L’ora X


E’ scattata l’ora X: sono a dieta. Stamattina mi sono svegliata di buon ora per essere puntuale all’appuntamento con bilancia, metro e pinzoni misurabuzza; l’attesa in sala d’aspetto è stata assolutamente spassosa: eravamo in 4 di cui 3 ciccioni e una “simpatica” signora sulla 60ina, filiforme, truccata e decisamente snob nei confronti dei propri compagni di attesa.

Io, per non rischiare di essere agganciata da qualcuno (volevo riservarmi il ruolo di ascoltatrice passiva) ho recuperato la copia di un quotidiano gratuito e mi sono nascosta tra le tette dell’Arcuri e un simpatico articolo sui bambini a dieta – che, devo dirlo, per un attimo ho pensato ad una copia confezionata ad hoc per il luogo!.

E mentre un omarello, sulla 60ina anche lui, dalla non indifferente circonferenza, raccontava i motivi che secondo lui lo avevano fatto ingrassare, la simpatica signora continuava ad interromperlo perché ci teneva a sottolineare che se lei si trovava lì era SOLO per problemi digestivi.

L’apoteosi del dialogo l’hanno raggiunta quando l’omarello si è messo ad elencare i motivi della sua larga circonferenza, sostenendo che non erano i 2 etti e 1/2 di pasta a pranzo che lo avevano rovinato – che lui fa un lavoro molto pesante e consuma parecchie calorie – ma, come pregiatissimi luminari (di cui non ha fatto nome) gli avevano detto, i 2 litri e mezzo di acqua che beve tutti i giorni!!!

La signora, che evidentemente non ha minimamente pensato di mordersi quella lingua biforcuta, ha allora cominciato con una filippica sul fatto che quest’uomo mangiava troppo e ci ha tenuto a sottolineare che lei, per essere così in forma, mangia 60 gr di pasta quasi sconditi e blablabla, giù di ricette e consigli che avrei voluto torcerle gli ossicini del collo e ho sperato che aviaria la cogliesse all’istante – data la somiglianza con una gallina stizzosa.

L’omarello, molto più saggio di me, è stato ad ascoltarla e alla fine, con un accento alla Francesco Amadori, l’ha guardata e le ha detto “Bhe insomma, se poi è qua perchè fa fatica a digerire, qualche problema alimentare ce l’avrà pure lei!!!” e intimamente ho goduto come poche volte nella vita, gli avrei dato della lingua all’omarello, per l’entusiasmo.

Devo dire che non ho sottovalutato nemmeno le 2 perle della conversazione politica intellettuale alle mie spalle, dove per bocca di una persona, il protocollo di Kioto si è trasformato nel “coso di Tokio” e il “soprannome” di un amico in un simpatico “gnomignolo”.

Ma passiamo alle cose serie: ho LETTERALMENTE rintronato la dietista, che, tra una pesata e l’altra si è sciroppata tutta la storia della mia vita e delle mie diete. Credevo di averle fatto simpatia -rideva così tanto- ma alla fine mi ha consigliato lo psicologo, dicendo che secondo lei ci sono motivi sotterranei al mio approccio compensativo verso il cibo.

Per non parlare del dottore che mi ha fatta spogliare, adagiare sul lettino e si è messo a cercare “peli strani tipo sulla pancia” “macchie” e “smagliature” che ad un certo punto non ce l’ho fatta e me ne sono uscita con un “Sono grassa, non un mostro!” che mi ha fatto sentire molto meglio.

Altro evento perturbante della mattinata è stato scoprire da un manifesto pubblicitario che esiste “L’obesity day” e che purtroppo me lo sono mancata, visto che questo evento prestigioso si è tenuto ad ottobre.
Ma vi segnalo il sito, che il prossimo anno non si sa mai, potrebbe venirvi voglia di partecipare:
http://www.obesityday.org/home/index.php

E mentre me ne tornavo a casa, con una dieta “che deve abituarmi a mangiare bene” e un diario alimentare che dovrò compilare tutte le volte che mangio, pensavo che il mondo è proprio ingiusto perché un cieco, che di fatto non ci può far nulla per il proprio problema, viene chiamato “non vedente” “disabile della vista” e un ciccione – e se c’è questa simpatica parola perchè non usarla??? – invece lo chiamano “obeso”, che condivide lo stesso suffisso con ob-brobrio e suona tanto di offesa gratuita.

Insomma, risi e lazzi, ma sono un pò depressa.
Andrò a mangiarmi la mia insalatina, non prima di aver esplorato il mio corpo in cerca di peli strani (tipo sulla pancia) che data la circonferenza potrei non aver visto 😉

…Scherzo naturalmente: malgrado i kili NON HO PELI STRANI e rivendico anche una sana femminilità carnosa (tipo che c’ho due tette da far invidia alle veline!)

😉

scusate, ma non vorrei che chi non mi conosce si faccia strane idee.

The day before

Domani è il grande giorno: alle 10 ho appuntamento con gli aguzzini dei miei lardarelli, con i censori della mia cellulite e con la rovina dei miei “spuntini”.

Domani è il grande giorno della verità: sono circa due anni che non metto piede su di una bilancia!

Oggi sono una cicciona impenitente che a pranzo è andata in mensa con Motocorsaro e ha ordinato ben 2 secondi, domani sarò una cicciona consapevole che conta le kalorie presenti nei Vitasnella.

Che dire? Emozionata? Spaventata? Non esageriamo.

Sono pronta, pronta allo sguardo del dietologo di turno quando salirò sul piatto della verità, pronta a parlare dei miei guai alimentari e del perché e per come abbia così spesso concesso al mio stomaco più di quanto la mia linea si potesse permettere.

Penso a Fantozzi e alle polpettine bavaresi, penso alla palestra in cui sarò costretta ad iscrivermi e a tutte le verdurine che imparerò a cucinare con dovizia, con irritante morbosità, per convincermi che mi sto alimentando in maniera sana e che non mi mancano, affatto, le leccornie a cui sono abituata.

Oggi sono ancora una che se ne frega e che sostiene di star bene così, che non vuole essere giudicata per l’aspetto fisico; domani sarò una delle tante che pensa anche al suo corpo come ad una “cattedrale” (che str…questa della “cattedrale”; il mio di corpo, al massimo può sembrare una chiesetta di montagna bombardata e abbandonata alle felci!).
Oppure no.

Domani sarò quella di oggi solo con un appuntamento in più dal dottore e con delle regole da osservare. Voglio, DEVO vederla così.

Di sicuro non comincerò a comprare riviste “da donna” per convincermi che potrò anche io – un giorno – indossare i panni di una velina; di sicuro cercherò di non ammorbare tutti quelli che invito a cena con piattini salutisti a base di grissini e piselli. Sarò forte e ogni tanto debole, non rinuncerò alla pizza (italica delizia) e non mi guarderò allo specchio ogni kilo perso.
Oppure si.

Di certo ho trovato molto confortante il fatto che mi abbiano chiamata, oggi, dal reparto ospedaliero che si prenderà cura di me e della mia salute alimentare; la materna vocina di una signora (presumibilmente attempata) ha inciso sulla mia segreteria il seguente messaggio: “Signora Panzallaria, si ricordi del suo appuntamento di domani per dimagrire!” che suonava molto “Ricordati che devi morire” di Savonarola a Troisi nel film “Non ci resta che piangere”.

Mi sono visualizzata la padrona di questa vocina, ad un’accettazione ospedaliera, che con una mano si mangia il krafen del mattino mentre tenta di telefonarmi e con l’altra frusta gli ingordi di turno, tutti nudi ed esposti al pubblico ludibrio.

Assolutamente confortante come immagine, perché domani così sarò preparata a qualunque commento, a qualunque battuta sui miei kili e a qualunque prova mi sottoporrano. Quando il dottore arriverà con il suo pinzone misurabuzza, io ci sarò e sfodererò il mio sorriso migliore.

E prometto che aggiornerò voi morbosetti su ogni dettaglio, anche il più masochistico. Perchè vi ho capiti a voi: da bravi fruitori voyeur di blog, non vedete l’ora di conoscere le mie sofferenze, l’intimo dolore del mio stomaco e il dissidio dei miei pranzi…
e allora sono qui, pronta a incarnare le vostre paure recondite, lo sguardo attento che al mattino scruta lo specchio e ci trova una ruga in più, l’ansia delle femminucce per la cellulite che fuoriesce dal costume e per gli addominali che cominciano a dare segno di cedimento.

Panzallaria è qui, per dimostrare che la dovete smettere di propinarvi la palla che quel che conta non è l’aspetto ma poi ci state male; che la dovete smettere di credere VERAMENTE che le ciccione (per i maschietti, aime, non è così) sono come le Bridget Jones di turno al cinema, che basta un buon parucchiere e una ceretta per farle diventare supergnoccolone.

Il mondo vero è anche questo, outing e sadismo, voyerismo e impersonificazione.

E allora avanti, fatevi sentire, chiedete tutto quello che avreste sempre voluto sapere da chi, sull’autobus, occupa un posto e mezzo!!
Non è detto vi risponderò, non è detto che sarò sincera.
Oppure no
Oppure si

A DOMANI!!

piesse: stasera dò l’addio alla piadina ;-(

Mia suocera


Mancano pochi giorni alla dead line della mia cellulite: il 30 novembre si avvicina a larghi passi e presto dovrò dire addio a tutte le cose sfiziose che mi rendono più dolce la vita.

Visto che sono una previdente, fin da ora ho cominciato a mettere le mani avanti e ad avvertire del nuovo stato di cose parenti e amici.

Domenica eravamo invitati a pranzo della suocera e, preventivamente, l’ho chiamata per avvertirla di cucinare porzioni normali e non i suoi mitici piatti che sfamano tutto un paese del Terzo Mondo!.

Premetto qualche riga su mia suocera: dovete sapere che la cara signora (a cui voglio molto bene) incarna in maniera perfetta qualsiasi topos conosciate sulla “sdaura” bolognese, la tipica matrona della casa da celebrazione felliniana.

Iper – attiva in cucina e con lo straccio per la polvere, mia suocera non ha mai il frigo vuoto e se le dite che passate a trovarla e date la parola d’ordine: “Sono un amico di Tino” vi fa di certo trovare il caffè nella tazzina, due biscottini sul vassoio e…le lasagne in forno!!
Perché gli amici del suo cocco adorato sono anche amici suoi e se lei ha sfamato il suo bambino, è giusto che sfami anche coloro che lui ama. Il concetto democratico di amore filiale bolognese: un piatto di lasagne non si toglie a nessuno!!

Mia suocera poi, ha sempre quel capello cotonato che solo dalle nostre parti puoi trovare: una folta criniera di capelli neri che solo dopo 24 ore di bigodini possono rimanere così alti e soffici e immobili, manco fosse passato il parrucchiere di Big Jim!!!

Capelli che, alle volte, ti chiede cosa poteva succedergli, quando queste signore erano giovani e tanto alla moda, nei momenti di intimità coi legittimi mariti…

Mia suocera, in primis, non vi farebbe MAI trovare la casa in disordine e quando viene a casa mia, si trattiene dal portarsi dietro lo straccetto di talpa che raccoglie così bene la polvere. Si trattiene, ma la vedi che soffre immensamente e pensa a quel che succederà ai suoi futuri nipoti, costretti a vivere in una casa dove non la fanno da padrona meravigliosi soprammobili e dove, se passi un dito su una mensola, dopo conviene ti vada a lavare le mani.

Si trattiene mia suocera, perché mi vuole bene e credo abbia fiducia in una mia redenzione, e allora, per non rischiare di dire una parola in più, fuma come un’assatanata e la vedi, che il suo cuore di mamma soffre proprio a pensare al suo amato e unico figlio, capitato in grinfie tanto ingrate verso le muliebri occupazioni!.

In secundis, mia suocera non vi farà mai uscire dalla propria magione a stomaco vuoto: siete i benvenuti e in quanto tali, dovrete darle pure qualche soddisfazione!!!
Mia suocera non concepisce piatti che non siano almeno il doppio del peso corporeo di ciascun invitato e non contengano, almeno, 2 tipi diversi di carne e burro di ottima scelta.

Tempo fa Tino decise di diventare vegetariano (decisione abdicata anche per i motivi che sotto vado a narrare) e lo comunicò, con la dovuta delicatezza alla mamma che gli aveva preparato il maiale.

Lei, dopo aver fatto un grande mea culpa, chiedendosi perché non si fosse mai accorta delle cattive compagnie frequentate dal figlio e se esistessero in zona delle comunità di sostegno o disintossicazione per questo genere di mali, sembrò prendere atto della cosa.

La volta successiva, a cena, narrano che arrivò in tavola con un piatto di tortellini alla panna, sostenendo che aveva evitato il brodo proprio perché rispettava le scelte di Tino…tanto il ripieno di lonza di maiale non è tecnicamente carne e si è mai vista grugnire della carne macinata????

Di fronte al disappunto dell’interessato, la volta successiva decise di correre ai ripari e di ammodernarsi per stare al passo con il figlio e entrò in scena, col piatto da portata, orgogliosa e soddisfatta: “Questa volta sarai contenta, visto che ti sei messo in testa di non mangiare più carne, ti ho preparato il pollo!”.

Insomma, mia suocera è così, una persona molto buona a cui chiedetele tutto ma non di rinunciare alle sue tradizioni culinarie!.

Per tornare a domenica, devo proprio ringraziarla mia suocera, perché ha costretto tutti – per la mia scelta – ad un pranzo morigerato: al posto delle lasagne che aveva in mente, ha preparato le tagliatelle panna e funghi (la panna era quella dietetica) e al posto della bistecca, 8 cotolette cadauno, che la carne bianca è quella consigliata da tutti i nutrizionisti!!.

Mia suocera poi, essendo una che ci tiene all’aspetto, prima di uscire mi ha presa da parte e mi ha detto: “hai fatto proprio bene a metterti a dieta, perchè sei davvero un po’ cicciottella!, ma vedrai che se mangiamo SEMPRE così, finisci per dimagrire senza grandi sforzi”!

Che bella invenzione le mamme bolognesi, delizia e rovina di noi trentenni viziati!!!!!!!!

Partecipanza ed impegno: un illuminatissimo parere di Capitan Carlok

Pubblico con piacere il “succulento commento” che ha postato il mio amico Capitan Carlock in merito al post “Partecipanza ed impegno” di ieri, perché lo trovo molto bello e mi fa piacere che il mio momento di blogorrea abbia sortito gli effetti che speravo.

Anch’io credo nei collegamenti tra i due eventi (locali e nazionali) e personalmente sono assolutamente convinta che solo guardando le cose “dall’alto” in una prospettiva non esclusivista e di eccezionalità dei singoli eventi, si possa cominciare a FARE qualcosa; si possa decidere di responsabilizzare le proprie azioni, anche quelle che consideriamo di poco conto ma che, considerate come piccoli granelli di sabbia che fanno il deserto, hanno una valenza e un significato globale.

E allora grazie, Capitan Carlock, e speriamo che anche altri vogliano dire la loro!

Credo che in realtà i due eventi che descrivi siano strettamente correlati; e il trait d’union (scusate il parolone) è rappresentato da un dato che, da sfiduciato e disilluso quale sono diventato, ritengo possa essere costitutivo dell’uomo (inteso come essere umano).

Anche per causa di una forte e assai spiacevole esperienza personale, mi sono reso pienamente conto di quanto sia vero ciò che scrivi a proposito di: “se ognuno coltiva il proprio orticello e muove il culo solo quando a farne le spese è il proprio giardino […].
Partecipo/-iamo poco alla vita della nostra città, subendo decisioni che non condividiamo ma che ci riguardano e, anche quando non ci sembra che sia così, avvalliamo la noncuranza verso tutta una serie di eventi” eccetera.

Penso che gli eventi piccoli, quelli della nostra vita personale, siano uno specchio di quelli più grandi, che riguardano la politica del Paese e i suoi vari accadimenti.
Perché alla base di tutto rimane la stessa cosa: l’uomo. O meglio, gli uomini.
Cosicché, un pezzo di merda egocentrico e senza scrupoli o veri sentimenti verso il prossimo, e affascinato morbosamente dal potere e dalla sua gestione (piccolo o grande che sia, dato che in questo discorso ciò che conta è per così dire il dato strutturale), ha potuto, “urlando assurdità semantiche”, fare i propri comodi perpetrando del male ad altre persone con il plauso e la connivenza di altri per interesse, o l’indifferenza di terzi che pure erano coinvolti.

Non so quale delle due posizioni sia peggiore, ma penso presumibilmente la seconda, perché è proprio quando si avvallano, tacitamente o meno, delle situazioni o degli atteggiamenti di cui nel profondo del nostro cuore riconosciamo l’ingiustizia, è proprio in questo preciso momento che permettiamo alle cose di andare nel verso sbagliato, che lasciamo che le merde vincano. (Ma forse qualcuno, in questi casi, preferisce rigirare la questione prospettando e sventolando la bandiera del manicheismo, accoccolandosi pertanto nell’alibi del relativismo, che, per sacrosanto che sia, troppe volte fa troppo comodo, e soprattutto non vi si crede affatto.)

In queste circostanze, inoltre, penso che non valgano a nulla le cosiddette buone intenzioni (di cui è lastricata la strada per ogni inferno), né valga l’incoscienza, il non rendersi conto.
Perché ognuno di noi, in realtà, credo che possa possedere, o procurarsi, i mezzi per aprire gli occhi: ma semplicemente non lo vuole fare. (Va bene, per qualcuno è in effetti molto difficile entrarne in possesso…).
E ritengo stia proprio qua il punto, che la maggior parte delle persone si rifiuta di prendere coscienza, di ragionare con lucidità e mettendo da parte il proprio orgoglio e il proprio sé nell’ascoltare gli altri, perché il farlo significherebbe assai probabilmente mettere in discussione (anche continuamente!) un’intera vita, esteriore e soprattutto interiore; significherebbe permettere al mondo di crollare sotto i propri piedi, rimanere per un buon periodo di tempo senza agganci, subissati e come sommersi dalle proprie paure e dai propri dubbi.
Non credo, allora, che vi sia mancanza di intellettuali, quanto assenza di ascoltatori.

Concordo che questa sia un’operazione assai difficile e dolorosa, specie per chi risulta insicuro e fragile. Allo stesso tempo, però, penso riesca egoistico il chiudersi in sé e rifiutarsi di affrontare la questione, per quanto lo si possa fare senza rendersene conto.

Dunque, in sostanza, credo che sia precisamente da questa contraddizione profonda che l’essere umano non riesca ad abdicare, forse addirittura per un suo dato costitutivo, come dicevo all’inizio. Secoli, o meglio millenni di storia, stanno là ad ammonirci e a dimostrarlo, in barba a tutte le visioni teleologiche (altro parolone, scusate di nuovo).
In attesa, appunto, di un nuovo, ciclico, “uragano”.

Capitan Carlock

L’angolo della digestione difficile: partecipanza ed impegno


In questo post cercherò di essere seria; alcuni eventi, letture del week end e considerazioni personali mi impongono un momento di riflessione: non vi preoccupate, sarà solo un momento, anche perché non ho nessuna intenzione di ammorbarvi con soliloqui evanescenti; non è la scelta che ho fatto con Panzallaria.
Panzallaria dovrà ammorbarvi con aneddoti tra il reale e il fantastico, soliloqui di una cicciona che ha scelto di spendere meno aprendo un blog che andando dallo psicanalista.

Anzi devo dire che nella prima settimana di apertura di questo spazio, mi hanno già scritto messaggi e mail un sacco di persone che non ho trovato niente male nemmeno come psicanalisti, in quanto ad arguzia dei consigli! ;-).

Ma tornando alle mie “difficili digestioni” oggi, in questa giornata nevosa (che bella la neve!) non posso fare a meno di pensare a un fatto accaduto nella mia città – lo stupro di una ragazza – e a come girano le cose italiane ormai da lungo tempo.

Partiamo dagli eventi locali: una ragazza è stata trascinata in un parco della periferia dopo essere scesa da un autobus ed è stata stuprata. Pare che la vittima di questo orribile fatto, mentre veniva costretta ad appartarsi, abbia invano tentato di attirare l’attenzione degli automobilisti che hanno proseguito senza fermarsi.

Premetto che non so decidere se per menefreghismo o perché realmente non abbiano visto la scena (quella sera piovigginava e c’era nebbia), l’accaduto ha scatenato, oltre che per la barbarie del gesto in se’, la deprecazione dei media e dei politici del momento per l’apparente indifferenza dei passanti in una città, da sempre famosa per la qualità della vita.
Io, per natura e per empatia, sto di certo dalla parte di una ragazza che ha subito una violenza orribile, di quelle credo difficili da dimenticare. Ma non posso fare a meno di pensare, con dolore, anche alla debolezza delle nostre società, al sottile confine tra civiltà e individualismo che spesso porta ad una vita in solitudine anche in luoghi popolosi e apparentemente sicuri.

Non posso fare a meno di pensare alla rabbia di questa persona e della sua famiglia, catapultata in un incubo da cui, nessuno, è riuscito (o ha voluto ?) tirarla fuori.

Non posso non pensare a Cofferati, il Sindaco di Bologna e alle sue recenti proposte e azioni, in termini di legalità.
Il Cinese ha recentemente detto che la mia città ha una “lunga tradizione di solidarietà e legalità” che vanno di pari passo.

Fermo restando che nell’evento specifico (sto per dire una banalità) non c’è ne’ legalità ne’ solidarietà, mi chiedo cosa cavolo significhi questa lunga tradizione oggi, se ognuno coltiva il proprio orticello e muove il culo solo quando a farne le spese è il proprio giardino.
Me compresa.

E soprattutto, la solidarietà non dovrebbe partire dal riconoscere le cause di un malessere che si va diffondendo, invece di curarne gli effetti? Penso ai figli che voglio e che spero di avere: sono prprio sicura che un domani non dovrò vergognarmi quando uno di loro mi chiederà:”e tu, cosa hai fatto per tutto questo?”.
Mi ci ha fatto pensare una persona che stimo molto e conosco da poco, che – malgrado la lotta contro una grave malattia – per il futuro dei suoi figli ha deciso di impegnarsi politicamente (nel senso più vero del termine).

Partecipo/-amo poco alla vita della nostra città, subendo decisioni che non condividiamo ma che ci riguardano e, anche quando non ci sembra che sia così, avvalliamo la noncuranza verso tutta una serie di eventi che un domani potrebbero veramente tornarci indietro come un uragano.

Il nostro disimpegno, il mio, equivale a renderci tutti automobilisti, in una sera di inverno, in una periferia qualunque, mentre un uomo qualunque violenta una ragazza qualunque. Tutti nelle nostre macchinine, col solo pensiero di tornare a casa, al caldo, a guardare un film e a riposarci dalla lunga giornata lavorativa. Non importa se in quel particolare momento non abbiamo visto perché pioveva o c’era nebbia, di fatto siamo TUTTI complici di eventi che non abbiamo mai voluto considerare come effetti di un lungo percorso verso la non partecipanza, ma solo come casi “eccezionali”.

L’eccezionalità ci renderà tutti orbi, bisogna cominciare a fare i conti con la normalità e corregerla, prima di tutto in noi stessi. Almeno questo è quello che penso, sempre di più.

Passando alle cose dell’Italia, ieri ho letto un articolo, veramente molto bello, di Tahar Ben Jelloun su Micromega n.6 del 2005: Uno di noi.

L’ articolo è stato scritto in occasione del trentennale della morte di Pasolini e l’autore, con uno stile chiaro e diretto, immagina un’Italia in cui Pasolini vive ancora. Cosa avrebbe potuto scrivere Pasolini sull’Italia berlusconiana? Sarebbe riuscito a smascherare il mondo che il Cavaliere rappresenta?

Mi sono accorta, leggendelo, di avere dentro una grande rabbia contro gli intellettuali italiani attuali, anche quelli che amo. L’intellettuale non dovrebbe ragionare sul mondo, smascherare il velo di ipocrisia del potere e agire per denunciare e sovvertire uno stato di cose malato?

Oggi, in questo stato di banane, quanti sono gli intellettuali, così come era Pa’, in grado di provocare quel senso di straniamento così forte da palesare l’assurdità della realtà in cui viviamo?
Qualcuno ci ha provato, con i girotondi, con le manifestazioni, ma poi, dopo una prima ventata di entusiasmo a me sembra che tutto si sia di nuovo normalizzato. E intanto il berlusconianismo impera e naturalizza nello stile di vita di tutti, entra nella sinistra spettacolarizzandola, e se ne gira indisturbato per il mondo, giullarizzando discorsi politici internazionali e trasformando ogni esternazione pubblica in discorso elettorale.

Ormai ci siamo tutti abituati alle “barzellette” di Berlusconi, alle sue boutades in presenza dell’Imperatore Bush e alla cricca di vergognosi e vilipendiosi soci di cui si attornia.

Chi di noi non ha pensato, quando si iniziava a parlare di Aviaria, che non fosse altro – come al solito – che un modo per tenerci tutti terrorizzati nelle nostre case?
Chi non ha sorriso, in mezzo all’amarezza, per quel che il Premier ha riferito degli ultimi suoi “discorsi amorosi” con Bush?

Barthes nei “Miti d’oggi” scriveva che basta urlare forte e un gran numero di volte una cosa perché la gente cominci a crederci, perché si perda il valore semantico (spesso assurdo) della cosa detta e quella sembri vera.
Ecco, ci sono giorni in cui mi sveglio e mi sembra di sentire tutti urlare forte e mi fa una gran paura; mi fa una gran vergogna; mi fa un gran schifo.

Ma come scrive Ben Jelloun nell’articolo di Micromega, non è tanto Berlusconi e i suoi lifting che mi spaventano, quanto tutti quelli che ci credono e tutti quelli che, non credendoci, non fanno nulla.
Insomma, a volte anche uno stomaco di ferro come il mio, fa una gran fatica a digerire certi cibi così invitanti e tanto avariati! 😉
Scusate la blog-orrea

Cuscinetti e shopping


Lo shopping, si sa, è una delle attività preferite dalle femmine, o almeno questo le pubblicità ci vogliono indurre a credere. In effetti di rado vedo alcune amiche entrare in tanto sollucchero quanto in un negozio di intimo, davanti a quel meraviglioso perizoma leopardato o al reggiseno a balconcino che fa venir voglia, anche alle più accanite anticonformiste, di assomigliare ad una velina.

E che dire delle sessioni da Promode durante il periodo dei saldi? Roba da uccidere anche un elefante che però non riesce a stendere colei che normalmente, davanti ad una normale fila alle casse del supermercato, rischia lo svenimento.

E gli occhietti che si illuminano all’idea di andare a far razzia al mercato di turno? Ci possono essere anche 40 gradi all’ombra, con un’umidità del 120% che dinnanzi ad una bancarella ben fornita, si perde il senso del tempo e sembra di stare in alta montagna!

Le mie amiche sono TUTTE così, fatta nessuna esclusione, eccetto la sottoscritta.
Certo, quando ero più magra non adoravo lo shopping, ma di sicuro resistevo più di cinque minuti in un camerino e non mi veniva voglia di urlare e fare una strage tutte le volte che la commessa, gentilmente, mi chiedeva se poteva essermi utile.

Ma le cose cambiano e ora non riesco nemmeno a metterci piede, in certi negozi. E di fronte all’amica di turno che scalpita per entrare, devo sempre costringermi alla pazienza per dissimulare la certezza che, una volta fagocitate dentro al locale, io reggerò il moccolo, manco fossi una bimba di dieci anni in uscita con la sorella sedicenne in pieno scoppio degli ormoni!.

Dunque, se ho bisogno di comprarmi un vestito, ci vado da sola e spesso in situazioni abbastanza grottesche tipo: 2 minuti prima di un matrimonio perché il gatto ha tirato i fili dell’unico maglione mi faccia sentire decente; 4 ore prima di un appuntamento di lavoro importante, perché è venuto a nevicare e i miei vestiti “da appuntamento importante” non prevedono la neve, e così via…

E una volta entrata nel negozio – scelgo quelli più imboscati, così da non incontrare nessuno che conosca e a cui potrei regalare “grasse” risate – mi trasformo in Crudelia, la donna a cui NESSUNA commessa oserebbe chiedere “Ha bisogno? vuole che le porti la taglia più grande? Oh…non esiste la taglia più grande…”.

Neanche trovarmi mezza nuda al supermercato (citazione da un evento realmente accaduto di cui forse in futuro vi narrerò) mi fa sentire più stressata!!!!

Quando terminano queste esperienze, mi ripeto che col culo che mi vedono, in un negozio di abbigliamento, per i prossimi dieci anni!.

E allora, dovendo di necessità fare virtù, e avendo insito nel dna il bisogno di un po’ di shopping compulsivo, almeno ogni tanto, mi sono specializzata in una serie di articoli senza taglie che mi fanno andare LETTERALMENTE in brodo di giuggiole.

La consumista che alberga in me va in Paradiso fondamentalmente in 2 posti:

  1. le cartolerie e/o reparti di cancelleria dei supermercati;
  2. i negozi di borse

Un’ala della mia casa è ormai invasa di quaderni, quadernetti, agende, penne colorate, calendari di gatti, graffette, biglietti di auguri, raccoglitori metallici, raccoglitori di carta, cartelle trasparenti e colorate, etichette per libri, righe, quadretti, righe di terza elementare, quadretti grandi e piccoli, fogli bianchi, segnalibri, matite, portamatite, mine dello 0,5, cartoline…insomma, potrei aprire una succursale della Fabriano. A volte, quando sono nel negozio di turno, ho talmente voglia di acquistare quel particolare quaderno che mi convinco, mi autoconvinco che non posso ASSOLUTAMENTE farne a meno, che l’indomani mi sarebbe impossibile iniziare quel determinato progetto senza, anzi, che forse mi sarebbe impossibile adirittura alzarmi dal letto!

L’armadio che condivido con Tino (uomo paziente e coraggioso! 😉 è invece occupato, per una buona metà dalle borse. Sulle borse sono MOLTO esigente, un pò come per la carta su cui scrivere. Ne avrò collezionate circa una 40ina e alla fine uso sempre la stessa, ma devo essere pronta per ogni occasione, per tutte le capienze, per le situazioni in cui è richiesta una sacca comoda e quelle in cui devo fare la signora fighetta.

A volte mi trovo a urlare al mio compagno, che ha bisogno di un vestito accidentalmente finito tra le mie borse, di non farlo, che potrebbe rischiare il soffocamento da crollo (non sono nemmeno molto ordinata), tanto che credo sospetti tenga l’amante nascosto nell’armadio.

Ma che volete…anche noi ciccione abbiam bisogno di qualche soddisfazione e questo è un mondo brutto e cattivo che impedisce agli stilisti di pensare a vestiti over 42. I quaderni e le borse sono la mia (ma sospetto che altre lettrici ciccione siano d’accordo con me) lotta contro i mali della globalizzazione, sono il mio urlo di protesta, un grido che si leva, sopra i tetti di Bologna e dice:

“VOGLIO ESSERE UNA CONSUMISTA ANCH’IOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!”

Il con-sesso delle esperte

Credo che ogni donna dovrebbe fare parte di un club di esperte con cui confrontarsi sui tanti problemi che affligono l’umanità, ma non solo. Vogliamo parlare della necessità di condividere la gioia per l’ultimo acquisto di biancheria intima o i problemi legati alla comunicazione maschio-femmina cristallizzata sul trito e ritrito “io non li/le capisco”?

In base a questo presupposto, da sempre ho cercato di affiliarmi a congreghe più o meno segrete di femmine arrabbiate, arrapate, allegre e incazzose, per poter dire la mia e condividere l’universo femminile con qualche comare a me simile;

Ultimamente ho trovato la dimensione perfetta: il supremo con-sesso di cui mi fregio di far parte ha caratteri e dimensioni sovraregionali e mi vede a tenere alto l’onor emiliano-romagnolo presso un gruppo di affiliate di varia provienenza.

Siamo in 4, come i Fantastici e come le Piccole Donne; oltre a me, partecipano al Con-sesso 1 milanese, 1 torinese e 1 romanomilaneseparmigiana.

Le riunioni si tengono con cadenza mensile (?), laddove una di noi riesca a “cacciare” compagni, fidanzati o coinquiline per ALMENO 2 giorni e hanno tutta l’aria di un pigiama party alla Grease, con tanto di calzettoni a righe e smalto per le unghie da usare all’occorrenza, quando non siamo troppo impegnate a stabaccare come assatanate.

Recentemente il Con-sesso si è riunito nella mia dimora; Tino – gentilmente invitato dalla sottoscritta ad andare a dormire dalla madre – si è dimostrato molto comprensivo e ci ha pure fornito di riserve alimentari appropriate – fatte dalla suocera – che era così felice di averlo tutto per se per un intero week end, che mi ha voluto così dimostrare imperitura riconoscenza.

Le riunioni del Con-sesso sono assolutamente segrete (anche se stavamo pensando di redigere verbali a futura memoria), hanno forma assolutamente elitaria (per diventare socie bisogna superare prove difficilissime e dimostrare abilità su cui non mi soffermo per decenza e rispetto alla fascia pro-tetta ;-)) e prevedono la presenza sine qua non di alcune fondamentali componenti:

  1. Alcolici in quantità industriale;
  2. Scorta di sigarette di almeno 3 marche diverse;
  3. Listino della più vicina pizzeria da asporto.

Il Con-sesso di cui ora faccio parte mi piace proprio: gli argomenti spaziano dalla letteratura ( ci fregiamo tutte di essere lettrici accanite), alla filosofia, al sesso estremo fino ad arrivare ai sistemi migliori per smacchiare il divano.

Come i Fantastici 4 e i Barbapapà, ognuna di noi ha una sua personale caratteristica che apporta al gruppo un punto di vista diverso e necessario a indagare gli anfratti nascosti dell’animo maschile e a elargire consigli che se andassimo dallo psicologo spenderemmo di certo molto di più. 😉

Escono perle di pura filosofia da questi workshop mensili, frasi che si scolpiscono nella mente e quel tipo di relax da spettegolezzo che ti fa urlare: “Mai più senza”

Per esempio non sapevo che in un rapporto è necessario distinguere tra la fase “trombo” e la fase “parlo” perchè solo così potrà funzionare e soprattutto, che se si divide in moduli il rapporto, una puo’ anche decidere di avvalersi solo della frase T lasciando ad altre il piacere della fase P.

E cosa pensare dell’uomo che parla mentre lo fa??

Sembrano cose da poco, ma è importante sapere se alle donne – e a quante – piace il dialogo amoroso e se lo preferiscono nella modalità zozzona o ultrasdolcinata…

Dunque, questo genere di Con-sessi, che mi sento assolutamente di promuovere, fanno crescere e rendono consapevoli. Aiutano noi donne ad affrontare meglio le giornate e a complessizzare (questo è un frologismo) i maschietti con cui viviamo e le loro necessità primarie.

Ma, adesso non è per fare la snob, credo che il mio Con-sesso attuale sia proprio una bomba e che l’assortimento di nature umane presenti lo renda assolutamente inarrivabile.

Perché una come Adele, che riuscirebbe a conferire complessità e problematicismo anche al gatto ce ne è una sola. Perchè il cinismo condito di “stella, ciccia e amore” della nostra Broke (vi giuro, si chiama come una di Beatiful perché la sua vita è una vera soap opera, che a volte mi viene il dubbio che i figli li abbia avuti da un fratello a cui l’hanno separata da piccola ;-)) è davvero inarrivabile: ma alla fine c’ha quasi sempre ragione lei.

E vogliamo parlare di Elle? Elle è pragmatica e sembra un pò rude, alle volte, ma c’ha un cuore grande e spero proprio che un giorno di questi mi adotti nella sua superfamiglia piena di gente…

Insomma, come i Barbapapà (o erano i Fantastici 4 ?), ognuna di noi è dotata di superpoteri e tutte insieme si è più in grado di fare scudo alle cose brutte;

e dunque se a qualcuno sono fischiate le orecchie nel week end, probabilmente stavamo proprio sparlando di voi ;-))

E ATTENZIONE UOMINI!!! che se tanto tanto ci fate arrabbiare, potremmo rompere una fialetta puzzolente nel radiatore della vostra automobile! 😉

Spasimanti e Isole


Un anonimo scrive:

Io ho un unico suggerimento: mandalo a cagare sto dietologo e parti per un’isola dove non ci sono pizzerie, gelatai e chioschi con magnifiche tentazioni!Lì oltre a perdere peso, potrai praticare sport e tutte le altre cosucce a cui tieni tanto, senza alcuna frustrazione e solo coltivando l’io di cui vai tanto fiera!
Feel free darling, I love you

un tuo spasimante di vecchia data

ps: i dietologi sono quegli strani personaggi che indicandoti una via da seguire per tornare nei panni di un tempo, ti consigliano sempre dei percorsi che, una volta intrapresi, in una maniera o nell’altra, fanno molto peggio della ciccia, istigando nella sventurata che passa sotto le sue grinfie, sensi di colpa, manie di persecuzione, miraggi e soprattutto l’inizio di nuovi e maggiori vizi ben peggiori di quelli alimentari!

Caro anonimo spasimante,
leggo con piacere la tua mail e i tuoi interessanti consigli che, però mi portano a fare alcune considerazioni sulla natura del nostro rapporto:

  1. dal momento che mi consigli di prendere e rifugiarmi su di un’isola lontana, è possibile che io non te l’abbia mai data;
  2. dal momento che mi consigli di prender e rifugiarmi su di un’isola lontana, è possibile che io te l’abbia data ma tu non l’abbia voluta – e ti capisco – so che tendo a diventare un po’ ossessiva in certe situazioni; qualcuno mi ha persino regalato viaggi esotici, pur di liberarsi, anche per poco di me. (E se vuoi farlo anche tu, posso fornirti i dati per un bonifico! ;-))

Per quanto riguarda il dietologo e i miraggi a cui potrebbe indurmi ciò che vado a intraprendere: come saprai se tra noi c’è stato qualcosa (punto 1 e punto 2), non importa un dietologo per indurmi miraggi, sensi di colpa e attacchi di follia varia… quindi confido nella mia capacità di mantenermi folle come sono già senza tendere al peggioramento ma solo all’incremento del mio parco aneddoti, di cui, con questo blog cercherò di mettere a parte anche voi.

Feel free darling, I love you

chiunque tu sia…(così chi legge può pensare che io sia PIENA di spasimanti tanto da non aver capito chi è a scrivere questa lettera ;-))

Elogio della lentezza

Sono stanca di correre sempre da un posto all’altro – anche perché pare non serva a nulla rispetto al consumo calorico 😉 – sono stanca di dover costantemente consultare l’agenda per sapere dove dovrò essere un’ora dopo, che lavoro devo iniziare e con chi devo parlare e blablabla.

Sono stanca, ma la mia vita – e non solo la mia – è così: si arriva a 30 anni che se si vuole almeno tentare di fare quello che ci piace e per cui si è studiato tanto, bisogna imparare a correre.

E dal momento che io ho anche deciso di provare a fare la libera professione, e dunque devo sempre stanare il cliente dietro lo sguardo dell’uomo (;-), succede che a volte non possa smettere di correre per tutto il giorno – almeno mentalmente – da un posto all’altro, da un incarico all’altro e da un pensiero a quello successivo fino al momento di andare a dormire.

Mi ripeto che sono all’inizio e che devo tenere duro fino a quando tutto si assesterà e sarò più tranquilla, ma se mi guardo intorno vedo milioni di persone che corrono, qualsiasi età e incarico abbiano.

Ora non voglio fare la snob, sono consapevole dei vantaggi in termini professionali insiti nel correre, però a volte mi mancano i lunghi pomeriggi da studente al bar, o meglio ancora al parco a guardarmi intorno.

Mi manca lo sguardo curioso sul mondo, e non parlo dei macroeventi ma anche del brulicare quotidiano della vita che mi ha sempre creato un certo interesse.
Io adoro entrare in un bar, in centro, in un pomeriggio di autunno e prendere un caffè con un’amica per raccontarci la vita. Vado matta anche per le sessioni in libreria, da sola, sotto le 2 Torri da Feltrinelli, che quando esci sei in mezzo alla città e puoi decidere di farti una passeggiata nel vecchio ghetto, così bello e colorato e pieno di piccole botteghe ferme nel tempo.

Adoro anche andare per parchi con un libro e fermarmi a guardare i cani che corrono e i fiori che sbocciano.

E poi, il rituale dell’aperitivo, che ho imparato ad amare soprattutto quando abitavo a Milano: con poche lire bevi birra e mangi qualche schifezzina che ti mura lo stomaco fino al giorno dopo, così da farti credere di essere davvero furbo, perchè sei stato in grado di nutrirti con 2.50 € !!

Tutte cose che mi sforzo di fare ma senza il lusso del tempo da organizzare in diretta.

E invece, a volte è davvero meraviglioso prendersi il tempo per rallentare la propria vita, per alzare gli occhi e guardare il cielo, i palazzi del centro e le lucine del natale.

A volte bisogna prendersi la responsabilità di spegnere il cellulare e godersi un pomeriggio a panza all’aria, al sole, alla pioggia, in un bar o al parco.

Detto questo non vi sembrerà strano che, per indole, tenda a prendere appuntamenti giornalieri di lavoro che non mi facciano arrivare in ogni dove stramazzante e sempre sul pelo dell’orario stabilito; certo – starete pensando – è facile visto che sei all’inizio, ma se vuoi che le cose vadano sempre meglio, dovrai abituarti anche a questo. Vi rispondo che per il momento voglio provarci, a mantenere una soglia di attenzione alle cose, non costantemente irrigimentata dal tempo e dalle scadenze.

La settimana scorsa avevo un appuntamento di lavoro in centro: un lavoro grosso, per un’Istituzione importante. Dovevo vedermi con una persona e avevamo appuntamento nel suo ufficio, in un antico e signorile palazzo, di quelli con scale nobili, portieri in giacca e cravatta e affreschi dei Carracci al soffitto.

Il buon fato ha voluto che mi liberassi presto da un impegno precedente e così ho avuto un’ora intera tutta per me, per girovagare in libreria, mangiare una pizzetta nel bar del centro che preferisco per questo genere di attività e fare una passeggiata nella piazza che trovo più bella di Bologna.

Mancavano 20 minuti ed ero in giro per questa piazza, davanti alla sua chiesa e tra i palazzi medievali fregiati che la incorniciano; stavo bene.

Tenete presente che mi ero vestita “carina” per quanto si possa fare con la mia taglia e la mia assenza completa di gusto in fatto di abbigliamento; mi ero messa le scarpe buone e anche la gonna. Mi ero perfino truccata!!!

Mentre ero lì che passeggiavo sotto il portico, immersa nella beatitudine delle cose antiche – che a me danno un gran senso di pace – sono scivolata su qualcosa di ben più moderno e …fresco!!!!!

Si – avete già capito – proprio quello, e con tutti i sacri crismi ( o clismi che nel caso specifico si addice 😉 della situazione ideale: sono scivolata su una bovazza di cane, di quelle un po’ squacquere, appena cacata da non so quale razza di mastodonte.

E per fortuna ho avuto il tempismo di sbilanciare il mio corpicino in avanti, perché se no finiva anche il mio culone sul ricordino dell’odioso animalaccio!!! (anche se – a onor del vero – tutto il mio odio va al padrone dell’elefante colitico al quale ho augurato di farci il bagno dentro, uno di questi giorni).

Insomma, il tempo che si era fermato ha ricominciato a scorrere velocemente e dalle mie beatitudini, sono stata rispospinta sulla terra, puzzolentemente e con velocità.

Cosa fare? come pulirsi da cotanta squacquerella in un’affollata piazza di Bologna? come evitare l’insozzamento della finissima moquette rossa che fa tanto sembrare un hotel di lusso le scale del nobile palazzo in cui sarei dovuta andare a breve?
Come dare l’impressione di una professionista consapevole e in grado di fornire servizi di qualità mentre si ammorba l’aria con ciò che resta di crocchette Viscas digerite???

Ho trascorso i restanti 20 minuti a camminare quasi come una sciancata, senza sollevare la scarpa incriminata e lasciando dietro di me una scia marrone che tentavo di dissimulare con un fare convinto e noncurante. Mi sono prima nascosta nell’androne della chiesa – e i cattolici non me ne vogliano – e ho finito il pacchettino di salviettine intime che mi porto sempre dietro tentando di pulire la scarpaccia: a seguito della mia iniziativa, credo che la chiesa sappia ancora di mentolo e malva, neanche fosse la succursale della Infasil.

Successivamente, finite le salviette, non ancora nettata del tutto la scarpa, sempre con la nonchalance che mi distingue, mi sono diretta alla vicina piazza fontanofornita e nel qual luogo ho cercato di finire lo sporco lavoro, tra chi si era lì fermato in pausa pranzo per mangiarsi un panino in santa pace.
Per completare il quadro dissimulatorio, sono riuscita a pulirmi la scarpa sotto la fontana mentre facevo finta di leggere il giornale, dando così l’impressione di sapere esattamente cosa stessi facendo…la qual cosa, nel mio caso, non è quasi mai vera!.

A quel punto era giunta l’ora della professionista: non potete capire la paura di lasciare traccia del mio passaggio sulle scale e, successivamente, il terror panico di profumare l’enorme ufficio in cui mi sono trovata a presentare il mio lavoro!!!
Per non pensare a ciò che custodiva segretamente la mia suola mi sono così messa a parlare talmente concitatamente e con toni così appassionati, che alla fine ho ottenuto una buona prestazione ed è andata proprio bene, tanto che il cliente mi ha pure imposto il tu, contento di quanto fossi presa dal progetto.

Sono uscita chiedendomi se dopo di me lui abbia aperto la finestra…

Da questa storia ho imparato che è molto postmoderno elogiare la lentezza e tutti i suoi vantaggi in termini di qualità della vita e che è vero che non bisogna farsi fagocitare dallo stress, ma ATTENZIONE a guardare dove si mettono i piedi quando non si è stressati e di corsa…

La fisarmonica

A volte tento di concentrarmi sui perché io sia ingrassata così – sui come non ho molti dubbi – e ripercorro all’indietro la mia vita.

Quando ero giovane (diciamo più giovane di adesso ;-)) ero una sportiva: facevo sport agonistico (ma non vi dirò quale perché chi mi conosce non ci crederebbe a vedermi ora, rinchiusa in questo corpo da intellettuale sfigata). Insomma, quando facevo questo sport stavo molto attenta e cercavo di mantenermi abbastanza in forma. A onor del vero non sono mai stata l’acciughina, ma i muscoli proporzionati e lo stomaco piatto si confacevano al mio corpo massiccio ma armonico.

Poi, quando ho smesso di fare questo sport, e forse un giorno vi racconterò il perché – e visto che non è una storia tutta allegra non è detto – ho cominciato a inciccionirmi; diciamo che continuavo a mangiare come una che si allena tutte le sere, mentre l’unica cosa che facevo alla sera era uscire con gli amici. Ho cominciato a fumare: che prima era assolutamente vietato, ho cominciato a bere alcolici: che non sapevo nemmeno cosa fossero e a 19 anni ho fatto il battesimo del caffè, grazie alla mia amica Sammy – nota donna da bar – che tra una lezione e l’altra dell’Università mi portava a prendere il caffettino condito con chiacchera.

Mangia che ti rimangia, tra un bombolone alla crema e un piatto di maccheroni al ragù, a 18 anni mi sono trovata, per la prima volta, che non entravo più nei vestiti.

Allora alla mia vita urgevano cambiamenti: la scuola era finita, facevo l’università ma non ero mica tanto convinta della facoltà che avevo scelto e frequentavo un ragazzo con cui in comune avevamo solo la zona di residenza.
E così spinta al cambiamento, inconsapevole di tutte le cose che mi sarebbero successe tra l’estate del 1993 e il 1994, decisi di dimagrire.

Fu una faticaccia, ma dopo 2 mesi avevo perso 15 kg.

Chi è dimagrito lo sa, quando ti succede ti sembra che il mondo sia ai tuoi piedi e ripeti a te stesso che non ricadrai mai più nel gorgo del cibo e che, col senno del poi, non avresti mai mangiato con tanta leggerezza tutta quella cioccolata solo per l’ansia del primo esame e bla bla bla.

Dopo essere dimagrita la mia vita è cambiata: non credo che il dimagrimento sia stato la causa dei cambiamenti, ma di sicuro ha agevolato certe cose che dovevano succedere e che ho fatto succedere. Ho cambiato facoltà, ho lasciato il moroso più noioso che abbia mai avuto e mi sono trasferita a vivere in città.

Gli anni sono passati e piano, piano, non appena la fiducia nel mio corpo e nella mia vita ha ripreso quota, anche la mia panza ha ripreso a crescere; è facile dimenticarsi dei momenti di insoddisfazione passati e l’errore più clamoroso che si possa fare è sentirsi forti e onnipotenti di fronte ad un problema che si ritiene superato.

Nel 2000 finalmente ho deciso di nuovo di dimagrire: il ragazzo era un altro. Lui mi faceva impazzire e angosciare su problemi inesistenti e abitavo con la mia ex amica Laforgue (magari un giorno vi racconto anche la storia della crudele Laforgue ;-)) che cominciava a diventare più ex che amica…

In quell’occasione, la spinta a dimagrire di nuovo arrivò come un’illuminazione sulla via di Damasco, fu un messaggio notturno portatotomi sulle ali dei sogni.

Mi svegliai un mattino ed ero a dieta.

Dato che stavo terminando gli esami all’università, nella facoltà in cui poi mi sarei laureata, passavo molto tempo in casa a studiare. La soluzione più semplice per dimagrire fu semplicemente smettere di mangiare.

In 2 mesi persi: 18 Kg, l’amica Laforgue, una casa e il fidanzato angosciosoossessivobugiardo che mi ero trovata.

Iniziò un’estate me-ra-vi-glio-sa!!!!!!!!!!!

Tra acrobazie sessuali con buddisti e modenesi ( e non ricordo chi tra questi, per cultura, esercitasse i riti più strani ;-)) e vacanze all’insegna del “io devo vivere il momento, ho 27 anni che cazzi!!!!!!!!!” vissi veramente un bel periodo.

Andai ad abitare da sola – ma anche questa è un’altra storia in cui c’entrano i panni sporchi che non ho voglia di lavare – e intrapresi una delle imprese più esaltanti della mia giovane vita: la tesi di laurea.

Poi ho conosciuto Tino, il mio attuale compagno, ci siamo presto amati (presto si fa per dire, visto che per un motivo o per l’altro ci si conosceva già da 13 anni – ma, come avrete capito, anche questa è un’altra storia) e abbiamo cominciato a vivere prima insieme senza star nella stessa casa, poi insieme ma in città diverse e finalmente insieme sotto lo stesso tetto.

Tino, lo so, mi ama anche così, cicciona e simpatica, lunatica e chiaccherona. A Tino piace mangiare quasi più che a me. E allora, cosa c’è di meglio di un bombolone, una pizza di Pino, un colapranzo ed un gelato? Mettici tutti questi ingredienti ed il gioco è presto fatto: sono di nuovo al punto di partenza, neanche abitassi nel Monopoli e pescassi la carta degli “Imprevisti”.

Ora: perché???
Perché trovo così attraente vivere la vita come se fossi una fisarmonica alla maniera di Casadei?

Non ho risposte a questa domanda, ma di sicuro nella mia testolina bacata c’è qualcosa, una sorta di istinto alla messa alla prova continua, che mi sottopone alla necessaria constatazione che devo sempre avere qualcosa da cambiare, da modificare, da migliorare.

Di sicuro, la mia fisarmonica va di pari passo con la mia ansia di scandire il tempo e i ricordi, di sancire inizio e fine delle cose, di imporre cambiamenti negativi e positivi alla mia vita.

Ora, in questa fase, nel perchè io voglia dimagrire, di certo c’è di mezzo l’orologio biologico che fa tictactictac senza soluzione di continuità e la voglia di fare, finalmente, il lavoro che mi piace.

Di certo le componenti sono tante, ma non ho più voglia, se ce la farò, di ripescare, magari tra 2 anni, la carta degli “Imprevisti” .

Ma come si fa a rimanere magri? Qualcuno di voi conosce il segreto per non ingrassare? c’è una pillolina per rimanere coscienti davanti alla bilancia?

Ma come fate a rinunciare ad un piatto di tagliatelle?…e non venitemi a dire che non ci rinunciate, che voi avete un metabolismo veloce e che mangiate come maiali senza mettere su un etto perchè NON LO ACCETTO!!!!!!!!!!!

A tal proposito ringrazio calorosamente il buon Capitan Carlok e i suoi spaziali consigli e l’amica P.M. inurbata dalla Calabria che hanno preso a cuore questo blog e la fisarmonica che lo gestisce, dispensando considerazioni che…quasi quasi non sto a spendere i soldi per un dietologo vero 😉