Tag Archivio per: Montombraro

Le nostre estati con figli

Da tre anni abbiamo scelto di affittare una casa sull’Appennino, poco distante da Bologna. La nostra scelta ha coinciso con il momento in cui io ho smesso di lavorare in ufficio, scegliendo la vita da professionista. Le estati precedenti, in quel clima torrido che è Bologna, erano state pesanti (e la maggior parte di chi mi legge lo sa, organizzare l’estate in città con bambini non è mai una passeggiata).

L’Appennino e questa destinazione in particolare, offriva parecchi vantaggi, tra cui qualche amico figlio munito che passava molto tempo qui.

Il primo anno è stato molto bello: vuoi per la novità, vuoi perché io ero in piena fase di disintossicazione dal mio lavoro in ufficio, ho lavorato in giardino e nel frattempo Frollina passava tanto tempo con le amiche. C’era un gran via vai di persone, Tino arrivava durante il fine settimana e i miei suoceri hanno passato qui un periodo che ha consentito a me e Tino di rimanere a Bologna e fare un po’ di vita children free, che ogni tanto è proprio un gran godimento.

L’anno scorso è andata molto diversamente. Mio suocero il 30 giugno ha avuto un brutto incidente ed è rimasto in ospedale per 4 mesi, tra operazioni e degenza. Avrebbe dovuto passare il mese di luglio con frollina qui in montagna, mentre io e Tino stavamo a Bologna a lavorare, durante la settimana e poi ci saremmo dati il cambio nei week end.

Purtroppo non abbiamo potuto fare in questo modo: Tino è rimasto a Bologna con i suoi genitori e io sono stata per due lunghi mesi in montagna con Frollina. Le mie giornate erano fatte di lavoro, gestione della figlia e alla sera gelato in paese con tutti i bambini del circondario. La persona più simpatica con cui parlavo aveva 9 anni o 60 e alla lunga, devo ammetterlo, non ne potevo davvero più.

Mi mancava Tino, mi mancavano gli amici, anelavo a una birretta in relax con qualche faccia amica, parlando di cose comprensibili solo a maggiorenni e ogni tanto mi prendeva una grandissima depressione.

Ho letto, letto tantissimo. Ma un buon numero di ottimi libri – per me che sono una persona profondamente sociale e socievole – non possono certo sostituire il sorriso di un buon amico. Non sempre.

La nostra scelta di affittare questa casa, in questa località dell’Appennino dove il clima è molto più mite che in città e dove ci sono bambini, sagre, piscina, mercatini serali e una natura così accogliente, ha riscosso però grande successo, tanto che alcuni amici (una famiglia che ha condiviso con noi l’esperienza della materna) quest’anno ci hanno proposto di affittare una casa insieme a loro per il mese di luglio.

E così è stato.

Quest’anno poi la nonna (per sempre eroina incontrastata) ha passato i giorni della settimana con le bimbe e noi siamo potuti rimanere a Bologna, per raggiungere Frollina, insieme agli altri genitori, durante il fine settimana.

Le due amiche hanno passato un mese insieme, facendo un sacco di esperienze bellissime, in piscina, in giro per il paese, in gruppetto con le altre bimbe dell’isolato e nel frattempo, durante la settimana, Tino ed io ce ne siamo stati a Bologna dove durante il giorno si lavorava e alla sera si usciva.
Quanto tempo che non ci capitava di potere uscire senza stare tanto a guardare l’orologio! Quanto tempo che le giornate non passavano tutte per me, con ritmi imposti solo dagli impegni lavorativi.

Devo essere sincera: io sono un po’ stufa di passare tutta l’estate qui in montagna. Quando abbiamo aperto la casa, a inizio luglio, malgrado sapessi che c’erano con noi gli amici, che avremmo fatto tante cose insieme a persone a cui vogliamo bene, mi è presa un po’ l’ansia. Io d’estate sono così. Forse è il caldo, forse è proprio il mio carattere (non sono esattamente una persona equilibrata) a me l’estate mi rende felicissima e mi deprime tantissimo. Non vedo vie di mezzo. Forse per questo preferisco l’inverno. Perché se d’estate sogno e agogno il mare, che amo molto, ma poi attraverso anche fasi di down pazzesco in cui la città vuota, la distanza dalle abitudini e dalle persone mi deprime, d’inverno mi sembra tutto più tranquillo, mi sembra che tutto vada meglio, nelle mie consuetudini, nella mia casa, in quel nido accogliente che è il freddo fuori.

Eppure devo ammettere che luglio è andato meglio del previsto: i fine settimana sono stati un avvicendarsi di bellissimi momenti. Bambine felici, camminate, piscina, serata in terrazza con un bicchiere di vino, feste di bambini con la proiezione sul muro di un vecchio film della Disney.

Devo ammettere che mi sono sentita molto fortunata: non era nemmeno scontato che ci fossero i soldi per affittare questa casa (che comunque scegliamo in una zona dove i prezzi sono ragionevolmente inferiori che se andassimo in Riviera), non era nemmeno scontato che qualcuno potesse stare con la bimba durante la settimana o che il tempo fosse clemente. Eppure è andata. Il prossimo anno probabilmente faremo scelte diverse (e comunque, come tutti i freelance le scelte di anno in anno sono impensabili, è tutto così variabile e flessibile che l’anno prossimo sembra lontanissimo), ma nel frattempo siamo rimasti un po’ indenni da Caronte e tutti i suoi fratelli, abbiamo passato delle belle giornate e il mio malumore ciclico è stato domato.

Dettaglio non irrilevante: quest’estate ho scelto di NON lavorare in montagna. Lavoro a Bologna e quando sono qui mi riposo. Mi sto davvero disintossicando. Disintossicando dai Social, disintossicando dalla presenza continua e da quel surplus di informazioni e chiacchiere con cui chiunque stia molto online come me deve fare i conti.

L’anno che inizierà a settembre (perché per me l’anno inizia a settembre) sarà all’insegna del monotasking e dell’essenzialità.

La banda delle vecchiette

L’albero era pieno di frutti: lo avevano notato appena arrivati alla casa. 700 metri sul livello del mare, un bosco, una chiesetta appoggiata su un prato che sembrava un campo di calcio, il viola predominante della lavanda ovunque e una bella aria frizzantina. Avevano affittato la casa per un paio di mesi: via di fuga alla città per tutta la famiglia.

Dopo avere disfatto qualche valigia, ecco che avevano preparato la cena. Che lusso poter mangiare in terrazza!

Mentre apparecchiava la tavola aveva notato un’ombra, qualcuno che con un salto slanciato aveva attraversato la rete che divideva il loro giardino dalla strada. Aveva visto allontanarsi due figure, una donna sui 60 anni con i capelli nero parrucchiere e un’altra, più anziana, tutta bianca in testa e con un treppiede per sostenerla.

Le era parso che fosse stata la più giovane a fare il salto, ma non ne era sicura, a vederla sembrava tutto tranne che atletica. Le era anche sembrato che stringesse tra le mani qualche albicocca: l’aveva sentita arrivare e si era data alla fuga insieme alla sua complice.

Quando aveva fatto vedere l’albero al proprio compagno, lui era subito andato a raccogliere tutti i frutti sulla parte bassa dei rami: una terrina piena di dolci e mature albicocche.
“Domani raccogliamo le altre, adesso è buio e non vedevo niente. Domani, con le bambine, vedrai come ci divertiamo!”

Nel frattempo la signora Roberta, figlia di Adalgisa Giusti, affittacamere bolognese in pensione, stava assaggiando il suo magro bottino: come era dolce quell’albicocca, rubata nel giardino della casa sempre chiusa!

Era stata interrotta da una voce. Una donna era uscita sul grande terrazzo. Inaspettatamente. Il cuore aveva cominciato a battere forte e lei, che aveva saltato la recinzione nella parte bassa, si era ritrovata a dover correre via. Come un ladro nella notte. Solo che non era notte.

Nel suo dna era rimasta una traccia di quella vita, una vita prima, quando aveva fatto parte della società sportiva Aquadela. Mamma mia come si divertiva! Si ricordava ancora la minimaratona, era così emozionata, la sua prima gara!

Ecco, a fare quel salto, con quella donna che appariva improvvisamente da dentro la casa, aveva sentito quella stessa emozione, il cuore che batteva forte, il sangue pompato e un brivido tra le gambe.

Le era venuta voglia di ridere, mentre rientrava con sua mamma, preoccupatissima che l’avrebbero beccata.

“La prigione alla mia età, non me lo posso mica permettere!” continuava a dire la vecchietta, con una voce più tremula del solito.

“E poi lo sai, Roberta, con il mio problema, in prigione chissà come mi prenderebbero in giro tutte le giovani! Mo’ soccia, mo’ come ci sarà venuto in mente di entrare a casa di un sconosiuto!”

Non si capacitava, l’Adalgisa, di quello che avevano fatto, mentre sul suo treppiede si dirigeva verso casa. La Roberta, invece, sarà per quella gioventù che era tornata a scorrerle nelle vene, a lei quel piccolo peccatuccio di gola non le era parso così grave. Si era proprio divertita!

Quando la Luciana, coetanea dell’Adalgisa, solo di Modena, vicina di casa in montagna, si era presentata, come tutte le sere, per giocare a briscola con l’amica in giardino, aveva subito notato una luce nuova negli occhi di Roberta. Lei era una curiosa e certe cose non le sfuggivano. Ci era voluto molto poco per farsi raccontare la piccola avventura. “Un albero pieno, ma pieno Luciana, che te non te lo immagini neanche. Ai nostri tempi, un albero così, non lo avrebbero lasciato tanto pieno tutto quel tempo. Era già tre giorni che passavamo e nessuno aveva raccolto le albicocche! Noi stavamo facendo la passeggiata e c’era quel varco, nella staccionata. Ci abbiamo provato…Solo che poi, a un dato momento, scolta me, c’era la Roberta dall’altra parte che raccoglieva le albicocche, ed è uscita una giovine, nella terrazza. Siam scappate così veloce che quasi il mio bastone prendeva fuoco!”

Luciana, che era una scaltra e non si era mai fatta problemi, soprattutto per divertirsi, aveva pensato subito di approfittare delle amiche per una bella avventura notturna. In fondo se nessuno le aveva ancora prese quelle albicocche, probabilmente non ci interessavano. Probabilmente la Roberta se aveva saltato una volta, poteva saltare anche una seconda.

Pensò che il tempo di una briscola sarebbe bastato per convincerle.

Nel frattempo la donna della casa delle albicocche, insieme all’uomo della casa delle albicocche e la bambina della casa avevano cenato. La bambina aveva pattinato in terrazza, loro avevano letto un bel libro. Poi erano andati tutti a dormire.

“Domani raccogliamo le albicocche dall’albero!” le aveva detto la mamma. “Vedrai come ti piace Silvia, è una cosa che in città non si riesce a fare, pensa che fortunati che qui abbiamo questo bell’alberino!”

Ma la mattina dopo, mentre sorseggiava caffè e guardava spuntare il sole, la donna si accorse che non ce n’era più una di albicocche, sull’albero. Tutto l’arancione invitante che fino alla sera prima le era sembrata una bella opportunità per sperimentare la vita di campagna, era sparito! Sparito.

Qualcuno, notte tempo, aveva svaligiato l’alberello. Una banda certamente. Una banda di ragazzini che non sapeva cosa fare.

Scosse la testa e pensò che erano proprio fortunati. Bella la campagna, ma per gli adolescenti doveva proprio essere una gran noia!

L’estate di una mamma che lavora da casa (e ha pochi aiuti)

A causa dell’incidente di mio suocero, quest’estate è per la famiglia Panzallaria un’alchimia di incastri. Ringrazio ogni giorno che abbiamo avuto, anche quest’anno, la buona idea di affittare questa casetta, vicino a Zocca.

In pratica Tino passa la settimana a Bologna, tra ospedale e incombenze legate al suo papà (che oggi viene dimesso e dovrà poi trasferirsi per 2 mesi di immobilità totale a casa) e Frollina ed io stiamo alla casina.

Mia suocera deve seguire il marito, mia mamma lavora, così le agognate “vacanze con i nonni” dove il grande protagonista era proprio il babbo di Tino, sono saltate.

Io ovviamente ho molto lavoro da svolgere. Quando si segue la comunicazione web di clienti diversi, è difficile staccare davvero, perché ognuno di loro ha esigenze e tempistiche diverse. Mi sono organizzata per avere un po’ di stop ad agosto (o almeno lavorare a ritmi contenuti), ma per farlo devo mettermi avanti ora, scrivendo all’impazzata e coordinando tutte le varie attività.

Qui però almeno Frollina non è costretta alla calura delirante di Bologna (dove le temperature sfiorano i 40 gradi) e alla clausura – magari inebetita davanti alla tv – in cui dovrei tenerla per poter lavorare. In questo posto c’è sempre un’ottima temperatura e l’afa è davvero rara, tanto che fin dalla mattina, si forma una fitta coltre di foschia sulla pianura, ma il cielo sopra di noi è incredibilmente azzurro.

Io mi sono procurata un router WI-FI e anche se a volte la connessione va da schifo, tutto sommato, dopo una mezz’ora di rabdomantismo, riesco a collegarmi e a lavorare.

Quando non c’è Tino dormiamo nel lettone insieme, ci svegliamo e facciamo colazione con le cose del panificio di Montombraro, dove si trovano pane ottimo e muffins da risvegliare i morti.

Frollina si veste e corre a chiamare le sue amiche che abitano accanto a noi e tutti i bambini con cui sta facendo conoscenza e che si alternano per qualche giorno di villeggiatura con i nonni. Passano la giornata scalzi, in giardino. Osservano i grandi fare lavori di falegnameria, smielare, o gestire cani di ogni taglia. Disegnano e si divertono a inventarsi personaggi, corrono e giocano a nascondino o costruiscono case nelle scatole da scarpe.

Io durante la mattina lavoro. Mi metto al tavolo della cucina per non essere distratta dal giardino e faccio le stesse cose che farei normalmente, a casa mia. Sono riuscita perfino a gestire teleconferenze su skype, malgrado la rete a singhiozzo e la continua interruzione delle bambine che cercano colori, pennelli o creta.

Verso le 12.30 mi metto a cucinare. La prima settimana è stato un vero incubo. Io odio cucinare, non ho fantasia e di solito se ne occupa il non marito. Dopo aver nutrito a pane e formaggio Frollina per troppi giorni, constatando che ormai faceva la cacca a pallini come le caprette, mi sono data una regolata. Venendo da Bologna ci fermiamo dal contadino, a Monteveglio, e ci procuriamo frutta e verdura di stagione in quantità. Vuoi il senso di “genuino” che ispirano i prodotti freschi, vuoi l’istinto di sopravvivenza, ora cerco di nutrire mia figlia decentemente, proponendole minestroni di verdura, fagioli e qualche piatto di fantasia.

Cerco comunque di non perdere troppo tempo, ma diciamo che sono molto migliorata e mia mamma – che ieri sera è venuta a cena qui – per qualche minuto ha pensato sul serio che mi avesse impossessato lo spirito di una ZDAURA.

Di solito lavoro fino alle 16 poi provo a portare la bambina e le sue amiche a fare un giro. Una volta è il bosco, l’altra è il paese (dove la meta preferita è l’edicola, luogo di perdizione e spese folli), qualche volta andiamo in piscina. La piscina di Montombraro è davvero bella, dotata di scivoli e con dei bellissimi prati.

A volte, semplicemente, mi siedo in giardino a leggere, ad ascoltare il vento e mi faccio prendere da qualche punta di nostalgia (mi mancano Tino, gli amici e il traffico ;-). Il tempo per rilassarsi non è tanto, spesso il lavoro straborda, bisogna andare a fare la spesa e tenere un po’ in ordine la casa (che già così sembra sempre che sia passato un tifone).

Il giovedì sera a Montombraro fanno i mercatini e allora è festa: si scende in paese dopo cena e ci si infila nel “paglione”. I bimbi vanno alle macchinine, si lotta per non comprare la qualsiasi stronzata e si fa la vasca abbassando nettamente la media d’età.

Le altre sere, dopo essermi prodotta nella cena e aver sistemato, mi metto in giardino, aspetto che passi lo scoiattolo che ogni sera cammina in equilibrio sul filo della luce, guardo il tramonto e non appena il giovane pipistrello che ci tiene lontane le zanzare si allontana, conduco (a forza) Frollina a casa, litigo con lei perché non vuole lavarsi i denti e i piedi e poi finalmente ci mettiamo a dormire con una favola.

Dovrei scrivere, pensare a tanti progetti, mettermi avanti con le idee e il lavoro per settembre e invece leggo, leggo tantissimo.

Parlo poco e leggo molto. Dall’inizio di luglio mi sono mangiata 6 libri e sto approfittando anche del fatto che in giro per i negozi e le biblioteche della valle prestano i libri candidati al premio Zocca Giovani, partecipando attivamente alla votazione, per scoprire nuovi autori che mi stanno intrigando molto. Grazie all’IPAD compro anche molti ebook e devo ammettere che il momento in cui, alla sera, Frollina dorme e io posso concentrarmi solo sulla lettura, è davvero sospirato e atteso.

Le giornate sono lunghe e a volte un po’ faticose, ma stiamo bene. La prima settimana a me era presa una gran depressione, ma ora mi sto riprendendo. Mio suocero sta meglio, anche Tino – la cui schiena è sempre un’incognita – sta meglio e anche se sento un po’ la mancanza della civiltà, devo ammettere che questa vita all’aria aperta, questa bambina che ride e i bellissimi panorami a mia disposizione, non sono affatto male.

Poi arriva il sabato, arriva Tino e facciamo festa. Si fa una grigliata oppure si va a fare un giro in qualche borgo qui intorno, dove c’è sempre una nuova sagra da scoprire.

Amo molto questi luoghi. Dico (ma non penso) spesso che mi trasferirò qui da vecchia.

Tra tutte gli incastri, in fondo a noi non va male, è fatica ma mi godo la mia bimba che è davvero felice e riesco pure a lavorare (quasi) come se fossi a casa mia.

 

 

Le attività di oggi per gestire #ufficioincasa e bambini

Per riuscire a lavorare da casa, d’estate bisogna inventarsi ogni giorno qualcosa per coinvolgere i bambini in attività divertenti e un po’ creative.

La nostra residenza estiva a Montombraro è un luogo privilegiato: Frollina ha tanti amici che abitano nelle case confinanti e un sacco di spazio in cui giocare.

Così oggi ho tirato fuori la creta che ci ha regalato il nonno e abbiamo cominciato un corso di pasticceria mignon che stanno proseguendo in giardino, mentre io scrivo articoli e mi occupo del mio lavoro Digital.

Ecco qua qualche foto.

Servono:

creta (ma va bene anche la pasta di sale se avete un forno in cui cuocere, cosa che a noi manca)

strumenti per lavorare la pasta da modellare

colori a tempera

Dopo che la creta si è seccata, i dolcetti possono essere colorati come si vuole