Cultura digitale e senso dell’Altro: ricetta per una buona vita online

Ultimamente si fa un gran parlare di “regolamentazione del web” contro l’aggressività dilagante e l’incapacità diffusa di gestire una conversazione online (specialmente con politici o Opinion Leader) basata sul dialogo costruttivo e non sulla critica fine a se stessa che spesso sfocia nell’offesa. Concordo con Arianna Ciccone quando – su Valigia Blu – dice che quello di cui c’è più bisogno è la diffusione della cultura digitale.

Aggiungo che la cultura digitale deve essere accompagnata da una percezione dell’Altro che per tanti motivi va sempre più sfumando. C’entra di sicuro anche la Rete che viene spesso usata come un enorme megafono di tutto quello che ci passa per la testa e che molto meno viene percepita come un luogo di confronto.

L’autoreferenzialità in cui tutti siamo caduti almeno una volta è una medaglia a 2 facce: la creazione di contenuti online è ormai alla portata di tutti (e con tutti ovviamente intendo coloro che possono e hanno i mezzi per avere una connessione ad Internet) e ha di fatto abbattuto il muro tra chi produce e chi fruisce di una notizia, un testo, un video. Questo è il lato bello.

L’aspetto negativo di questa facilità di pubblicazione è che possiamo dire TUTTO ciò che ci passa per la testa, mettere nero su bianco frustrazioni, entusiasmi, punti di vista assoluti e non sempre teniamo conto di chi non la pensa come noi o – quando lo facciamo – è per alzare la voce un po’ di più.

Il fatto di avere uno schermo che ci separa dagli altri spesso non agevola la capacità critica e se siamo abituati a passare molto tempo online – magari nella solitudine della nostra stanza – il meccanismo a un certo punto si inceppa e l’opportunità di conoscenza che ci offre il web diventa minoritaria rispetto alla sua capacità di fare da cassa di risonanza ai nostri malumori.

La cultura digitale che deve essere intesa come capacità di cogliere il meglio di ciò che ci offre la Rete, acuendo il nostro spirito critico e la nostra curiosità e non il nostro egocentrismo.

Ma in che modo si avvia questo processo, specialmente nei giovani che tanto tempo passano online?

La rete non è (o non è più) un luogo altro dalla nostra vita “reale”: potenzia le nostre relazioni e le nostre fonti ma chi tesse reti sociali o impara cose nuove siamo sempre noi, non un concettuale Avatar che non ha nulla a che fare con il web.

Siamo noi che scriviamo, siamo noi che commentiamo, siamo noi che esprimiamo pareri sulle cose, siamo noi che possiamo scegliere di imparare dagli altri.

Siamo noi che dobbiamo prenderci la responsabilità di ciò che diciamo, di come lo diciamo e dell’effetto e conseguenze che avrà.

Proprio per questo motivo è fondamentale che questa benedetta cultura digitale si diffonda. Senza cultura digitale non ha senso parlare di digitalizzazione delle P.A. . Senza cultura digitale le generazioni più giovani si troveranno a possedere mezzi che non sanno utilizzare  se non come megafono, per l’appunto e i loro genitori e insegnanti continueranno a sentirsi inadeguati di fronte alle opportunità offerte dalla Rete, guardando solo a quello che spaventa.

Succederà lo stesso anche ai nostri politici o ai giornalisti che parlano di Web, si iscrivono ai social network ma non hanno sempre la chiara percezione che stanno usando un mezzo orizzontale e aperto.

Senza cultura digitale molte persone si vedranno sfumare lavoro. Non solo perché ciò che fanno inconsapevolmente online potrebbe tagliare le gambe alla propria reputazione pubblica, ma anche perché non sapranno cogliere strumenti efficaci, sostenibili e in grado di produrre innovazione professionale.

Sono fermamente convinta che la diffusione della cultura digitale sia il motore di innovazione personale di cui in molti abbiamo bisogno: penso alle donne – soggetto particolarmente debole sul Mercato del lavoro – per esempio.

Se tutte coloro che sono professionalmente in sofferenza si sedessero a tavolino e pensassero alla propria idea, quella che ognuno di noi coltiva e sembra spesso irrealizzabile e partissero con il provare a darle una forma online, si accorgerebbero quanto è tutto sommato semplice mettere in gioco la propria professionalità sul web se c’è una solida e consapevole cultura digitale.

Non servono restrizioni e non c’è bisogno di essere coercitivi con il web: dobbiamo cominciare a usarlo bene e a prenderci, ogni momento, la piena responsabilità di quello che ne facciamo e di come ci relazioniamo agli altri anche in questo luogo.

Ricordandoci che tessere reti sane è l’unico modo per vivere bene. Sia online che offline.

[Credit photo: http://bit.ly/11Cpl7m]

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3 commenti
  1. Lucia dice:

    Applausi!
    Grazie Francesca per questa lucida riflessione. Anche questo post fa “cultura digitale” e raddrizza le dinamiche relazionali, che valgono sempre. Online e offline.
    Magari sarà proprio la Rete – così democratica e piena di gente – ad aiutarci ad ascoltare di più, a migliorare le capacità di dialogo e a comunicare con il preciso obiettivo di andare verso l’altro. Per creare la comunità.
    Mi fermo qui. Ti seguo 🙂

    • Francesca Sanzo dice:

      grazie a te Lucia per questo commento e per i complimenti 😉 Hai colpito nel segno secondo me quando dici: “Magari sarà proprio la Rete – così democratica e piena di gente – ad aiutarci ad ascoltare di più, a migliorare le capacità di dialogo e a comunicare con il preciso obiettivo di andare verso l’altro. Per creare la comunità.” Personalmente quando vado nelle scuole è proprio quello che cerco di fare passare ai ragazzi e ai loro genitori. Perché come tutti i mezzi che rivoluzionano il nostro approccio al sapere, anche la Rete ha delle potenzialità che se usate bene sono davvero portentose, proprio in termini di dialogo. Pensandoci, ogni volta che leggiamo quello che scrivono altri e scegliamo le parole per esprimere il nostro punto di vista, stiamo facendo un esercizio retorico (ma non nel senso di puro esercizio di stile) che mette in gioco non solo la sostanza ma anche la forma con cui confrontarci con gli altri.

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  1. Anarchia del web: dall’anonimato all’identità? 4, si comincia a dare valore all’identità. | Qualche idea per l'Italia ha detto:

    […] act" il quale penalizza il gestore web che non consente di identificare un soggetto. Per Francesca Scanzo la cultura digitale deve essere accompagnata da una percezione dell’Altro che per tanti […]

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