più scarpe, per il timore dell’errore.

>>>> continua su www.francescasanzo.net

 


Ricongiungimento identitario

Foto di Cartier Bresson

Quando aprii il mio blog Panzallaria su blogspot non volevo assolutamente essere riconosciuta. Il tempo è passato e piano, piano mi sono resa conto che Panzallaria e Francesca Sanzo sono le due facce della stessa medaglia.

Anche professionalmente.

E così oggi, nel fare un piccolo restyling al blog, ho deciso di usare il medesimo template per questo e per Francescasanzo.net che è il sito in cui raccolgo la mia esperienza professionale e il mio curriculum e scrivo di cose che hanno a che fare con la comunicazione on line. Ho strutturato la navigazione di entrambi in modo che i confini tra queste mie due anime sfumino l’uno nell’altro spontaneamente.

Come accade nella mia vita.

Spero vi piaccia l’idea!

14 luglio: aderisco anche io allo sciopero dei blogger

Domani non bloggherò nemmeno io. Aderisco all’iniziativa proposta da Alessandro Gilioli contro il Decreto Alfano. (vedi anche articolo della Stampa)

Perché quello dei blog è un mondo in cui finora non vigevano le regole burocratiche e ammazzapensiero che spesso annichiliscono la stampa e vorrei rimanesse tale.

Per cui domani

mi tappo la bocca e anche la tastiera

Vedi anche il network Diritto alla Rete

Panz on Streaming – Senigallia 2.0

Stasera dalle 21 sarò ospite, con Silvia Mobili di Senigallia 2.0 

Si parlerà di donne e web e delle nostre esperienze.

Chi vuole e non deve andare in discoteca, può seguire l’evento in streaming su:

http://www.ustream.tv/channel/senigallia-2.0

Io sto con gli eretici. Digitali

Da quando ho un blog ogni tanto ci penso. Ogni tanto no. Mi riferisco al peso che possono esercitare le mie parole. Già. Perché anche se ti legge una sola persona, quello che scrivi può rappresentare una bomba, un’illuminazione o uno scivolone di stile pazzeschi.

Aprire un blog è estremamente facile. Gestirlo – se sei minimamente logorroico come la sottoscritta che scrive post in 15 minuti netti – altrettanto.

La differenza che passa, però, tra un blog parlatoio in cui buttare dentro la qualunque senza il minimo pensiero e un luogo aperto al confronto e alla discussione e che rappresenti anche una fonte interessante per gli altri è la capacità di metterci dentro RESPONSABILITA’. Continua a leggere

Perché parteciperò al MamCamp

Il 23 maggio 2009 andrò a Milano per partecipare al MamCamp. Sulla scia dei BarCamp, il Gruppo 24 ore e Fattore Mamma hanno organizzato questa iniziativa per parlare di come internet può essere un motore di innovazione, creatività, sviluppo di idee e promozione di lavoro per moltissime mamme. Per condividere esperienze e lanciare proposte. Per ascoltare idee e per incentivare chi ancora si deve lanciare in questo mondo e vuole capire se è una strada percorribile.

Il Camp si rivolge alle mamme. Tutte. Non serve avere un blog o lavorare con la Rete: basta la curiosità, un’idea nel cassetto. Ma anche no. Continua a leggere

Il mio primo bar camp visto da casa: Rome Camp 2008

I Bar Camp. Non conferenze costruite con contenuti proposti dai partecipanti stessi. Dal basso, come piace dire a noi blogger, anche se il termine – oltre che abusato – ricorda caratteristiche nanesche di ben altro tipo.

Ieri e oggi a Roma si è tenuto il primo Bar Camp che è entrato nell’Università. Un evento costruito e organizzato proprio come si farebbe con una fiera o una conferenza. Per la prima volta la blogosfera ha conquistato, in massa l’istituto universitario (quello che fino a poco tempo fa era inattaccabile alla logica del basso, troppo attento a non pestare i piedi ai baroni).

Ma la comunicazione cambia e la “generazione delle idee” come ha definito Luca De Biase un certo tipo di persone che costruiscono progetti in maniera social sta sovvertendo il marketing, la progettazione e i rapporti professionali, sempre più basati sulle conversazioni.

Il mondo non è mai stato tanto conversazionale come ora: blog, facebook, twitter e ogni forma di social network costituiscono ormai parte delle nostre relazioni.  Io stessa, ad essere sincera, sto aprendo la mia vita professionale grazie a questo blog. Coltivo idee e progetti basati sull’etica del dono, impegnandomi molto nella loro riuscita e sperando che oltre a contribuire ad aggiungere contenuto di qualità possano arricchire la mia Rete.

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Rome Camp 2008

Per scriverne su Liquida Magazine mi sto guardando – con molto piacere – la diretta televisiva del Cannocchiale degli interventi del Rome Camp: il primo bar camp che si tiene all’Università.
Quelli che ho visto fin’ora sono davvero aria frizzante per il cervello e ne vale la pena (stamattina grazie all’intervento di Carlo Alberto Pratesi, volevo quasi trasferirmi a Helsinki (spero di poter scrivere un post ad hoc presto anche qui, perché ho scoperto un mucchio di cose interessanti!).
Per chi ha il tempo, anche solo mezz’ora ed è appassionato di web, tecnologia e comunicazione nell’era del 2.0, vi consiglio di collegarvi e darci un’occhiata:

Io sono molto contenta: per una volta il mio lavoro e le mie passioni coincidono in modo quasi disarmante!