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15 chili: cosa sto imparando

Ero dimagrita altre volte nella vita. Per esempio quando ho aperto questo blog. Era sempre stata una gara. Dovevo perdere peso. Volevo rientrare in una vecchia, agognata, taglia 42. Volevo sentirmi apprezzata. Dagli altri, prevalentemente.

La gara la vincevo quasi sempre. Dimagrivo e raggiungevo la meta.

Poi mi fermavo. Mi godevo i risultati E ricominciavo a mangiare, che il cibo ed io abbiamo sempre avuto un rapporto particolare. Mi piace mangiare. Mi piace quando sono felice. Mi consola quando sono triste.

E così passava il tempo e io tornavo – esattamente – a fare quello che facevo prima. Per un po’ non succedeva niente, che pensavo addirittura che mi fosse cambiato il metabolismo, che finalmente cominciavo anche io a far parte di quelli un po’ golosi che però non ingrassano.

Poi mettevo la bilancia in cantina. Non ne avevo bisogno, mi dicevo, tanto ormai ero “magra”. E dopo qualche mese pesavo come prima, mi deprimevo, pensavo che non ne valesse la pena, tutti quegli sforzi, dimenticavo di avere fatto una dieta e prendevo su il doppio dei chili della volta precedente.

Più mi vedevo gonfia, più mi sentivo brutta, più pensavo che però, cavoli, se la gente mi guardava male per questo era un problema della gente, non mio, che avrei riconosciuto le persone speciali proprio dal fatto che andavano oltre il mio peso.

E poi era così bello pigiamarsi sul divano con una bella fetta di pane e nutella a leggere un libro! Io non avevo bisogno di quelle stupide conferme che cercano gli altri, mi dicevo, non avevo bisogno nemmeno di essere in forma, di avere tante persone intorno, di vestirmi carina: chi mi ama va oltre la bruttezza!

Che, diciamolo pure, era un modo per dirmi che mi facevo schifo e volevo che il mondo lo sapesse, che volevo trovare quelle rare perle di persone che vanno oltre, che ti apprezzano per quel che sei anche quando sei tu la prima a non apprezzarti.

E per la verità, di gente così ne ho pure trovata, quindi – diciamocelo – sono stata fin troppo fortunata per essere una che si odiava in maniera seriale.

Oggi ho perso 15 chili.

Sono 3 mesi e mezzo che ho iniziato la dieta. Ma è una cosa nuova. Un modo nuovo di dimagrire. Un modo nuovo di vivere.

Intanto non dimagrisco più per gli altri o per essere apprezzata dagli altri. Dimagrisco per me, perché me lo merito, mi merito di stare bene, di correre, camminare senza ansimare, di fare tutte le cose che voglio fare. Avere 40 anni significa anche questo, prendersi il lusso di guardare alla vita senza troppe fisime ma con la certezza che non è infinita. Che la salute conta più di ogni altra cosa, perché con la salute possiamo fare le cose, senza è più difficile.

Poi non ho più bisogno di questo zainetto di chili. Mi è sicuramente servito quando sono entrata nel tunnel dell’autodistruzione (che lo so, sono brava, in pochi se ne sono accorti, ma ci ero entrata con tutte e due le scarpe in un certo periodo della mia vita), ma ora non mi serve più. Non ho più bisogno del mio scudo di zuccheri e grasso.

Non più.

Voglio stare bene. E così, prima di tutto, è la testa che sto cercando di cambiare. Con la consapevolezza che il mio nuovo stile di vita non è a termine. Una cicciona come me rimarrà sempre una cicciona dentro.

Dovrò sempre tenere presente che ho una debolezza, che appena qualcosa gira storto io mi butto sulla cioccolata.

E comportarmi di conseguenza.

Cioé, questa volta la dieta non finisce. Arriverò a raggiungere i 25/30 chili che mi sono data come obiettivo, ma quel giorno dovrò iniziare un percorso di mantenimento che porterò avanti per sempre.

Perché sto bene. Sto bene con il mio corpo che sente tutto, che risponde ai comandi, che comincia a snellirsi e quando mi guardo, con tutte le rughe, con la cellulite e il seno che non ha più 20 anni, sta cominciando comunque a diventare un corpo sano, che mi piace.

Le spalle, sotto il grasso ho ritrovato le mie spalle larghe e agili di nuotatrice.

E tutto sommato rinunciare ai cibi di cui ero drogata (cioccolato, pizza, snack…) non è così difficile e non pensiate che vado alle feste e mangio gallette al niente. Capita, capita che faccia eccezioni, che mangi qualcosa che non dovrei. Ma poi mi rimetto in carreggiata, bilancio, faccio una camminata in più. Senza sensi di colpa, senza ambire a diventare una tardona che sogna di essere anoressica.

Questo cambiamento è un cambiamento dentro. A cui nessuno vi può costringere. Che un giorno arriva, siete pronti e allora bisogna abbracciarlo, ma se non arriva, lascia le mie parole, le parole dei tanti che ci sono passati in una sorta di limbo delle opportunità di cui si stenta a capire il nocciolo, di cui si legge solo la teoria.

Quindi se avete amici con problemi alimentari, se voi stessi avete problemi alimentari , dimenticate le diete last minute, quelle che vi fanno dimagrire 20 chili in due settimane, per intenderci e non spingete altri a fare queste piccole prove di forza. La vera prova è cambiare testa, ricominciare ad accorgerci dei messaggi che lancia il nostro corpo e – soprattutto – ricominciare ad ascoltarli.

La vera prova è iniziare un cambiamento e capire che non deve essere momentaneo.

La vera prova è ricordarsi che il bene che ci vogliamo passa anche da quello che mangiamo, da ciò che concediamo al nostro corpo. Che non vale meno della nostra meravigliosa anima.

Anche se ci piace credere il contrario.

 

 

Allergia, dieta e stili di vita

Dopo gli ultimi post dedicati al mio nuovo stile di vita (dimagrisco/curo la mia salute), molte persone mi hanno scritto privatamente per farmi delle domande specifiche e per raccontarmi le loro storie, così diverse e così uguali alla mia. Non potete capire quanta carica mi avete dato!

Per rispondere a dubbi, domande sul mio regime alimentare e sul legame con la mia salute, le mie allergie e le mie malattie croniche, ho deciso di scrivere un post tematico. Eccolo qua. Chi è passato per leggere delle storie salti questo articolo e cerchi alla voce racconti, tutti gli altri possono proseguire con la lettura 😉

Non si tratta ovviamente di un post scientifico o medico, perché medico non sono, ma si basa sulla mia personale esperienza.

Scrivo questo post perché penso che alcune cose possano essere utili anche ad altri (specialmente chi a causa di allergie soffre di asma e problemi di pelle) e perché ricordo bene quei terribili 9 mesi in cui la mia malattia immunitaria si è palesata in forma acuta e io non capivo cosa fare (la medicina tradizionale ha cercato per molto tempo di estirpare il sintomo, non la causa e io peggioravo sempre).

 Ho finalmente finito la premessa della premessa della premessa ;-). 

Io ho costantemente un eccesso di Istamina nel corpo con la conseguenza di scatenare violente reazioni allergiche a livello della pelle e dei bronchi (che sono organi collegati e di solito, fateci caso, chi soffre di dermatiti, ha sofferto o soffre anche di asma).

La presenza di Istamina nel sangue si monitora attraverso semplicissimi esami da cui evidenziare i valori IgE (qui si spiega la correlazione tra Istamina, IgE e malattie polmonari e della pelle) .

Per farvi un esempio su di me: i miei valori IgE ad agosto erano a 288, mentre la norma dovrebbe essere minore di 100.

Alti valori di IgE corrispondono a una possibilità maggiore di avere una risposta allergica più violenta quindi bisogna fare in modo di tenerli a bada attraverso un’alimentazione povera di alimenti istamino conduttori e che la contengono. In questo post trovate una lista degli alimenti “incriminati”.

Dunque, perno della mia dieta, almeno per i primi tre mesi è evitare la maggior parte di questi cibi (in realtà il tonno, per esempio, lo mangio) per cercare di abbassare le IgE e quindi essere meno esposta a risposte allergiche forti.

Non mangio la pasta di grano duro ma quella di kamut (anche se sono consapevole che la definizione “Kamut” è un marchio commerciale e a breve, con alcune amiche farò un acquisto qui di pasta di grano Khorosan che ha le stesse proprietà organolettiche ma il nome etimologico del tipo di grano).

Perché?
Perché il grano duro comune, sottoposto a ibridazioni nel corso del tempo, in casi come il mio risulta avere un potere più infiammatorio (non sono intollerante al grano).

Qualcuno mi ha chiesto perché bevo un bicchiere di acqua con mezzo limone tutte le mattine, a stomaco vuoto. Questa pratica che mi sta davvero facendo molto bene, la consiglio a tutti coloro si sentano un po’ debilitati o abbiano attraversato un periodo di “follie alimentari” perché, al contrario del mito secondo cui limone vuole dire stitichezza, rimette a posto fegato e intestino e ha un benefico effetto depurativo.
Su questo vi lascio con un articolo della mia amica Daniela Bortolotti che mi ha scritto, incuriosita dall’acqua e limone e poi è diventata un’adepta 😉

A livello umorale come sto a quasi un mese di dieta?


Alterno stati d’animo molto diversi, in generale mi sento energica e con un obiettivo impegnativo e importante, ma ho anche momenti in cui sono incazzatissima e vorrei solo trovarmi da sola in un negozio di torte, mentre ho stordito la mia coscienza perché non lo venga a sapere.

Però mi ascolto molto, se mangio più del solito sento lo stomaco gonfio e una sensazione spiacevole e la domenica (l’unico giorno che posso mangiare la pasta) godo molto ma poi sento una sensazione di pesantezza che durante la settimana non ho.

Nella mia liberazione da questo fardello (25 chili di cui non ho più bisogno) 2 delle tecniche che sto utilizzando per CAMBIARE sono quella di ascoltare il mio corpo e contemporaneamente di leggere e informarmi sul legame tra cibo e salute.

Io ho un problema

E’ stato il giorno in cui DAVVERO mi sono detta “Io ho un problema” che ho deciso di telefonare alla nutrizionista e prendere appuntamento.

Vi sembrerà sciocco ma quel giorno lì ho pianto molto e prima le ho scritto una mail che sembravo nel confessionale del Grande Fratello, ma senza telecamere.

Io ho un problema perché il cibo è SEMPRE stato il mio scudo nei confronti del mondo.

Io ho un problema perché mangiare (ma anche non mangiare, ho passato anni a vomitare pranzo e cena quando ero adolescente) è un’àncora (e un ancora).

Un modo per inebetirmi.

Un modo per non pensare.

Un modo per dire “Sto bene” anche se nel frattempo mi trasformo in un cinghialotto oppure mi viene la colite nervosa, oppure mi sento gonfia come un pesce palla.

Io ho un problema perché, quando nel 2008, dopo un periodo molto brutto, scoprire la mia malattia immunitaria, cercare di uscire da un dopo parto devastante e da quel senso di fallimento che sentivo perché NON lavoravo e dovevo chiedere la paghetta a Tino perfino per comprare il giornale (che non compravo comunque, che veramente in casa nostra si viveva con 3 soldi), ecco scoprirla mi ha reso un po’ più forte ma anche un po’ più debole, perché io non ammetto mai di avere dei problemi e alla fine finisce sempre che li metto da parte, non ci penso ed è come se non esistessero.

E così quando il medico mi disse che con quella malattia che mi sarei portata avanti a vita l’asma e tutti i problemi allucinanti di pelle che avevo erano solo l’inizio, che poi nel tempo avrebbe preso molte forme e l’unica cosa che potevo fare era tenermi in forma e NON mangiare le cose che quella malattia lì la fanno venire più facilmente, le ricordano di rompermi i maroni, io ho messo tutto via, in un angolo della mia testa e tra le carte della mia salute e ho ricominciato a mangiare uguale a prima (anzi peggio) come se non ci fosse domani.

Io ho un problema perché non mi curo e – non solo almeno – perché sono una femminista incazzata che da tanto poco valore all’aspetto fisico, ma anche perché il mio corpo è come se fosse solo un involucro e lo tratto male, lo metto alla prova e nel frattempo metto la prova gli altri: vi devo piacere ANCHE se sono cicciona, ANCHE se non mi depilo se non una volta all’anno, ANCHE se non mi vesto in maniera decente, ANCHE se mi taglio la frangia da sola e viene fuori una bestemmia (si, ho fatto anche questo).

Sono 16 giorni che ho iniziato la dieta.

I primi sono stati DURISSIMI: ero molto incazzata, a tratti anche un po’ triste. Sentivo dolori che non avevo. Mi è venuto mal di testa. La dietologa mi ha tolto tantissimi cibi, carboidrati dimezzati, zuccheri non pervenuti (tranne quelli della frutta).

Mi ha cambiato RADICALMENTE lo stile alimentare di vita.

Per esempio i formaggi, quelli che io lo sapevo anche prima che erano la mia morte ma amavo tantissimo, non li vedo nemmeno in cartolina (non è vero, un giorno a pranzo ho un po’ di ricotta). Per esempio il pomodoro, quello che ne ho preparato una scorta per l’inverno con il basilico, il pomodoro è uno dei veleni peggiori per la mia malattia.

Ho cominciato a mangiare più lentamente (che quando non ce n’è molto, vale la pena di gustarselo), ho iniziato a pensare SEMPRE a buone alternative per non perdermi eventi sociali con gli amici, per non stare troppo male mentre siamo alla baracchina a prendere il gelato.

Ho smesso di bere qualsiasi alcolico.

Ho cominciato a portarmi sempre dietro una bottiglia d’acqua, a berne un bicchiere con mezzo limone tutte le mattine, a stomaco vuoto. Per il fegato e per la ritenzione idrica. Ho detto ciao al frumento (che mi fa MALISSIMO) e sono passata al kamut.

Ieri sera sono perfino andata a San Luca a piedi per introdurre un po’ di moto.

E mentre sudavo come un lottatore di Sumo, mentre guardavo il culo a mandolino delle cinquantenni che si inerpicano sul colle e sono molto ma molto più in forma di me, mentre ascoltavo musica sparata nelle orecchie e guardavo l’autunno fare toc toc alle finestre del mondo e alle foglie dei colli, mi sono resa conto che no, non sono immortale, che si ho un problema e chi se ne frega, che devo prenderne atto e c’è chi per tutta la vita porta gli occhiali (anche io, se per questo), chi ha problemi di schiena e deve sempre dormire in una posizione precisa se no rischia di rimanerci secco, chi è sordo e porta l’apparecchio acustico, chi non vede e usa il bastone, chi soffre di stitichezza e prende i fermenti, chi ha paura del vuoto e non vola e poi ci sono io che ho una malattia immunitaria e un rapporto morboso con il cibo e che quindi ecco, per me, per stare bene, dovrò SEMPRE stare attenta a questo aspetto.

Diobono ho quaranta anni tra poco più di un mese, voglio camparne almeno altri 40!

Poi mi sto svegliando le mattine che sto bene, che sono serena e mi sento piena di energie.

Perché in questo percorso ho cominciato pure ad andare a letto prima e ne sto traendo davvero grandi vantaggi! Ho ricominciato perfino a guardarmi allo specchio, a scegliere i vestiti nell’armadio come se non dovessi buttarli addosso a una botte di vino.

Ho ricominciato a pensare che sono bella e non dipende dai chili ma dal fatto che ho RIcominciato a guardarmi.

E niente. Oggi sono stata dalla dottoressa. In questi 16 giorni ho perso 3 chili e il 4% di massa grassa. Siamo solo all’inizio e lo so che sarà un anno durissimo, ma per la prima volta so che questo è SOLO un inizio, che la fine della dieta dimagrante sarà SOLO un inizio e che devo imparare a fare i conti con il mio problema.

Mi rendo conto che sono un po’ grandicella per fare questi discorsi, che molti di voi diranno che potevo pensarci anche prima, ma cosa volete, sono sempre stata una tardona in (quasi) tutto e io ci sono arrivata ora.

Obiettivo: 25 chili in un anno

Tornati da una splendida vacanza all’isola d’Elba, la prima settimana di settembre.

Rigenerati.

Nessuno è stato male.

La macchina non ci ha abbandonato, anche perché non ne possediamo più una e non ha piovuto cani e gatti per 7 giorni, anzi: nessuna nuvola in cielo.

Ci voleva.

Ci voleva proprio.

Abbiamo anche pianificato progetti positivi, per la nostra famiglia, per il nostro lavoro.

Oggi è iniziata la scuola. E anche per me è iniziata una nuova fase per un sacco di motivi. Ora andiamo solo in bicicletta e stiamo mettendo in fila idee. Ma non solo.

L’11 settembre sono stata dalla dietologa, la stessa per cui, 8 anni fa ho aperto questo blog.

Che no, non l’ho aperto quando ero incinta, come qualcuno crede, ma perché mi ero messa a dieta.

Una dieta che era riuscita bene, non fosse che poi, da bravo scorpione eccessivo, con la nascita di Frollina e il post parto e tutto quello che è successo nel mezzo, poi mi sono lasciata terribilmente andare e sono ingrassata, di nuovo, il doppio di prima.

La dietologa (nutrizionista, naturopata) mi ha messo a stecchetto di tutti i cibi che mi fanno male: niente zuccheri, niente cibi istaminoconduttori, niente latticini (che io amo). Tanti legumi, poca pasta (di kamut), cereali, un po’ di carne e pesce come se fossi ancora nel mare dell’Elba (che lì di pescetti ne abbiamo visti davvero tanti).

E poi i beveroni a base di limone e ancora limone e ancora limone. E tarassaco e betulla e altre tinture madre, che ora di madri a cui dare retta ne ho parecchie.

Piscio come un cammello, mangio poco e equilibrato e sono diventata un’adepta dell’acqua al limone a stomaco vuoto.

Ci vuole concentrazione. Per preparare pranzi e cene, per organizzare spese e per coordinarmi con il resto della famiglia. Ci vuole forza di volontà per resistere. Ieri, per esempio, a questa festa di bambini, sembrava che il Fato avesse complottato contro di me: c’erano formaggi dei più deliziosi (o almeno così mi è sembrato), salumi da ogni parte d’Italia, dolci come se fossimo nella fabbrica del cioccolato e tutti, ma proprio tutti mangiavano, offrivano, masticavano.

Io sono stata brava. Mi sentivo come una drogata in crisi d’astinenza a cui qualcuno sta offrendo una dose e pensa “E’ l’ultima poi basta. Dopo non ci casco più”. Ma ho resistito. Mi ero portata il mio OTTIMO budino di SOIA, tracannavo acqua come fosse vodka e sono riuscita a non toccare nulla di ciò che, fino a una settimana prima, mi avrebbe reso felice.

Perché a me il cibo piace in maniera ossessiva e si vede e si sente.

Comunque.

Mi sento molto meglio, non c’è che dire. Più energetica e concentrata.

Mi sento che sto facendo del bene a me stessa.

Obiettivo: 25 chili in un anno.

Per il momento ho una visita in programma ogni due settimane, che ho bisogno di qualcuno che mi controlli, proprio come il droghello che va in comunità di recupero.

La mia vita sociale ne risentirà? Non lo so. Sembra che a 40 anni mangiare sia sempre l’occasione migliore per uscire con gli amici. Troverò delle alternative che non voglio mica rimanere sola e abbandonata con la mia salute di ferro eh?

L’altra notte ho sognato che mi strafogavo di pizzette del mio bar preferito. Poi ad un certo punto mi sentivo in colpa e chiedevo al barista se erano di kamut.

La fame mi rende più simpatica però: sto sviluppando una sana autoironia verso la mia condizione di cicciona in dismissione.

Me lo dico da sola, che in momenti come questo, bisogna volersi molto bene.

E insomma: sono di nuovo qui, all’alba dei quarantanni, a fare la dieta, a scriverne su un blog e a cercare di riderci un po’ su. Ma d’altronde mi ero detta che o scrivevo un libro, o facevo la dieta quest’anno e ho capito che per scrivere un libro non sono dotata, non almeno un libro bello  come vorrei che fosse bello per me.

Poi sempre per tornare ai progetti familiari, ne abbiamo uno a cui teniamo parecchio che include il fatto che devo essere abbastanza in forma per sostenerlo e delle volte bisogna avere qualche incentivo in più per agire bene.

Vi terrò aggiornati.

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Meno male che c’è San Luca

No, giuro che non mi sono convertita. Però forse dovrei. Adesso vi spiego. La mia attività di fitness prosegue. Cerco di andare in palestra il più possibile, grazie alla spinta della mia personal coach (la vicina). Andiamo a fare spinning che è una bicicletta sulla quale giri a vuoto e ogni tanto alzi il culo dal seggiolino e pedali, pedali, pedali. A spinning la maestra fa il tifo per me, sono convinta che abbia deciso di sposare la mia causa e quando riesco a completare l’ora in maniera soddisfacente mi fa segni di vittoria, mi sostiene emotivamente (in inglese) e le si accendono gli occhi di soddisfazione. No, non vado in una palestra anglofona, ma lei tra un po’ parte per la California e allora sta imparando l’inglese e lo mette in pratica con noi. Così la lezione è tutta un “I love you guys” e cose del genere che mi fanno sentire anche a me un po’ in California a scontare troppi pranzi da Mc’Donald’s.

Vado anche a Pilates, il martedì sera. E a parte che le signore over 50 sono molto più elastiche di me, sto cominciando a prendere il ritmo. Si chiama Power House quella zona lì, quella che si deve muovere e tirare mentre si fanno gli addominali e tutto il resto. Forse non dimagrirò, ma certamente con l’inglese do una bella botta.

Comunque. La palestra dove vado è un casino, ci si perde dentro e io, con il mio senso dell’orientamento, seguo la mia vicina come un cagnolino: è lei che mi conduce da un corso all’altro senza rischiare di farmi rimanere incastrata nello stadio di pallone fino alla mattina successiva.

Solo che oggi la mia vicina non è venuta e io ho detto ci vado lo stesso a spinning, dai, non ne ho voglia mezza, che c’è anche un tempo da lupi, ma ci vado lo stesso. E ovviamente mi sono persa. Sono finita chissà dove, ho cominciato a girare in tondo e non c’era nessuno a cui chiedere (non è vero, mi vergognavo).

Così a un certo punto mi sono detta, sai che cosa? io vado a San Luca a piedi e sconto così la mia attività fisica di oggi.

San Luca, per chi non è di Bologna, è una basilica che sta in cima al colle della Guardia, proprio sopra casa mia. Nel 600/700 ci hanno costruito una chiesa dedicata al Santo, su questo colle e – da bravi architetti bolognesi – ci hanno messo un bel portico che arriva fino in cima. Così puoi fare la via crucis anche quando piove. Salita e scalini sono il valore aggiunto di questa simpatica camminata, che quando arrivi sopra, la vedi davvero la Madonna dell’icona.

Anni fa, prima di mettere in cantiere la frollina, ci salivo tutte le sere. Sabato ho deciso di riprendere questa sana abitudine e oggi ho fatto altrettanto, in pausa pranzo, da brava cicciona volenterosa.

Alla curva delle Orfanelle comincia la parte più tosta, quella piena di scale in salita e il mio cuore stava per scoppiare. Ho sudato come un maialino nel fango, ero rossa come un peperone sotto il sole e il rumore dei miei polmoni di mantice lo hanno sentito fin dalle due torri. Quando incrociavo qualcuno notavo sguardi di pena, ma io – furbescamente – abbassavo gli occhi, continuavo a camminare con la mia musica nelle orecchie e in compagnia di Guccini e Amy Winehouse sono riuscita ad arrivare in cima a passo abbastanza spedito.

Tino, quando gli ho detto che mi ero persa, non ci voleva credere, pensava lo prendessi per il culo, e invece io sono proprio così: un’idiota geografica. Per fortuna sua mamma, accompagnando il marito alla fisioterapia ha fatto fuori il paraurti di una Giaguar e così la mia idiozia è passata in cavalleria. Anche perché mi sa che il paraurti di una Giaguar vale quasi quanto il bacino di mio suocero e vedrai che faranno economicamente pari e patta. ;-(

Cambio (giro) vita

“Settembre sarà durissimo” sibilava in vacanza Tino, mentre stavo per addentare l’ennesimo calamaro. Lo faceva di continuo, quasi per esorcizzare la difficile decisione presa.

Dopo mesi di rimandi, anni di vita da struzzo e altre amenità da psichiatria, finalmente abbiamo deciso di metterci a dieta. La coppia Panzallaria ci vuole provare. Lo so, lo so, l’ho già detto 1000 volte e non vedo perché dovreste credermi proprio ora. In fondo questo blog è stato aperto, nel 2005, proprio per raccontare l’ennesima dieta (che ha avuto solo un successo temporaneo).

Ma chissenefrega (scusate la sincerità) se non mi credete: questa volta lo faccio solo per me stessa e per la mia salute, per cui non ho mica voglia di rendere conto a nessuno.

Ho deciso di cambiare stile di vita e – invogliata dalla Anto – la mia meravigliosa vicina con cui faccio coworking, mi sono iscritta in palestra.

Se me lo avessero raccontato 3 mesi fa non ci avrei creduto: per me la palestra è come per il Diavolo l’acqua santa. Ho visto cyclette scappare a ruote levate dopo che la sottoscritta ha pagato l’iscrizione. I bicipiti di un paio di giovani virgulti hanno fatto un giro di 360 gradi sulle loro braccia, vomitando spuma come se fossero posseduti, al mio passaggio in tuta.

Non ho ancora osato mettere piede in sala pesi (tutto quel testotestorone in movimento mi inquieta) ma il mio ciccionissimo sedere ha già partecipato a varie lezioni:

pilates, spinning, step.

Per essere un’obesa grave sono davvero in forma: se facessero il campionato del mondo dei ciccioni avrei forse qualche chance. Sono arrivata in fondo a tutte le lezioni. Certo,non aspettatevi che io abbia fatto tutto proprio tutto, ma ho resistito al desiderio di mollare asciugamano e bottiglietta d’acqua e fuggire. Ho resistito anche dal sentirmi una cacca guardando i fisici scolpiti nell’aerobica delle altre donne presenti. Quando mi prende il panico, mi volto verso Anto, lei mi sorride, faccio un respiro profondo e proseguo. Senza pensare a null’altro se non cercare di stare bene con me stessa (e ultimamente, diciamoci la verità, non è che ci stessi molto).

Grazie agli indubbi privilegi del mio ufficio in casa, vado in palestra durante la pausa pranzo o comunque a orari in cui normalmente la gente sta in ufficio: siamo pochi e mi sento meno assillata dalle mie paranoie.

Gli istruttori sono gentili e nessuno dei miei incubi si è avverato. Non so perché ma ero convinta che mi sarei trovata di fronte un manipolo di talebani del body sculpt pronti a intonare canzoncine da asilo nido con un unico ritornello “brutta cicciona, brutta cicciona, brutta cicciona…” e invece hanno fatto tutti finta di niente, mi hanno aiutato a capire lo scopo del corso e rassicurato sul fatto che è assolutamente normale non riuscire a fare tutti gli esercizi, all’inizio.

Di fronte alla mia TOTALE mancanza di coordinazione fisica cerco di essere molto paziente: non c’è speranza, il mio cervello si incarta se deve coordinare due gambe e due braccia a ritmo di musica.

Da quando vado in palestra però sto bene ed è questo quello che conta. Più faccio movimento fisico più mi viene voglia di farne e spero di mantenere una costanza per cui io possa ritagliarmi 2 ore alla settimana.

Ieri ho mangiato nettamente sotto alle mie possibilità e stanotte ho sognato che mi imbucavo a un pranzo di nozze.

Devo fare ancora molta strada, ma come si dice: “Sono gli inizi quelli più difficili”.