Dall’obesità alla mezza maratona: ecco cosa ho imparato alla Run Tune Up
E finalmente è arrivato il grande giorno. Come ho raccontato in questo post, il periodo precedente non è stato affatto facile.
Il mio amico F. veniva da Milano per correre con me la Run Tune Up di Bologna.
Lui corre regolarmente e ha già fatto altre gare e così mi ha fatto questo regalo bellissimo. Io per la prima volta affrontavo non solo la competizione podistica, ma anche la corsa corale visto che normalmente mi alleno da sola.
Ero agitatissima. La notte precedente non ho dormito e così sono partita con un grumo di angoscia nel petto e le gambe come pezzi di legno.
Ma, come succede spesso, quando ti metti alla prova, quello che patisci in termini di agitazione è ampiamente ripagato da quello che guadagni in termini di cose da imparare.
I primi 5 chilometri ero davvero rigida come uno stocafisso: F. faceva il motivatore (non solo mio), incitava il pubblico a fare il tifo e chiacchierava contento, io smozzicavo qualche monosillabo e temevo di non avere preso il ritmo di corsa più adatto a fare 21 km.
Intorno a me mi sembravano tutti “cattivi” e pronti a giudicarmi, la realtà che mi raccontavo era quella di una donna completamente fuori luogo rispetto a quello che stava facendo. Mi sentivo un impostore. Era molto tempo che non provavo una sensazione del genere: era come se la piccola cicciona che vive dentro di me ripercorresse alcune scene usuali, si sentisse osservata e giudicata per un corpo completamente inadatto a quello che desiderava fare.
Al chilometro sei, dopo avere conosciuto molte persone intorno e avere constatato che come me, c’erano tante altre donne e uomini alla loro prima mezza maratona, mi sono resa conto di essermi fatta un gran film: non c’era bisogno di stare nell’angolino per vergogna, non c’era nemmeno bisogno di giustificare pubblicamente (o con me stessa) la mia presenza.
E mi sono lasciata un po’ andare. Ho conosciuto Rossella, di anni 55, alla sua quarta Run Tune Up (lei correva la staffetta 10+10), Cristiana, che corre un’ora ogni tanto ma non ha idea di quanti chilometri faccia e Filippo, con le sue cuffie da musica che a un certo punto, mentre da un po’ seguivamo il percorso tutti insieme, ci ha fatto morire dal ridere con un “E io che ero uscito solo per prendere il caffè!”.
Io sono diventata, d’un tratto, al chilometro 6, molto ciarliera: il sacro fuoco motivante di F. si è impossessato di me e ho cominciato anche io a battere cinque ai musicisti lungo il percorso e a incitare chi mi sembrava un po’ scoraggiato. Mi sono anche trasformata in un fantastico Cicerone corrente per il mio amico e sono riuscita a sciorinare la storia della città mentre pedalavo sui miei muscoli.
Dal settimo al quattordicesimo chilometro è così passato in un attimo (quasi), sentivo la fatica ma moderavo il passo e mi sembrava di non essere poi tanto stanca.
Al quattordicesimo chilometro il mio amico F. è stato male: crampi ovunque lo hanno costretto a fermarsi spesso. Ci si è imposta una scelta e alla fine ho deciso di proseguire da sola, anche se con dispiacere. Ma c’era quella voce, quella voce che mi diceva che era la mia occasione, il mio momento e dovevo almeno provarci.
E’ stato quando ci siamo salutati che io ho deciso di incrementare il passo: o la va, o la spacca, ho pensato e così ho cominciato, gradatamente, a correre sempre più forte. Ero riscaldata, ancora non troppo stanca e valeva la pena dare tutto lì.
Al km 16 ho cominciato ad avere le traveggole: le gambe reggevano ma le sentivo andare solo per la forza d’inerzia, ogni tanto mi veniva un colpo di tosse da polmone affaticato e la mente vacillava un po’.
Ed è stato al km 17 che ho cominciato a parlare da sola. Prima, a dire la verità, mi sono fatta un piantino per tirare fuori l’ansia e la fatica e poi ho cominciato a parlare con me stessa: “Dai, che ce la fai, siamo arrivate qui, arriveremo fino alla fine, dai, dai che ce la facciamo!”. Nel frattempo correvo e mi sa che correvo molto più forte del mio solito.
Al km 19 cercavo solo di intercettare la segnaletica del percorso, i volontari di gara con le loro giacche gialle e a TUTTI, puntualmente, chiedevo di indicarmi da che parte andare: il mio cervello era completamente annacquato e possedeva SOLO un’informazione che era “Devi arrivare al traguardo!!!”.
Al km 20 l’asma ha fatto la sua comparsa: forse non era proprio asma ma di sicuro i polmoni avevano raggiunto il massimo di quello che potevano dare, respiravo a fatica e ho dovuto fare i conti con me stessa per non mettermi a piangere disperata, accasciata in mezzo a via de Carbonesi (forse era un’altra via, non lo so, a un certo punto Bologna poteva essere una qualsiasi altra città, non avevo alcuna idea di che strada stessi correndo).
Potete immaginare la gioia, la soddisfazione, la tensione che si scioglie, la felicità e il grande pianto di quando ho solcato il traguardo. Gli amici, mia figlia, il mio compagno.
Ieri ho imparato che i mostri, spesso, ce li immaginiamo noi: le cose piccole, nella testa, diventano enormi e una bellissima esperienza, nell’aspettativa, si può trasformare in qualcosa di invalicabile, mentre se poi hai il coraggio di viverla, è una bellissima esperienza.
Oggi sono di legno, Robocop mi ha chiesto in sposa e faccio fatica a riprendermi, ma se ci ripenso, lo rifarei 100 volte! E ringrazio – oltre al mio amico F. senza il quale non avrei fatto i primi chilometri – la piccola obesa che vive in me, se siamo arrivate in fondo è potuto perché eravamo insieme!
grande, grandissima, complimenti davvero!
domanda da profana e ignorantissima: ma la mezza maratona si può fare anche solo camminando veloce
o si deve correre per forza? e -curiosità ancora più da profana profanissima- quanto tempo ci si mette?
così magari spiego alla mia testolina che l’anno prossimo potrei essere lì anch’io….
Ciao, per i tempi dipende: ho amici che in 1′ e 43 arrivano in fondo e nemmeno tra i primi, io ci ho messo (dando davvero tutto) 2.30. A 3 ore smontano l’arrivo, di norma. Tu a una mezza puoi andarci o iscrivendoti alla gara con la pettorina, oppure anche senza pettorina, da infiltrato. Nessuno ti dice nulla e te la fai comunque. Per fare la mezza iscritto devi avere certificato medico agonistico e essere iscritto a una polisportiva, mentre ovviamente da infiltrato no 🙂 specie se ti infiltri e il tuo obiettivo è semplicemente fare 21 km non necessariamente di corsa, puoi benissimo. La cosa bella del podismo è che ognuno ha un obiettivo diverso dagli altri, il mio per esempio era correre tutti e 21 i km e arrivare al traguardo, a prescindere dai tempi 🙂
ah ah ah è meraviglioso “da infiltrato”, mi piace, lo sento già più vicino come traguardo!
grazie per le specifiche e ancora complimenti, davvero!
Che bello, bravissima. I film li riconosco orami, sono quelli che mi faccio anche io…e penso anche un po’ tutti: Basta riconoscerli 😉
F A N T A S T I C A!
Grandissima!!!
Noi lo sapevamo, ne eravamo certe, ma la fatica dovevi farla tu!
Goditi questo ennesimo successo. (Per il necrologio c’è ancora tempo…)
Gaia
Super bravissima!!!!!!! aspettavo con ansia di leggere questo post!!! Sei di grande ispirazione complimenti!
B R A V A !
Grazie davvero per gli stimoli e lo sprone a non mollare!
E lo dico da lettrice di quando ancora i problemi erano piccoli, come i figli e non si riusciva bene a vedere oltre i “film” mentali, anche se all’epoca li chiamavo diversamente 😉 . Ora che siamo cresciute ho ancora dei forti problemi con la forza di volontà e sapere di persone “ammodo” come te che ce la fanno è incoraggiante, quindi massimo sostegno, tifo e stima a testimonianza nei commenti!!!!!
Complimenti!!! Ci sarai anche alla Race for the Cure, il 27 settembre?